Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28919 del 12/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 12/11/2018, (ud. 14/06/2018, dep. 12/11/2018), n.28919

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3051-2016 proposto da:

TELECOM ITALIA S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L.G.

FARAVELLI 22, presso lo studio degli avvocati ENZO MORRICO, ARTURO

MARESCA, ROBERTO ROMEI, FRANCO RAIMONDO BOCCIA, che la rappresentano

e difendono giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

P.A., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO

EMANUELE II 209, presso lo studio dell’avvocato LUCA SILVESTRI,

rappresentata e difesa dall’avvocato ERNESTO MARIA CIRILLO, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

e contro

TELEPOST S.P.A., EMSA SERVIZI S.P.A. IN LIQUIDAZIONE;

– intimate –

E SUL RICORSO SUCCESSIVO SENZA NUMERO DI R.G. proposto da:

EMSA SERVIZI S.P.A. IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L.G.

FARAVELLI 22, presso lo studio degli avvocati ARTURO MARESCA,

ROBERTO ROMEI, FRANCO RAIMONDO BOCCIA, che la rappresentano e

difendono giusta delega in atti;

– ricorrente successivo –

contro

P.A., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO

EMANUELE II 209, presso lo studio dell’avvocato LUCA SILVESTRI,

rappresentata e difesa dall’avvocato ERNESTO MARIA CIRILLO, giusta

delega in atti;

– controricorrente al ricorso successivo –

nonchè

TELEPOST S.P.A., TELECOM ITALIA S.P.A.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 2451/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 27/07/2015 R.G.N. 730/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/06/2018 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’inammissibilità o in

subordine rigetto;

udito l’Avvocato ROBERTO ROMEI;

udito l’Avvocato RICCARDO BOLOGNINI per delega Avvocato ERNESTO MARIA

CIRILLO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza 27 luglio 2015, la Corte d’appello di Napoli rigettava gli appelli proposti da Telecom Italia s.p.a., Emsa Servizi s.p.a. e Telepost s.p.a. avverso la sentenza di primo grado, che aveva dichiarato l’inefficacia nei confronti di P.A., già dipendente della prima, delle cessioni del ramo di azienda, cui addetta, “Facility Management” (da Telecom Italia s.p.a. a Emsa Servizi s.p.a.), con passaggio alla seconda dal 1 dicembre 2003 e quindi (del ramo “Centro Servizi Document Management”) da Emsa Servizi s.p.a. a Telepost s.p.a., con passaggio a quest’ultima dal 1 marzo 2004 e ordinato il ripristino del rapporto di lavoro tra la lavoratrice e Telecom Italia s.p.a.

Preliminarmente disattesa l’eccezione di difetto di un concreto interesse della lavoratrice alla domanda proposta, in assenza di pregiudizio dalla cessione del rapporto per la rilevanza (sotto plurimi profili di affidabilità, stabilità, possibilità di carriera) della controparte datoriale, la Corte territoriale riteneva illegittimo il suddetto trasferimento del rami d’azienda, in difetto del requisito di preesistenza, a norma dell’art. 2112 c.c. anche nel testo modificato dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 32 applicabile ratione temporis, di un’articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata: in assenza di adempimento, nell’onere della parte cedente, di tempestiva allegazione e prova (non surrogabile dall’esercizio dei poteri officiosi giudiziali, infondatamente invocato) dei beni aziendali e attrezzature direttamente strumentali all’esercizio delle attività svolte: pure tra loro eterogenee. Ed essa escludeva infine una particolare specializzazione, in virtù dell’acquisizione di nozioni o esperienze specifiche, del personale addetto, non richiesta dalla natura dell’attività (in particolare di gestione della corrispondenza) svolta.

Con distinti atti notificati in pari data 26 gennaio 2016, Telecom Italia s.p.a. ed Emsa Servizi s.p.a. ricorrevano per cassazione con tre motivi, cui resisteva la lavoratrice con distinti controricorsi; non svolgeva invece difese l’intimata Telepost s.p.a.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, ognuna delle due ricorrenti deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 421 c.p.c., per il mancato esercizio, da parte del giudice di primo grado, dei poteri officiosi, non discrezionalmente esercitabili in presenza di significativi elementi per la pertinenza di allegazioni e di documentazione prodotta, nell’irrilevanza dell’omessa insistenza finale nella richiesta di ammissione delle prove orali dedotte (integralmente trascritte), in quanto formulata nelle note illustrative del 25 settembre 2008, ai fini dell’esercizio dei medesimi poteri dal giudice d’appello, a norma dell’art. 437 c.p.c.

2. Con il secondo, esse deducono violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 c.c., per un’erronea interpretazione della nozione di “preesistenza”, nell’irrilevanza della costituzione del ramo d’azienda ad hoc, non necessariamente indipendente da ogni prospettiva di cessione, pertanto additiva dell’art. 2112 c.c.; pure con la confusione dei due distinti piani dell’autonomia funzionale (consistente nella mera idoneità del ramo alla produzione di un servizio o di un bene) e dell’eterogeneità delle funzioni svolte in esso, senza necessità di specializzazione professionale dei lavoratori addetti nell’ipotesi di esiguità dei beni materiali.

3. Con il terzo, esse deducono violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 c.c., per l’individuazione del(l’eventuale) requisito di preesistenza nella continuità del complesso trasferito delle funzioni cui era deputato, senza confondere i due distinti piani dell’autonomia funzionale (consistente nella mera idoneità del ramo alla produzione di un servizio o di un bene) e dell’eterogeneità delle funzioni svolte in esso, essendo questa sostanzialmente irrilevante, così come l’esiguità dei beni componenti il ramo.

4. Il primo motivo, relativo al mancato esercizio dai giudici di merito dei poteri officiosi, è infondato.

4.1. Le ricorrenti non hanno, infatti, adeguatamente censurato l’argomentata giustificazione (al primo periodo di pg. 8 della sentenza) della Corte territoriale del mancato esercizio dei poteri officiosi da parte del giudice di primo grado, sempre tenuto a darne conto, ancorchè esso sia discrezionale (Cass. 26 giugno 2006, n. 14731; Cass. 23 ottobre 2014, n. 22534; Cass. 25 ottobre 2017, n. 25374), per la genericità di allegazione (degli elementi necessari alla configurazione al ramo d’azienda) “correttamente rilevata” dal giudice di prime cure (così al primo capoverso di pg. 8 della sentenza).

E tale giustificazione vale pure per l’omesso esercizio dei medesimi poteri dalla Corte d’appello, oggetto dell’inequivoca deduzione esservi “in atti tutti gli elementi… a fronte dei quali il Giudice del secondo grado avrebbe dovuto fare uso dei poteri ad esso concessi dal codice di procedura” (così al quart’ultimo capoverso di pg. 9 del ricorso Telecom ed al primo di pg. 10 del ricorso Emsa): non rilevando al riguardo il principio per il quale non si possa attribuire significato di rinuncia o di acquiescenza alla mancata reiterazione dell’istanza di ammissione delle prove, tempestivamente dedotte dalla parte, nelle conclusioni di primo grado (Cass. 27 febbraio 2014, n. 4717; Cass. 20 ottobre 2016, n. 21230; Cass. 27 ottobre 2017, n 25652).

5. Il secondo e il terzo motivo, entrambi relativi a violazione dell’art. 2112 c.c. sotto i profili di inesistenza del requisito di preesistenza nel trasferimento del ramo d’azienda e della sua corretta individuazione, sono congiuntamente esaminabili per la loro stretta connessione.

5.1. Essi sono infondati.

5.2. La Corte territoriale ha correttamente applicato i consolidati principi di diritto in materia di trasferimento di ramo d’azienda, a norma dell’art. 2112 c.c., anche nel testo modificato dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 32 applicabile ratione temporis, secondo cui ne costituisce elemento costitutivo l’autonomia funzionale, ovvero la sua capacità, già al momento dello scorporo dal complesso cedente, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi funzionali ed organizzativi: e quindi di svolgere, senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario, il servizio o la funzione finalizzati nell’ambito dell’impresa cedente. E ciò, anche secondo la sentenza della Corte di Giustizia del 6 marzo 2014, in C458/12 (richiamata in particolare da: Cass. 28 settembre 2015, n. 19141 per avere, a fini di applicazione della direttiva 2001/23/CE del 12 marzo 2001, ribadito la necessità di una sufficiente autonomia funzionale, anteriormente al trasferimento, della quota d’impresa ceduta; ferma restando la possibilità, in forza dell’art. 1, par. 1, lett. a, b della citata direttiva, per la normativa nazionale di estensione dell’obbligo di mantenimento dei diritti dei lavoratori trasferiti pure nell’ipotesi di non preesistenza del ramo d’azienda), presuppone una preesistente entità produttiva funzionalmente autonoma (Cass. 15 aprile 2014, n. 8757; Cass. 27 maggio 2016, n. 11069; Cass. 31 maggio 2016, n. 11247; Cass. 31 luglio 2017, n. 19034; Cass. 29 novembre 2017, n. 28508).

5.3. Ed è peraltro noto come un ramo d’azienda ben possa essere individuato, quando non occorrano particolari mezzi patrimoniali per l’esercizio dell’attività economica, anche da un complesso stabile organizzato di persone, addirittura in via esclusiva allorquando siano dotate di particolari competenze e stabilmente coordinate ed organizzate tra loro, così da rendere le loro attività interagenti e idonee a tradursi in beni e servizi ben individuabili (Cass. 6 aprile 2016, n. 6693, con richiamo di precedenti di legittimità e della Corte di Giustizia UE in motivazione). Occorre poi ribadire che l’eterogeneità dei servizi svolti dal ramo, rivendicata come non ostativa alla possibilità per una struttura di svolgere una funzione imprenditoriale, sia da ricondurre ai consolidati principi suenunciati di corretta individuazione del ramo d’azienda trasferibile (richiamati, proprio in riferimento puntuale al caso in esame, tra le altre da: Cass. 28 aprile 2014, n. 9361; Cass. 15 dicembre 2015, n. 25229).

5.4. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha accertato in fatto la carenza di prova dell’esistenza di un ramo d’azienda, in esito a puntuale scrutinio degli elementi allegati e acquisiti dalle risultanze istruttorie. E ciò ha congruamente argomentato con piena adeguatezza sotto il profilo logico – giuridico (per le ragioni esposte dall’ultimo capoverso di pg. 7 al primo periodo di pg. 13 della sentenza), sicchè è insindacabile nel giudizio di legittimità, preclusivo di una revisione del giudizio di merito e di una nuova pronuncia sul fatto, siccome estranee alla sua natura e finalità (Cass. 26 marzo 2010, n. 7394); tanto meno in una prospettiva di ricostruzione dei fatti operata dalla parte in contrapposizione a quella dal giudice di merito, incensurabile dal giudice di legittimità, al quale solo pertiene la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni del giudice di merito, non equivalendo il sindacato di logicità del giudizio di fatto a revisione del ragionamento decisorio (Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass. 18 marzo 2011, n. 6288; Cass. 19 marzo 2009, n. 6694; Cass. 5 ottobre 2006, n. 21412).

5.5. Un tale sindacato è tanto più precluso dal novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis, in difetto di deduzione di omesso esame di un fatto, invero scrutinato, ma della sua valutazione, non censurabile (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 10 febbraio 2015, n. 2498; Cass. 21 ottobre 2015, n. 21439).

6. Dalle superiori argomentazioni discende coerente il rigetto dei ricorsi, con la regolazione delle spese secondo il regime di soccombenza, con distrazione, secondo la sua richiesta, al difensore antistatario. Nulla deve invece essere liquidato a carico dell’intimata Telepost s.p.a.

P.Q.M.

LA CORTE

rigetta i ricorsi e condanna ciascuna delle due società alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida a carico di ciascuna in Euro 200,00 per esborsi e Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali 15% e accessori di legge, con distrazione al difensore antistatario.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per ogni ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2018

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