Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28915 del 12/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 12/11/2018, (ud. 24/05/2018, dep. 12/11/2018), n.28915

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – rel. Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2526-2017 proposto da:

G.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIUSEPPE

MAZZINI 145, presso lo studio dell’avvocato FABIO SANTORO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANGELO CELLAMARE, giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

LUNGOTEVERE ARNALDO DA BRESCIA 11, presso lo studio dell’avvocato

MICHEL MARTONE, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5492/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 18/11/2016 R.G.N. 2936/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/05/2018 dal Consigliere Dott. LAURA CURCIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

udito l’Avvocato ISABELLA PARISI per delega verbale ANGELO CELLAMARE;

udito l’Avvocato GIANLUCA LUICCHETTI per delega Avvocato MICHEL

MARTONE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 2936/2016 la corte d’Appello di Roma, in riforma della sentenza del tribunale di Roma n. 6072/2016, ha respinto la domanda di G.M. diretta a far accertare l’illegittimità del licenziamento intimatogli dalla datrice di lavoro Poste Italiane spa in data 4.5.2015, a seguito di contestazione disciplinare in cui la società gli aveva addebitato di utilizzare il proprio motomezzo per uso personale, pur avendo l’esonero all’utilizzo del motomezzo aziendale per svolgere mansioni di portalettere e che detta circostanza si riverberava sul rapporto di lavoro, essendo egli tenuto a comportamenti che, in considerazione delle sue condizioni di salute, non pregiudicassero l’adempimento della prestazione lavorativa.

Diversamente da quanto deciso in primo grado, la corte di merito ha ritenuto che la condotta tenuta dal G. il quale, dovendo recarsi ad effettuare una visita medica collegiale per verificare l’idoneità al servizio, aveva utilizzato il proprio motociclo, non poteva ricondursi ad un’infrazione disciplinare ricollegabile a quelle sanzionate con provvedimento conservativo ai sensi dell’art. 54 del CCNL, non essendo la condotta sussumibile in alcuna delle relative previsioni contrattuali, rivestendo invece i caratteri della giusta causa, che non deve necessariamente rinvenirsi solo nel gravissimo inadempimento, ma anche in condotte extralavorative che ledono comunque il vincolo fiduciario. Rivestiva pertanto carattere di giusta causa il contegno extralavorativo del G., che aveva utilizzato il motociclo nonostante le precarie condizioni di salute per il disbrigo delle mansioni di assunzione.

Secondo la corte era irrilevante poi la mera occasionalità ed eccezionalità della condotta addebitata, potendo il disvalore del contegno ascritto al lavoratore dimostrarsi anche con riguardo ad un unico episodio, ove connotato da molteplici e gravi violazioni di principi di correttezza e di buona fede nei confronti della datrice di lavoro, la quale si era fatta carico di sollevare il G. addirittura da ogni attività di recapito, in ragione della sue precarie condizioni di salute.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il G. affidato a quattro motivi, cui ha resistito Poste spa con controricorso. Sono state depositate memorie ex art. 378 c.p.c.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 54, comma 5, lett. c) e dell’art. 80 del CCNL di Poste spa, nonchè dell’art. 2119 c.c. e L. n. 300, art. 18, comma 4 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte errato nel ricondurre la fattispecie esaminata ad una ipotesi di giusta causa ai sensi dell’art. 2119 c.c., atteso che il licenziamento era stato irrogato per giustificato motivo soggettivo, tale essendo stata la decisione della datrice di lavoro che aveva infatti esonerato G. dalla prestazione lavorativa nel periodo di preavviso, corrispondendo la relativa indennità sostitutiva, come emergeva dalla lettera di licenziamento ed essendo quindi tardiva ed inammissibile la ” riqualificazione” operata da Poste Italiane spa in corso di causa del licenziamento come irrogato per giusta causa.

Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 54, comma 2, lett., oltre che del comma 3, lett. E ed F del CCNL in relazione all’art. 18 c.p.c., comma 4 per non aver considerato che la stessa società aveva intimato il licenziamento con preavviso, cristallizzando con il provvedimento adottato la qualificazione della condotta posta in essere dal dipendente alla stregua di un’inosservanza di un dovere o un obbligo di servizio. Avrebbe quindi errato la corte romana nel compiere una valutazione che si sarebbe posta oltre i limiti della qualificazione disciplinare operata da Poste spa, la quale aveva intimato un licenziamento con preavviso per “irregolarità, trascuratezza o negligenza, ovvero per inosservanza di regolamenti o degli obblighi di servizio”, condotte contemplate dall’art. 54, comma 5, lett. c del CCNL.

Con il terzo motivo di ricorso si denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sulle domande, regolarmente riproposte nel ricorso di appello, relative sia alla nullità del licenziamento per tardività della contestazione di disciplinare, inviata dopo 77 giorni dalla conoscenza del fatto oggetto della contestazione, ossia dell’uso del motociclo e dell’incidente occorso al G., sia all’inefficacia di tale provvedimento espulsivo per mancata indicazione dei motivi specifici che lo hanno determinato e, quindi, per violazione della L. n. 602 del 1966, art. 2, comma 2.

Con il quarto motivo di ricorso si deduce il vizio di motivazione per la mancanza assoluta di motivi in relazione alla censura di intempestività e di violazione della procedura disciplinare, in quanto, ove il riferimento operato dalla sentenza impugnata alla non contestazione dei fatti – incidente avvenuto il (OMISSIS) e relativa contestazione disciplinare del 1 aprile 2015 – dovesse ritenersi quale implicita pronuncia di rigetto della censura di tardività della contestazione, vi sarebbe stata una totale omessa motivazione o una motivazione del tutto apparente, riconducibile alla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Deve premettersi che, diversamente da quanto prospettato sia pure in via subordinata dal ricorrente con il quarto motivo di ricorso, la precisazione contenuta nella sentenza impugnata – relativa alle date dell’infortunio occorso al dipendente e della successiva comunicazione della contestazione inviatagli – fa chiaramente parte soltanto della preliminare esposizione dei fatti che la corte di merito ha operato a supporto delle argomentazioni di seguito svolte, escludendosi quindi che in tale premessa possa rinvenirsi un implicito rigetto del motivo di appello sulla non tempestività della contestazione disciplinare.

Ciò premesso, il terzo motivo è fondato e merita pertanto accoglimento. Ed infatti la corte distrettuale non ha analizzato la questione formulata dal ricorrente sin dal primo grado, non esaminata dal tribunale in quanto assorbita dalla decisione di accoglimento della domanda per diverso motivo, ma regolarmente riproposta in appello dal G. ai sensi dell’art. 346 c.p.c., questione relativa alla violazione da parte della datrice di lavoro dei principi di tempestività ed immediatezza della contestazione disciplinare, adottata dopo 77 giorni dalla conoscenza dell’inadempimento poi addebitato al G. con comunicazione del 1.4.2015.

La Corte distrettuale effettivamente ha omesso di pronunciarsi su tale profilo di tardività della contestazione, oggetto della domanda di nullità del licenziamento, formulata dall’appellato.

In tal caso infatti ricorre l’ipotesi di un omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c. che si verifica ogni qual volta l’omesso esame concerne direttamente una domanda od un’eccezione introdotta in causa e, quindi, nel caso del motivo d’appello, uno dei fatti costitutivi della “domanda” di appello. Come precisato infatti da questa corte (cfr Cass. n. 6835/2017) l’omessa pronuncia su un motivo di appello integra la violazione dell’art. 112 c.p.c. e non già l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, in quanto il motivo di gravame non costituisce un fatto principale o secondario, bensì la specifica domanda sottesa alla proposizione dell’ appello.

Nel caso in esame la domanda era stata svolta in primo grado dal G. e ritualmente riproposta dall’appellato ai sensi dell’art. 346 c.p.c., ancorchè in via subordinata, ma non esaminata dalla sentenza impugnata. Ed infatti in tal caso la parte pienamente vittoriosa nel merito in primo grado non ha l’onere di proporre appello incidentale per richiedere l’esame di eccezioni sollevate ma non accolte o ritenute assorbite dalla sentenza di primo grado, essendo soltanto tenuto a riproporle espressamente nel giudizio di appello (cfr Cass. n.1341/2014, Cass. n.7457/2015).

Il motivo va pertanto accolto, restando assorbiti gli altri, con rinvio alla corte d’appello di Roma in diversa composizione, che dovrà esaminare in primo luogo la domanda di nullità del licenziamento per violazione dei principi di immediatezza della contestazione disciplinare, verificandone quindi in fatto la fondatezza o meno.

Al giudice di rinvio va demandato altresì il compito di provvedere alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il terzo motivo, assorbiti gli altri, cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla corte d’Appello di Roma in diversa composizione cui demanda di provvedere anche sule spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2018

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