Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28904 del 27/12/2011

Cassazione civile sez. I, 27/12/2011, (ud. 14/12/2011, dep. 27/12/2011), n.28904

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1746-2009 proposto da:

ICEM COSTRUZIONI EDILI S.R.L. (c.f. (OMISSIS)), in persona

dell’Amministratore unico pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA CASSIODORO 19, presso l’avvocato JANARI LUIGI,

rappresentata e difesa dall’avvocato FACCINI STEFANO, giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.P. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, EMILIO DE’ CAVALIERI 11, presso l’avvocato

BONTEMPO ANTONINO NICOLO’, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato MEO FRANCO, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 471/2008 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 26/03/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/12/2011 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA COLTRERA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto 24.10.94 la società s.r.l. Icem conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Treviso C.P. e chiedeva emettersi ordinanza d’ingiunzione ex art. 186 ter e 642 c.p.c. nei confronti del predetto convenuto per il pagamento dell’importo di un assegno di L. 43.000.000 a saldo del prezzo d’acquisto di un immobile, oggetto di un preliminare di vendita stipulato il 20 aprile 1993 in favore del convenuto, cui aveva trasferito il godimento del cespite, e nel merito pronunciarsi sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. che tenesse luogo del contratto definitivo di compravendita non concluso. Il C. si costituiva in giudizio eccependo in limine l’esistenza di clausola compromissoria prevista nel preliminare, e nel merito chiedeva il rigetto della domanda. In via riconvenzionale, deducendo che la mancata stipula del contratto definitivo era imputabile alla Icem che gli aveva promesso in vendita un bene ipotecato e non in regola con le norme edilizie, chiedeva sentenza costitutiva che trasferisse il cespite in suo favore, previa riduzione del prezzo. Il Tribunale pronunciava l’ordinanza ingiunzione ed ammetteva le prove addotte dalle parti. All’udienza del 9.11.99 l’attrice dichiarava di aderire all’eccezione di arbitrato e depositava rinuncia agli atti del giudizio che il C. non accettava. La causa, quindi, proseguita con l’assunzione del testi indotti da entrambe le parti, veniva decisa dal Tribunale che, con sentenza n. 521/2001, dichiarava la propria incompetenza a provvedere sulle opposte domande, revocava l’ordinanza ingiunzione e condannava l’attrice al pagamento delle spese giudiziali. Sosteneva che la Icem aveva aderito all’eccezione di arbitrato manifestando tale adesione mediante la rinuncia agli atti del giudizio formalizzata all’udienza del 9.11.99. Con ricorso proposto innanzi alla Corte d’appello di Venezia, il C. impugnava la decisione insistendo nella domanda tesa ad ottenere la sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., assumendo che il contegno processuale suo e di controparte integrava gli estremi di una rinuncia ad avvalersi della clausola compromissoria. La Corte d’appello, con sentenza n. 471 depositata il 26 marzo 2008, ha accolto il gravame ed ha disposto l’accoglimento della domanda riconvenzionale disponendo per l’effetto il trasferimento dell’immobile controverso in favore del C., facoltizzandolo ad impiegare la somma residua spettante alla Icem per purgare l’immobile dall’iscrizione ipotecaria. Ha desunto la rinuncia del C. all’eccezione di arbitrato dal suo comportamento processuale incompatibile con la volontà d’avvalersi della clausola, in particolare dalla proposizione della domanda riconvenzionale che quegli non aveva espressamente subordinato al rigetto dell’eccezione e dalla complessiva condotta mantenuta nel processo, nonchè dal fatto che parte attrice aveva insistito nelle sue richieste e contraddetto le avverse istanze istruttorie. Nel merito, ha accolto la domanda riconvenzionale avendo riscontrato che il bene è stato sottoposto ad esecuzione e per purgare l’ipoteca occorrevano degli esborsi, e presenta abusi edilizi per eliminare i quali il C. aveva sostenuto ulteriori spese, ed ha quindi trasferito l’immobile al C., condannando la Imec alla differenza tra le somme necessarie per pagare il creditore ipotecario e quello che ancora C. le doveva. Ricorre per cassazione avverso questa statuizione la società Imec con unico articolato motivo cui resiste l’intimato con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La ricorrente deduce violazione degli artt. 99, 112 e 121. La Corte del merito, consumando violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, ha ravvisato la rinuncia del C. all’eccezione d’arbitrato valorizzando l’assenza di espressa subordinazione della domanda riconvenzionale da lui proposta al rigetto della stessa eccezione, che non necessitava affatto di alcuna formulazione, atteso il principio di libertà delle forme, ed in assenza della necessaria allegazione di controparte. Il C., infatti, ha impugnato la decisione del primo giudice che aveva accolto la sua eccezione, cui essa ricorrente aveva aderito, criticandola sull’assunto che il suo comportamento processuale deponeva per la rinuncia all’eccezione erroneamente dichiarata inefficace, e la Corte adita ha accolto la censura su ben altro rilievo, benchè non occorresse l’espressa dichiarazione di subordinazione della riconvenzionale al rigetto dell’eccezione in quanto non necessitava di forma, pur se il C. non aveva dedotto la circostanza, nè rinunciato a far valere la clausola compromissoria. Il quesito di diritto chiede se violi il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato il giudizio d’appello che sia reso sulla base di una rinvenuta assenza di un elemento formale di un atto processuale non previsto dalla legge in deroga al principio della libertà di forme ed il rilievo di detta assenza non sia stato introdotto in causa mediante specifica allegazione nè rientra nella decisione impugnata. Il resistente deduce l’infondatezza della censura rilevando l’assenza del vizio di ultrapetizione ascritto al giudice d’appello che ha pronunciato sul motivo d’appello, vizio che è riferito peraltro non già alla decisione ma al suo tessuto argomentativo. Le qualificazioni giuridiche non necessitano di allegazione di parte in ragione dell’operatività iura novit curia.

Il motivo è privo di pregio. Si è riferito in narrativa che la Corte distrettuale ha desunto la rinuncia del C. all’eccezione di arbitrato dal suo comportamento processuale, incompatibile con la volontà d’avvalersi della clausola, in particolare dalla proposizione della domanda riconvenzionale che quegli non aveva espressamente subordinato al rigetto dell’eccezione, nonchè dalla complessiva condotta mantenuta nel processo e dal fatto che parte attrice aveva insistito nelle sue richieste e contraddetto le avverse istanze istruttorie. La ricorrente censura questo tessuto argomentativo per denunciare un vizio d’interpretazione delle difese di controparte, che riconduce al principio evocato enucleando dal contesto dei fatti indagati dall’organo d’appello la sola circostanza sulla quale incentra la sua critica che, lungi dall’assumere rilievo dirimente, è stata apprezzata nel coacervo delle altre emergenze del processo. E’ orientamento consolidato che, versandosi nella specie in materia di diritti disponibili, la parte che deduce l’arbitrato può rinunciare ad avvalersene anche tacitamente, ponendo in essere comportamenti incompatibili con la volontà di deferire la controversia agli arbitri, ed è “quaestio facti” stabilire se la condotta processuale di quella parte implichi o non volontà di non avvalersi della clausola compromissoria e di rinunciare anche tacitamente alla relativa eccezione – Cass. n. 5937/1995. In questo solco, nel caso di specie, la Corte del merito ha verificato e quindi apprezzato l’atteggiamento assunto in causa da tutte le parti, ed in particolare il contegno processuale del C. inquadrando e quindi valorizzando in tale ambito, per la sua evidente incompatibilità con la volontà di avvalersi della clausola – Cass. n. 18643/2003, la formulazione della domanda riconvenzionale che, non subordinata al rigetto dell’eccezione d’arbitrato, venne coltivata in causa, desumendone all’esito la rinuncia all’arbitrato. Il decisum conclusivo esprime il risultato di questo vaglio critico, adeguatamente argomentato ed immune da errore di diritto, e fondandosi sull’interpretazione dei fatti, non è sindacabile da parte di questa Corte, cui è preclusa ogni indagine che attiene al merito. Il quesito di diritto formulato dalla ricorrente chiede per l’effetto l’enunciazione di un principio che non è destinato ad interferire sulla soluzione della controversia, inerendo ad una questione esaminata dal giudice d’appello quale mero dato fattuale, non rivisitabile, secondo quanto premesso, in questa sede. Tutto ciò premesso, il ricorso deve essere rigettato con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidandole in complessivi Euro 2000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2011

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