Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28912 del 17/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 17/12/2020, (ud. 17/11/2020, dep. 17/12/2020), n.28912

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9409-2020 proposto da:

E.C., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato LABBRO FRANCIA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

contro

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RIC0N05CIMENT0 DELLA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE DI LECCE;

-intimata –

avverso il decreto n. R.G. 5413/2018 del TRIBUNALE di LECCE,

depositato il 19/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA

IOFRIDA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

II Tribunale di Lecce, con decreto depositato il 13/02/2020, ha respinto la richiesta di E.C., cittadino della Nigeria, a seguito di diniego della competente Commissione territoriale, di riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria o umanitaria.

In particolare, il Tribunale, all’esito di udienza di comparizione delle parti, ha ritenuto il racconto del richiedente (essere fuggito dal Paese d’origine, per timore di subire la vendetta dei famigliari della sua ex fidanzata, deceduta a seguito di un intervento chirurgico, i quali lo ritenevano responsabile della sua morte, essendosi egli, di fede cristiana, rifiutato di prestare giuramento dinanzi ad un idolo, cui gli stessi credevano) non era credibile e non integrava i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato; quanto alla protezione sussidiaria, non ricorrendo le ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 4, lett. a) e b), la regione di provenienza del richiedente (l’Edo State, nella parte meridionale della Nigeria), anche alla luce dei Report consultati (Amnesty International, 2017-2018; report di HRW del 2019; sito “Viaggiare Sicuri”), non era interessata da violenza indiscriminata; neppure ricorrevano i presupposti per la protezione umanitaria, in difettò di situazioni di effettiva deprivazione dei diritti umani che abbia giustificato l’allontanamento dal Paese d’origine, non essendo sufficiente il percorso di integrazione avviato in Italia (peraltro non adeguatamente documentato), nè risultando che la zona di provenienza del richiedente fosse stata di recente colpita dall’epidemia della febbre di- Lassa ed essendosi il sistema sanitario nigeriano comunque organizzato per contrastare o limitare i contagi.

Avverso la suddetta pronuncia, comunicata il 20/2/2020, E.C. propone, ricorso per cassazione, notificato il 17/3/2020, affidato ad un motivo, nei confronti del Ministero dell’Interno (che si costituisce a solo fine di partecipare all’udienza pubblica di discussione)).

E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti. Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente lamenta con unico motivo, la nullità del decreto, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, per violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, commi 2 e 3, e art. 35 bis, per avere il Tribunale valutato la domanda del richiedente senza esame autonomo della posizione individuale e facendo riferimento ad informazioni tratte da fonti non aggiornate.

2. La censura è infondata.

La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che “il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nel prevedere che “ciascuna domanda è esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati” deve essere interpretato nel senso che l’obbligo di acquisizione di tali informazioni da parte delle Commissioni territoriali e del giudice deve essere osservato in diretto riferimento ai fatti esposti ed ai motivi svolti in seno alla richiesta di protezione internazionale” (Cass. ord. n. 30105 del 2018).

Ai fine di ritenere adempiuto il dovere, di cooperazione istruttoria, il giudice è tenuto quindi ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (Cass. ord. n. 11312 del 2019), in quanto, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la vantazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione, sicchè il giudice del merito non può limitarsi a vantazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di motivazione apparente (Cass. 13897/2019).

Nella specie, nella decisione impugnata, sì è fatto riferimento a più fonti specifiche per descrivere da dove si è tratto il giudizio sull’assenza di conflitti interni o violenza indiscriminata nel Paese d’origine; nè, in ricorso, il ricorrente ha allegato di avere prodotto in giudizio specifici report di organismi internazionali non presi in esame dal Tribunale (se non con riferimento alla ritenuta emergenza sanitaria per la febbre di Lassa, esclusa argomentatamente dal giudice di merito). 3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto ii ricorso. Non v’è luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2020

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