Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28909 del 08/11/2019

Cassazione civile sez. I, 08/11/2019, (ud. 25/06/2019, dep. 08/11/2019), n.28909

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 23584/2018 R.G. proposto da:

N.C., rappresentato e difeso dall’avvocato Santilli Stefania

per procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1052/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 26/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/06/2019 dal cons. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.Con sentenza n. 1052/2018 depositata il 26-2-2018, la Corte d’appello di Milano ha respinto l’appello di N.C., cittadino della Nigeria, avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Milano con la quale era stata rigettata la domanda avente ad oggetto, in via gradata, il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. La Corte territoriale ha ritenuto non credibile il racconto del richiedente, il quale aveva riferito di aver lasciato la Nigeria per il timore di essere ucciso dal gruppo cultista universitario al quale si era rifiutato di aderire, dopo l’uccisione, ad opera di appartenenti ad altra setta, di suo fratello, che era a capo dello stesso gruppo, e di suo padre. La Corte d’appello ha affermato di condividere il giudizio espresso dal Tribunale in ordine all’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e, con riferimento alla richiesta di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) ha escluso la sussistenza di rischio di danno grave, in relazione alla vicenda personale narrata, in ogni caso scarsamente credibile. Quanto alla richiesta di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) la Corte d’appello ha evidenziato che il richiedente proveniva da una zona della Nigeria ((OMISSIS)), nella quale non vi erano allarmanti situazioni di conflitto armato interno, violenza indiscriminata ed instabilità politica, come desumibile dalle direttive di non reimpatrio dell’UNHCR che riguardano solo tre Stati ((OMISSIS)). I Giudici d’appello hanno ritenuto che neppure vi fossero i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, non essendo allegati elementi di significativa fragilità o vulnerabilità soggettiva, anche considerando la reale situazione politico sociale dello Stato di provenienza, e non avendo pertanto rilievo l’inserimento sociale e lavorativo in Italia.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo il ricorrente denuncia “Violazione o falsa applicazione di legge, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6 e 14, al D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, agli artt. 2 e 3 C.E.D.U., nonchè omesso esame di fatti decisivi ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5”. Lamenta omessa valutazione da parte della Corte d’appello di fatti decisivi, quali la minaccia di morte subita in forma diretta e in forma indiretta, tramite l’assassinio del fratello e del padre, e il fatto, ugualmente decisivo, che a (OMISSIS) i cittadini subiscono o rischiano di subire persecuzioni e violenze, costituendo le vicende personali e familiari del ricorrente fattispecie palese di persecuzione di eccezionale gravità. La Corte territoriale ha citato, quale fonte di conoscenza, il portale web del Ministero degli Esteri, dal quale risulta che l'(OMISSIS) è una delle zone più stabili della Nigeria e caratterizzata dal minor indice di rischio (pag. n. 5 e 6 della sentenza), ma non ha effettuato alcun apprezzamento critico dei fatti presenti nel rapporto e citati nella sentenza.

2.Con il secondo motivo denuncia “Violazione dei parametri normativi di credibilità fissati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c), non avendo compiuto alcun esame comparativo tra le informazioni provenienti dal richiedente stesso e la situazione nelle aree da esso indicate da eseguirsi mediante la puntuale osservanza degli obblighi di cooperazione istruttoria incombenti sull’autorità giurisdizionale”. Deduce il ricorrente di aver allegato il fattore di persecuzione e che il suo racconto, secondo il Giudice d’appello, era generico ma non contraddittorio, sicchè la valutazione di credibilità avrebbe dovuto effettuarsi mediante comparazione con quanto risulta dalle fonti di conoscenza indicate nel D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nonchè mediante esercizio del potere-dovere istruttorio ufficioso.

3. I primi due motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono infondati.

3.1. La Corte d’appello ha condiviso la statuizione del Tribunale circa il mancato riconoscimento dello status di rifugiato, per la manifesta non verosimiglianza delle vicende narrate, spiegandone le ragioni ed evidenziando le molteplici incongruenze riscontrate nel racconto, comunque ravvisato generico e non circostanziato. La Corte territoriale ha dunque effettuato, nel rispetto degli indici legali, un accertamento di merito che non è sindacabile in sede di legittimità, se non sotto il profilo, non ricorrente nella specie, dell’anomalia motivazionale o dell’omessa valutazione di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, ai sensi del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. ord.. 3340/2019 e Cass. S.U. n. 8053/2014). 3.2.Sono infondate anche le doglianze concernenti la mancata attivazione dei poteri istruttori ufficiosi, atteso che il dovere di cooperazione istruttoria non sussiste se le allegazioni sono generiche e inattendibili (Cass. n. 27336/2018).

4. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta “Omesso esame di fatti decisivi; Violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 14, al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e 27, agli artt. 2 e 3 C.E.D.U.. Violazione dei parametri normativi per la definizione di un danno grave”. Quanto alla richiesta di protezione sussidiaria, ad avviso del ricorrente la Corte d’appello ha omesso di esercitare i poteri istruttori ufficiosi, per verificare la denunciata sussistenza di una condizione di violenza diffusa e non arginabile dalle autorità pubbliche, atteso che le azioni di B.H. costituiscono una seria minaccia per la stabilità interna, in un contesto di gravi violazioni di diritti umani.

5. Il motivo è infondato.

5.1. Questa Corte ha chiarito che “il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità” (Cass. ord. n. 3340/2019). Inoltre, anche in tema di protezione sussidiaria, l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave, quale individuato dalla medesima disposizione, implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito. Il risultato di tale indagine può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti consentiti dal novellato art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. ord. 30105 del 2018).

5.2. Il ricorrente deduce genericamente la violazione di norme di legge, avuto riguardo alla situazione generale della Nigeria, attraverso il richiamo alle disposizioni disattese e tramite una ricostruzione della fattispecie concreta, quanto alla sua credibilità e quanto all’insicurezza del Paese di origine ed alla compromissione di diritti fondamentali, difforme da quella accertata nei giudizi di merito. La Corte territoriale, oltre a ritenere, motivatamente, non credibili le vicende personali narrate, per ciò che rileva ai fini delle ipotesi previste dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), richiamato quanto esposto nel p.3.1., ha esaminato, richiamando fonti di conoscenza (UNCHR), la situazione generale della Nigeria ed in particolare del (OMISSIS), zona di provenienza del ricorrente. Ha quindi escluso l’esistenza di situazioni di violenza indiscriminata in conflitto armato nella suindicata zona, compiutamente esercitando il potere-dovere di cooperazione istruttoria.

Le suddette valutazioni costituiscono apprezzamenti di fatto rimessi al giudice del merito e sono sindacabili solo mediante il paradigma del vizio motivazionale di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, e dunque solo quale omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti oppure come anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante.

Per quanto si è detto, i fatti allegati sono stati esaminati e la motivazione della sentenza impugnata è sorretta da un contenuto non inferiore al minimo costituzionale, come delineato dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. S.U. n. 8053/2014 e tra le tante da ultimo Cass. n. 22598/2018).

6. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia “Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 2, e artt. 10, comma 3, motivazione apparente in relazione alla domanda di protezione umanitaria e alla valutazione di assenza di specifica vulnerabilità; omesso esame di fatti decisivi circa la sussistenza dei requisiti di quest’ultima”. Ad avviso del ricorrente la Corte territoriale, nel negare la protezione umanitaria, non ha considerato la condizione personale di vulnerabilità del ricorrente, derivante dallo stato di instabilità, insicurezza e povertà della Nigeria e dalla complessiva situazione di detto Stato, anche con riguardo alle considerevoli criticità derivanti dalle attività dei gruppi cultisti ed dalle violazioni dei diritti umani.

7. Il motivo è infondato.

7.1. In ordine al riconoscimento della protezione umanitaria, questa Corte ha precisato (Cass. ord. n. 16925/2018) che l’intrinseca inattendibilità del racconto del ricorrente, affermata dai giudici di merito, costituisce motivo sufficiente anche per negare la protezione di cui trattasi, che deve ovviamente poggiare su specifiche e plausibili ragioni di fatto (Cass. 27438/2016), legate alla situazione concreta e individuale del richiedente (Cass. 4455/2018, par. 7). Deve trattarsi di valutazione autonoma (Cass. n. 28990/2018), non potendo conseguire automaticamente dal rigetto delle altre domande di protezione internazionale, essendo necessario che l’accertamento da svolgersi sia fondato su uno scrutinio avente ad oggetto l’esistenza delle condizioni di vulnerabilità che ne integrano i requisiti. Tuttavia, anche ai fini della protezione umanitaria, la domanda non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio o di utilizzare i poteri officiosi, se le allegazioni sulla condizione soggettiva di vulnerabilità non sono specifiche (Cass. n. 27336/2018).

7.2. Nel caso di specie il diniego è dipeso dall’accertamento dei fatti da parte del giudice di merito, che ha escluso con idonea motivazione e facendo applicazione dei principi suesposti, alla stregua di quanto considerato nei paragrafi che precedono, sia con riferimento alla vicenda personale del ricorrente, sia avuto riguardo alla situazione generale della Nigeria e della zona del (OMISSIS), l’esistenza di una situazione di particolare vulnerabilità del ricorrente.

8. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato.

9. Nulla si dispone sulle spese del giudizio di legittimità, atteso che il Ministero è rimasto intimato.

10. Poichè il ricorrente è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato, non sussistono nella specie i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 25 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2019

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