Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28907 del 08/11/2019

Cassazione civile sez. I, 08/11/2019, (ud. 25/06/2019, dep. 08/11/2019), n.28907

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 23577/2018 R.G. proposto da:

G.S.C.A., rappresentato e difeso dall’avvocato

Corace Giacinto del foro di Milano per procura speciale allegata al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1130/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 01/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/06/2019 dal cons. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.Con sentenza n. 1130/2018 depositata l’1-3-2018, la Corte d’appello di Milano ha respinto l’appello di S.G.A.C., cittadino di El Salvador, avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Milano con la quale era stata rigettata la domanda avente ad oggetto, in via gradata, il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. La Corte territoriale, valutata la situazione generale del Paese di origine dell’appellante, ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione in favore del richiedente, il quale riferiva di essere fuggito dal proprio Paese a causa delle minacce di morte subite ad opera di una delle gang locali, la M.S., composta da persone “senza paura e senza pietà”.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che si costituisce oltre il termine di legge, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo il ricorrente denuncia “Violazione o falsa applicazione di legge, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6 e 14, al D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, agli artt. 2 e 3 C.E.D.U., nonchè omesso esame di fatti decisivi ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5”. Ad avviso del ricorrente erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto generiche le allegazioni fornite circa le sue vicende personali e familiari, descritte in dettaglio nell’atto di appello (pag. n. 2 e 3), pur avendo il Collegio dato atto del rischio di criminalità molto elevato nel Paese. I fatti addotti costituiscono fattispecie potenziale di persecuzione, avendo in passato il ricorrente subito minaccia alla vita in forma diretta ed indiretta, ossia perpetrata in danno della compagna e della figlia, per il fatto di aver denunciato i membri della gang, da cui era stato minacciato, senza ricevere protezione dal suo Stato.

2. Con il secondo motivo denuncia “Violazione dei parametri normativi relativi alla credibilità delle dichiarazioni dei richiedenti fissati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c), non avendo compiuto alcun esame comparativo tra le informazioni provenienti dal richiedente e la situazione personale del ricorrente nelle aree da esso indicate da eseguirsi mediante la puntuale osservanza degli obblighi di cooperazione istruttoria incombenti sull’autorità giurisdizionale”. Deduce il ricorrente che le sue dichiarazioni, seppur generiche, non erano contraddittorie e il Giudice ha l’obbligo di cooperazione istruttoria per integrare il quadro probatorio, mentre la Corte territoriale ha solo affermato che gli episodi riguardavano la compagna e la figlia del richiedente ed erano riconducibili a violenza comune.

3. I primi due motivi, che possono esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono infondati.

3.1. La Corte d’appello ha condiviso la valutazione del Tribunale sul mancato riconoscimento dello status di rifugiato per la non verosimiglianza delle vicende narrate, qualificate in ogni caso come di natura privata, evidenziando le incongruenze riscontrate nel racconto, ravvisato altresì generico e non circostanziato. La Corte territoriale ha dunque effettuato, nel rispetto degli indici legali, un accertamento di merito che non è sindacabile in sede di legittimità, se non sotto il profilo, non ricorrente nella specie, dell’anomalia motivazionale o dell’omessa valutazione di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, ai sensi del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. ord.. 3340/2019 e Cass. S.U. n. 8053/2014).

3.2.Sono infondate anche le doglianze concernenti la mancata attivazione dei poteri istruttori ufficiosi sul fenomeno della gang locali, perchè il dovere di cooperazione istruttoria non sussiste se le allegazioni sono generiche e inattendibili (Cass. n. 27336/2018).

4. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia “Omesso esame di fatti decisivi; Violazione o falsa applicazione di legge, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 14, al D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, agli artt. 2 e 3 C. E. D. U.. Violazione dei parametri normativi per la definizione di un danno grave”. Circa il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria deduce il ricorrente che le sue dichiarazioni, seppur generiche, non erano contraddittorie e lamenta il mancato esercizio di cooperazione istruttoria in relazione al contesto di grave violazione di diritti umani e violenza generalizzata nel Paese di provenienza.

5. Il motivo è inammissibile.

5.1. Questa Corte ha chiarito che “il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità” (Cass. ord. n. 3340/2019). Inoltre, anche in tema di protezione sussidiaria, l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave, quale individuato dalla medesima disposizione, implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito. Il risultato di tale indagine può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti consentiti dal novellato art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. ord. 30105 del 2018).

5.2. Il ricorrente deduce genericamente la violazione di norme di legge, avuto riguardo alla situazione generale del Paese di provenienza (EI Salvador), attraverso il richiamo alle disposizioni disattese e tramite una ricostruzione della fattispecie concreta, quanto alla sua credibilità e quanto all’insicurezza del Paese di origine, difforme da quella accertata nei giudizi di merito.

Peraltro lo stesso ricorrente dà atto della genericità del suo racconto, afferma che la persona che aveva minacciato la sua compagna era stata arrestata dopo la loro fuga (pag.n. 3 ricorso), nonchè espone di aver appellato l’ordinanza del Tribunale lamentando l'”omessa compiuta valutazione della situazione del Paese di provenienza dell’odierno deducente connotata da continue violazioni dei diritti umani ai danni dei sostenitori delle minoranze politiche” (pag. n. 2 ricorso).

La Corte territoriale, oltre a ritenere non credibili le vicende personali narrate per ciò che rileva ai fini delle ipotesi previste dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), richiamato quanto esposto nel p.3.1., ha escluso l’esistenza di situazioni di violenza indiscriminata in conflitto armato nel Paese di origine del ricorrente, rimarcando che lo stesso ricorrente aveva riferito di essere fuggito per la situazione di difficoltà in cui si trovava la sua compagna, capo reparto di una ditta tessile minacciata da un dipendente, e che il fenomeno delle gang locali si connotava come di criminalità comune, così esercitando il potere-dovere di cooperazione istruttoria in relazione alle allegazioni della parte.

Le suddette valutazioni costituiscono apprezzamenti di fatto rimessi al giudice del merito, peraltro nel giudizio di appello limitatamente al devoluto come da motivi di impugnazione, e sono sindacabili solo mediante il paradigma del vizio motivazionale di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, e dunque solo quale omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti oppure come anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante.

Per quanto si è detto la motivazione della sentenza impugnata è sorretta da un contenuto non inferiore al minimo costituzionale, come delineato dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. S.U. n. 8053/2014 e tra le tante da ultimo Cass. n. 22598/2018), così da sottrarsi al sindacato di legittimità della stessa ed alla conseguente valutazione di “anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante”.

6. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta “Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 2 e art. 10, comma 3, motivazione apparente in relazione alla domanda di protezione umanitaria e alla valutazione di assenza di specifica vulnerabilità; omesso esame di fatti decisivi circa la sussistenza dei requisiti di quest’ultima”. Ad avviso del ricorrente la Corte territoriale, nel negare la protezione umanitaria, non ha considerato la condizione personale di vulnerabilità del ricorrente, in ragione delle violenze e persecuzioni dallo stesso subite, e su tale aspetto di carattere decisivo non ha svolto accertamenti. La vulnerabilità inoltre deriva dallo stato di instabilità ed insicurezza dello stato di provenienza e dalla complessiva situazione di detto Stato, con riguardo alle considerevoli criticità che emergono dai rapporti informativi, le cui informazioni il ricorrente trascrive nel ricorso, deducendone l’omesso esame da parte della Corte territoriale.

7. Il quarto motivo è infondato.

7.1.In ordine al riconoscimento della protezione umanitaria, questa Corte ha precisato (Cass. ord. n. 16925/2018) che l’intrinseca inattendibilità del racconto del ricorrente, affermata dai giudici di merito, costituisce motivo sufficiente anche per negare la protezione di cui trattasi, che deve ovviamente poggiare su specifiche e plausibili ragioni di fatto (Cass. 27438/2016), legate alla situazione concreta e individuale del richiedente (Cass. 4455/2018, par. 7). Deve trattarsi di valutazione autonoma (Cass. n. 28990/2018), non potendo conseguire automaticamente dal rigetto delle altre domande di protezione internazionale, essendo necessario che l’accertamento da svolgersi sia fondato su uno scrutinio avente ad oggetto l’esistenza delle condizioni di vulnerabilità che ne integrano i requisiti. Tuttavia, anche ai fini della protezione umanitaria, la domanda non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio o di utilizzare i poteri officiosi, se le allegazioni sulla condizione soggettiva di vulnerabilità non sono specifiche (Cass. n. 27336/2018).

6.2. Nel caso di specie il diniego è dipeso dall’accertamento dei fatti da parte del giudice di merito, che ha escluso con idonea motivazione e facendo applicazione dei principi suesposti, alla stregua di quanto considerato nei paragrafi che precedono, l’esistenza di una situazione di particolare vulnerabilità del ricorrente.

7. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato.

8. Nulla deve disporsi sulle spese del giudizio di legittimità, atteso che il Ministero si è costituito oltre il termine di legge.

8. Poichè il ricorrente è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato, non sussistono nella specie i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 25 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2019

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