Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28910 del 17/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 17/12/2020, (ud. 17/11/2020, dep. 17/12/2020), n.28910

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9405-2020 proposto da:

I.K., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato RITA LABBRO FRANCIA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

contro

COMMISSIONE TERRITORIALE per il RICONOSCIMENTO della PROTEZIONE

INTERNAZIONALE, di (OMISSIS);

– intimata –

avverso il decreto n. R.G. 973/2019 del TRIBUNALE di LECCE,

depositato il 13/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA

IOFRIDA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Lecce, con decreto n. cronol. 664/2020, depositato il 13/02/2020, ha respinto la richiesta di I.K., cittadino della Nigeria, a seguito di diniego della competente Commissione territoriale, di riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria o umanitaria.

In particolare, il Tribunale, all’esito di udienza – di comparizione delle parti (senza necessità di nuova audizione, in difetto di allegazione di nuovi elementi o di nuovi temi di indagine introdotti nel giudizio), ha ritenuto il racconto del richiedente (essere fuggito dal Paese d’origine, per timore, essendo di religione cristiana, di attacchi dei terroristi di (OMISSIS), i quali avevano distrutto ii villaggio dove viveva la di lui madre, nel 2015) risultava poco attendibile, a causa di lacune e diverse contraddizioni e comunque non ricorrevano i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato; quanto alla protezione sussidiaria, la regione di provenienza del richiedente(l'(OMISSIS), nella parte meridionale della Nigeria), anche alla luce dei Report consultati (Amnesty International, 2017 – 2018; sito “Viaggiare sicuri” del Ministero degli esteri), non era interessata da violenza indiscriminata; neppure ricorrevano i presupposti per la protezione umanitaria, in difetto di situazioni di effettiva deprivazione dei diritti umani che abbia giustificato l’allontanamento dal Paese d’origine, non essendo sufficiente il percorso di integrazione avviato in Italia (peraltro non adeguatamente documentato), nè risultando che la zona di provenienza del richiedente fosse stata di recente colpita dall’epidemia della febbre di Lassa ed essendosi il sistema sanitario nigeriano comunque organizzato per contrastare, o limitare i contagi.

Avverso la suddetta pronuncia, comunicata il 18/2/2020, I.K. propone ricorso per Cassazione, notificato il 17/3/2020, affidato a due motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno (che si costituisce a solo fine di partecipare all’udienza pubblica di discussione).

E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380 – bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti.

Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, la nullità del decreto, ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, non essendo stata disposta nuova audizione del richiedente, pur avendo il Tribunale nutrito dubbi sulle circostanze allegate dal richiedente in ordine alle circostanze che lo avevano costretto a lasciare il Paese, d’origine; con il secondo motivo, si lamenta poi la nullità del decreto, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, per violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, commi 2, e 3, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, per avere il Tribunale valutato la domanda del richiedente senza esame autonomo della posizione individuale e facendo riferimento ad informazioni tratte da fonti non aggiornate.

2. La prima censura è infondata.

Questa Corte ha chiarito che nel giudizio di impugnazione della decisione della Commissione territoriale innanzi all’autorità giudiziaria, in caso di mancanza della videoregistrazione del colloquio, il giudice deve necessariamente fissare, pena la violazione del contraddittorio, l’udienza per la comparizione delle parti, configurandosi, in difetto, la nullità del decreto con il quale viene deciso il ricorso, senza che sorga tuttavia l’automatica necessità di dare corso all’audizione il cui obbligo (Cass. 17717/2018; Cass. 2817/2019). Si è infatti successivamente chiarito che non vi è necessità di una nuova audizione del richiedente, “purchè sia garantita a costui la facoltà di rendere le proprie dichiarazioni, o davanti alla Commissione territoriale o, se necessario, innanzi al Tribunale”, cosicchè “il Giudice può respingere una domanda di protezione internazionale solo e risulti manifestamente infondata sulla sola base degli elementi di prova desumibili dal fascicolo e di quelli emersi attraverso l’audizione o la videoregistrazione svoltesi nella fase amministrativa, senza che sia necessario rinnovare l’audizione dello Straniero” (Cass. 5973/2019; Cass. 1088/2020).

Da ultimo questa Corte ha precisato (Cass. 21584/2020; conf. Cass. 22049/2020) che “nei giudizi in materia di protezione internazionale il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale – ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che): a) nel ricorso non vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda (sufficientemente distinti da quelli allegati nella fase amministrativa, circostanziati e rilevanti); b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) il richiedente faccia istanza di audizione nel ricorso, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile”.

Nella specie, la nuova audizione del richiedente è stata motivatamente esclusa sulla base della mancata deduzione di temi di indagine nuovi.

3. La seconda censura è del pari infondata.

La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nel prevedere che ciascuna domanda è esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati deve essere interpretato nel senso che l’obbligo di acquisizione di tali informazioni da parte delle Commissioni territoriali e dei giudice deve essere osservato in diretto riferimento ai fatti esposti ed ai motivi svolti in seno alla richiesta di protezione internazionale (Cass. ord. n. 30105 del 2018).

Al fine di ritenere adempiuto il dovere di cooperazione istruttoria, il giudice è tenuto quindi ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (Cass. ord. n. 11312 del 2019), in quanto, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio – politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione, sicchè il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di motivazione apparente (Cass. 13897/2019).

Nella specie, nella decisione impugnata, si è fatto riferimento a più fonti specifiche per descrivere da dove si è tratto il giudizio sull’assenza di conflitti interni o violenza indiscriminata nel Paese d’origine; nè, in ricorso, il ricorrente ha allegato di avere, prodotto in giudizio specifici report di organismi internazionali non presi in esame dal Tribunale.

3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Non v’è luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

PQM

La corte respinge il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2020

 

 

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