Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28923 del 17/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 17/12/2020, (ud. 11/11/2020, dep. 17/12/2020), n.28923

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35311-2019 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CELIMONTANA

38, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PANARITI, rappresentato e

difeso dagli avvocati CARLO GRANELLI, MARIA TERESA CROCE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 1788/12/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 16/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA

ENZA LA TORRE.

 

Fatto

RITENUTO

che:

Il notaio M.A. ricorre per la cassazione della sentenza della CTR della Lombardia, indicata in epigrafe, che ha rigettato l’appello dallo sesso proposto contro la sentenza di primo grado che aveva rigettato il ricorso avverso avviso di liquidazione per iscrizione ipotecaria anno 2016, per il recupero dell’imposta proporzionale nella misura del 2% ai sensi del D.Lgs. n. 347 del 1990, ex art. 1, Tariffa all., relativamente all’atto di rinuncia da parte di B.M.T. e Be.Il. alle quote di comproprietà (di 4/6 e 1/6 di immobili siti nel Comune di Barbianello, PV, rogato il 4 agosto 2016, rep. 74634 racc. 39787), assoggettato a imposta ipotecaria in misura fissa.

La CTR, premesso che la rinuncia alle quote di comproprietà integrava una rinunzia abdicativa cui consegue l’espansione del diritto di proprietà a favore dei terzi comproprietari, ha ritenuto tale atto sottoposto all’imposta ipotecaria e catastale in misura proporzionale. Ha aggiunto che l’atto unilaterale di rinuncia deve essere valutato non in base ai suoi effetti estintivi e alla elasticità del dominio in relazione all’acquisto del diritto da parte di altri, ma con riferimento ai suoi effetti economici, producendo tale atto uno spostamento di ricchezza. Ha quindi ritenuto che la tassazione della rinunzia al diritto di proprietà trova regolamentazione nel D.P.R. n. 131 del 1986, art. 1, parte I, Tariffa all., che prevede l’assoggettamento all’imposta proporzionale degli atti traslativi o costitutivi di diritti reali di godimento. Tale conclusione, secondo la CTR, era conforme alla prassi amministrativa (circ. N. 28/2008 Ag. Entrate e risol. N. 25 del 16.2.2007).

L’Agenzia delle entrate è rimasta intimata.

Il ricorrente deposita successiva memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo del ricorso si deduce violazione del D.Lgs. n. 347 del 1990, art. 1, Tariffa all., e dello stesso decreto, art. 10, ex art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto, da una piana lettura delle norme sull’imposta di registro e sull’imposta delle donazioni, emerge che per l’imposta ipotecaria e catastale – a differenza che per le precedenti – il legislatore non ha equiparato la rinunzia ai diritti reali immobiliari agli atti traslativi della proprietà di beni immobili. Il ricorrente sottolinea la distinzione dall’imposta di registro e donazione (per le quali il legislatore ha equiparato la rinunzia agli atti traslativi della proprietà) dalle imposte ipotecarie e catastali che hanno diversità di oggetto, essendo correlate ai servizi resi per la trascrizione e la voltura catastale, rilevando che l’atto di rinuncia, producendo la perdita del diritto, ha funzione liberatoria e non traslativa, avendo la rinunzia nella fattispecie funzione liberatoria, dovendosi escludere che possa trattarsi di donazione indiretta.

2. Il motivo è infondato.

2.1. Va premesso che l’art. 1 della tariffa allegata al Testo unico delle imposte ipotecarie e catastali (D.Lgs. n. 347 del 1990, TUIC) recante “Indicazione della formalità. Trascrizioni diverse. Misura dell’imposta”, dispone che l’imposta ipocatastale si applica nella misura fissa per i trasferimenti soggetti all’imposta sul valore aggiunto, nonchè per quelli di cui alle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 1, comma 1, quarto e quinto periodo, della tariffa, parte prima, allegata al testo unico. Peraltro, l’art. 2, comma 1 del medesimo TUIC, stabilisce altresì che l’imposta proporzionale dovuta sulle trascrizioni è commisurata alla base imponibile determinata ai fini dell’imposta di registro o dell’imposta sulle successioni e donazioni.

2.2. Inoltre, il D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47 conv. in L. n. 286 del 2006 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria) dispone che: I istituita l’imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001, fatto salvo quanto previsto dai commi da 48 a 54), in connessione con il D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 1, comma 2 (Imposta sulle successioni e donazioni), prevedendo che la rinunzia a diritti reali costituisce presupposto per l’applicazione dell’imposta di donazione; secondo il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 1, Tariffa Parte 1, allegata sull’imposta di registro, l’aliquota proporzionale si applica infatti alla “rinuncia pura e semplice” a diritti reali immobiliari di godimento”. A ciò si aggiunga che l’imposta ipotecaria (art. 2 TUIC) e quella catastale (art. 10 TUIC), si riferiscono alla medesima attività economica sottoposta alle imposte di registro (e di successione) e colpiscono le medesime manifestazioni di capacità contributive, per cui non può porsi in dubbio il collegamento tra detti tributi.

2.3. Pertanto, sebbene nel D.Lgs. n. 347 del 1990 (TUIC) non figuri un espresso riferimento alla rinunzia, dalle disposizioni del testo unico sull’imposta di registro e da quelle del testo unico su imposte di successione e donazione sopra richiamate, come interpretate dalla giurisprudenza e dalla dottrina prevalente, le imposte in parola hanno una disciplina che, in forza di richiami testuali e di elementi sistematici, ripete da quella dell’imposta di registro le regole riguardanti l'”applicazione dell’imposta” e cioè, tutte quelle portate dal titolo III del T.U. Registro n. 131/1986 (nel limite della compatibilità con le apposite norme che disciplinano l’oggetto di quelle in questione). Ne consegue che le regole di applicazione dell’imposta proporzionale e dell’imposta fissa sono, in linea di principio, le stesse che valgono per l’imposta di registro (e delle successioni e donazioni).

2.4. Orbene, la questione posta con il ricorso va risolta applicando la disciplina fiscale relativa alla rinuncia al diritto reale, trovando soluzione nella giurisprudenza di questa Corte, posto che il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 1 della parte prima della tariffa allegata, espressamente richiamata dal TUIC, prevede che siano assoggettati ad imposta proporzionale di registro gli atti traslativi o costitutivi di diritti immobiliari di godimento, “compresa la rinuncia pura e semplice agli stessi” (Cass. n. 27480/2016; n. 24512/2005; confr., in motivazione, n. 10979/2007, n. 6398/2006; n. 7417/2003).

2.5. Ai fini fiscali, quindi, anche per le imposte ipocatastali, la rinuncia ai diritti reali si considera alla stregua di un trasferimento, in quanto generativa di un arricchimento nella sfera giuridica altrui, come tale soggetta, per le ragioni sopra indicate, a imposta ipocatastale nella misura ordinaria del 2% (art. 1 TUIC) e dell’1% (art. 10 TUIC).

2.6. Va sul punto rilevato che sul piano civilistico la rinunzia è un negozio abdicativo (fattispecie causale) stipulato in forma scritta da parte del titolare di un diritto reale e soggetto a trascrizione, ex art. 1350 c.c., n. 5, che comporta la perdita del diritto reale (effetto) quando ha per oggetto beni immobili, e produce, nel caso della rinunzia liberatoria, la liberazione dal debito ob reni.. E’ stata distinta dalla rinunzia puramente abdicativa la rinunzia traslativa, o impropria (v. art. 478 c.c.), e quella “liberatoria”, caratterizzata dall’intreccio di una posizione attiva (titolarità di un diritto reale), con una passiva (soggezione a un obbligo), legate da un nesso di reciproca interferenza (sono i casi di rinunzia di cui all’art. 1070 c.c.; al diritto sulla cosa comune da parte del partecipante al fine di liberarsi dal debito delle spese, art. 1104 c.c. o prestazioni, artt. 882 e 888 c.c. o perdite, art. 285 cod. navigazione, a suo carico). Secondo la ricostruzione della dottrina prevalente, tanto l’acquisto del diritto quanto la liberazione dal debito si ricollegano al negozio di rinunzia come effetti (diretti, art. 1070 c.c.; o riflessi, art. 1104 c.c.; art. 827 c.c.).

2.7. Sotto il profilo fiscale, diversamente da quello civilistico, quello che assume rilievo non è tanto la volontà dismissiva e quindi l’effetto estintivo del diritto da parte del rinunciante, quanto invece lo spostamento di ricchezza in capo a coloro che di fatto diventano i beneficiari della rinunzia: da cui la ratio delle norme sopra riportate, che giustifica l’assoggettamento della rinuncia ad imposta proporzionale di registro alla stregua degli atti traslativi o costitutivi di diritti immobiliari di godimento.

3. Sui rapporti fra disciplina civilistica e fiscale, la giurisprudenza di questa Corte ha delineato i differenti ambiti applicativi, al fine di pervenire ad una convincente interpretazione del complessivo quadro normativo. Si vedano su questa linea interpretativa Cass. n. 17264 del 2017, sulla portata della responsabilità ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 14, ritenuta più ampia rispetto a quanto previsto dall’art. 2560 c.c.; Cass. n. 10273 del 2007, in tema di imposta di registro, ove si afferma che “gli stessi concetti privatistici sull’autonomia negoziale regrediscono a semplici elementi della fattispecie tributaria”.

3.1. E’, stata così riconosciuta una maggiore autonomia alle norme tributarie rispetto alle norme civilistiche da Cass. n. 1405 del 2013 che, in materia di imposta di registro per cessione d’azienda, ha affermato che l’art. 20 TUR costituisce “indubbio indice rivelatore di criteri di qualificazione autonomi rispetto alle ordinarie ipotesi interpretative civilistiche, attesa la preminenza del principio generale antiabuso (SU 30005/08; Euro 12042/09) e della regolamentazione reale degli interessi (Euro 9162/10, 11769/08) oggettivizzata.. nell’indagine sulle possibili conseguenze giuridiche di atti e negozi”; Cass. n. 23584 del 2012, sull’interpretazione del contratto, secondo la quale, ai fini fiscali, l’interpretazione del contratto “deve avvenire con criteri diversi da quelli utilizzabili ai fini civilistici, e deve attribuire rilievo preminente agli effetti del negozio ed alla necessità di prevenire frodi e abusi”; Sei 6 – 5, n. 2545 del01/02/2018, secondo cui la notifica della cartella di pagamento a uno del condebitori impedisce che si produca la decadenza di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25 nei confronti degli altri, in quanto, in materia tributaria, a differenza di quella civile, trova applicazione l’art. 1310 c.c., comma 1, sebbene dettato in tema di prescrizione, in ragione della specialità della relativa disciplina procedimentale, trattandosi di attività di diritto pubblico regolata da norme proprie; cfr., ancora, Cass. n. 10018 del 29/04/2009, sul carattere di specialità delle norme sul calcolo degli interessi da ritardato rimborso “che esclude l’applicabilità dell’art. 1224 c.c., comma 2”. Anche la giurisprudenza costituzionale (da ultimo Corte Cost. n. 142/2020), ha ribadito come non sia configurabile una piena equiparazione fra le obbligazioni pecuniarie di diritto comune e quelle tributarie, per la particolarità dei fini e dei presupposti di queste ultime (sentenza n. 291 del 1997), che si giustificano con la “garanzia del regolare svolgimento della vita finanziaria dello Stato” (sentenza n. 281 del 2011), cui è volto il credito tributario.

In definitiva, l’interesse fiscale perseguito dalle obbligazioni tributarie giustifica lo scostamento dalla disciplina ordinaria.

3.2. Pertanto, tanto per la giurisprudenza, costituzionale e di legittimità, che per l’impostazione tradizionale della dottrina, le norme del diritto tributario disciplinano l’obbligazione tributaria quali norme speciali rispetto alle norme del codice civile, applicabili nel diritto tributario (previa verifica della coerenza con i principi del diritto tributario), ma solo per quegli aspetti dell’obbligazione d’imposta privi di disciplina specifica.

Non è così per la rinuncia, indice di una chiara autonomia del legislatore tributario, cui è sottesa una “scelta”, laddove la stessa è stata considerata alla stregua di un trasferimento.

3.4. Deve quindi ritenersi che il termine “trasferimento”, di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 1, della tariffa allegata, secondo consolidata giurisprudenza (Cass. n. 27480 del 2016; v. anche Cass. n. 24512/2005; confr., in motivazione, n. 6398/2006; n. 10979/2007; n. 7417/2003), sia stato adoperato dal legislatore per indicare tutti quegli atti che prevedono il passaggio da un soggetto ad un altro della proprietà di beni immobili o della titolarità di diritti reali immobiliari di godimento, “compresa la rinuncia pura e semplice agli stessi”, per cui anche la rinuncia rientra a pieno titolo tra questi ultimi atti.

3.5. Tale interpretazione, come già ricordato dalla CTR, è peraltro conforme alla prassi amministrativa (v. circolare Ag. Entrate 28/2008), secondo cui “tra gli atti a titolo gratuito sono ricompresi tutti i trasferimenti di beni e diritti privi dell’animus donandi, … come gli atti costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, compresa la rinuncia pura e semplice agli stessi, qualora la causa dei tali atti non sia costituita da una controprestazione economicamente rilevante”. Analogamente, con la risoluzione n. 25 del 16 febbraio 2007 l’Agenzia delle entrate aveva già precisato che l’atto di rinuncia a titolo gratuito del diritto di usufrutto in favore del nudo proprietario, configurando una forma di donazione indiretta, è soggetto all’imposta prevista dal D.Lgs. n. 346 del 1990, come reintrodotto dalla L. n. 286 del 2006, di conversione del Dl n. 262, nonchè alle imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale (cfr. Cass. n. 2252 del 28/01/2019).

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 11 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2020

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