Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28903 del 17/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 17/12/2020, (ud. 17/11/2020, dep. 17/12/2020), n.28903

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27622-2018 proposto da:

ROMA CAPITALE, (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE

21, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO PASQUALI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

L.M., LU.LU., elettivamente domiciliati in ROMA,

PIAZZA SAN SATURNINO, 5, presso lo studio dell’avvocato MARIA

VERTUCCI, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso l’ordinanza R.G. 3881/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 22/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA

IOFRIDA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 7454/2018, depositata in data 22/6/2018, – in controversia concernente opposizione promossa da Lu.Lu. e L.M. alla Delib. del 2011 Commissione Provinciale Espropri di Roma, con cui era stata determinata in Euro 984.500,00 (Euro 80,00 al metro quadro) l’indennità di espropriazione di bene già oggetto di espropriazione in favore del Comune di Roma, con decreto dirigenziale n, 32 del 26/5/2008, – ha determinato l’indennità di espropriazione spettante ai Luciani, in relazione all’area oggetto del D.Dirig. n. 32 del 2008, all’esito di consulenza tecnica d’ufficio (e di risposta ai chiarimenti richiesti dalle parti e dal giudice), secondo il metodo analitico (come da quesito del giudice), tenuto conto dell’indice medio di fabbricabilità e della destinazione edificatoria, nella somma di Euro 1.621.645,20, oltre interessi dal 26/5/2008 e sino alla data del deposito (quanto alla differenza ancora dovuta) presso la Cassa Depositi e Prestiti.

In particolare, i giudici della Corte territoriale hanno sostenuto che l’area in oggetto era, al momento del decreto di esproprio, edificabile (inserita, già prima del 2007, nella zona (OMISSIS) del Piano Regolatore Generale), e che il valore venale, ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, applicabile, essendo stata adottata la dichiarazione di pubblica utilità successivamente al 30/6/2003, era stato determinato dal consulente tecnico d’ufficio, “all’esito di un articolato confronto dialettico con i consulenti tecnici di parte”, in Euro 127,89 al metro quadro (peraltro, in accoglimento di osservazioni mosse dal consulente di parte di Roma Capitale), per una superficie complessiva di mq. 12.307, ed era condivisibile, in quanto non sì era potuto ricorrere al metodo sintetico – comparativo non avendo nessuna parte, neppure la resistente, allegato documentazione su recente valutazione di terreni finitimi e morfologicamente ed urbanisticamente omogenei; inoltre, gli oneri di urbanizzazione, ricompresi nei costi di costruzione, erano stati conteggiati dal consulente una sola volta e non era dato comprendere le ragioni di contestazione della formula classica utilizzata dal consulente tecnico d’ufficio per la stima del valore dell’area.

Avverso la suddetta, pronuncia, Roma Capitale propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti di Lu.Lu. e L.M. (che resistono con controricorso).

E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380 – bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente lamenta, con il primo motivo, sia la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 112, e 115 c.p.c., sia l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di fatto decisivo controverso, rappresentato dai dati utili di comparazione offerti da Roma Capitale, ai fini della stima con i metodo sintetico – comparativo con le note autorizzate del 25/11/2016, dalle quali emergevano “i valori ed i dati generali dei terreni rientranti nel cd. piano di zona (OMISSIS) di cui fa parte il terreno per cui è causa” (alloggi tutti destinati alla realizzazione di edifici ad uso residenziale di tipo Economico e Popolare e quindi suscettibili di identico, minore, valore), mentre il consulente non aveva risposto ai chiarimenti richiesti dal giudice, essendosi limitato ad applicare valori in linea con altre sentenze rese dalla Corte d’appello di Roma in materia di espropri di aree ricadenti nello SDO (Sistema Direzionale Orientale) per un Piano di Zona ((OMISSIS)) che non rientrava nello SDO ed a rilevare che il mercato immobiliare dell’epoca subiva la spinta della committenza verso immobili in zone periferiche e suburbane; con il secondo motivo, si lamenta poi la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 112 c.p.c., in relazione al mancato esame della richiesta, avanzata in sede di costituzione di Roma Capitale, di riduzione del 25% del valore dell’area e quindi dell’indennizzo, L. n. 244 del 2007, ex art. 3, commi 89, e 90 (Finanziaria 2008), in quanto l’espropriazione, trattandosi di un piano di edilizia economica e popolare in attuazione della L. n. 167 del 1972, e delle successivi leggi in materia, doveva ritenersi finalizzata ad interventi di riforma economico – sociale.

2. La prima censura è inammissibile.

Questa Corte (Cass. 6243/2016; Cass. 4885/2006) ha già, chiarito che “in tema di liquidazione dell’indennità di espropriazione per le aree edificabili, la determinazione del valore del fondo può essere effettuata tanto con metodo sintetico – comparativo, volto ad individuare il prezzo di mercato dell’immobile attraverso il confronto con quelli di beni aventi caratteristiche omogenee, quanto con metodo analitico – ricostruttivo, fondato sull’accertamento del costo di trasformazione del fondo, non potendosi stabilire tra i due criteri un rapporto di regola ad eccezione, e restando pertanto rimessa al giudice di merito la scelta di un metodo di stima improntato, per quanto possibile, a canoni di effettività”, vale a dire più appropriato rispetto alle concrete caratteristiche e potenzialità del bene (Cass. 215/2020). Sempre questa Corte (Cass. 1161/2007) ha precisato che “in tema di valutazione di aree edificabili, ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione, l’evoluzione del sistema normativo induce a negare valore preminente al metodo sintetico – comparativo, congeniale ad un sistema, oggi abbandonato alla, luce della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, governato dal principio dell’edificabilità di fatto, mentre il metodo analitico – ricostruttivo, che muove dalle caratteristiche specifiche del fondo espropriato, depurando il valore dell’edificato del costo di costruzione per pervenire al valore dell’area secondo l’entità volumetrica esprimibile dalla superficie a disposizione, dipende dalla qualificazione urbanistica dell’area, secondo il principio dell’edificabilità legale, conseguendone che il giudice che accolga le conclusioni del consulente tecnico secondo il metodo analitico, non è tenuto a motivare la mancata adozione del metodo sintetico”.

Ora, nella specie, risulta, anche dalla sentenza impugnata, che il giudice relatore, con ordinanza istruttoria del 13/3/2015, aveva dato incarico al consulente tecnico d’ufficio di determinare il valore dell’area utilizzando il metodo analitico, accertando il valore di trasformazione del suolo edificabile, accertando la densità volumetrica esprimibile in base ad indici di fabbricabilità del piano di Zona (OMISSIS), tenuto conto delle spese di urbanizzazione relative alle opere, non avendo alcuna parte offerto elementi utili per applicare nella specie il metodo sintetico – comparativo. Sono stati poi disposti chiarimenti al consulente tecnico, sulla base dei dati comparativi allegati dalle parti e la Corte di merito ha dato conto delle risposte del consulente tecnico d’ufficio.

La doglianza, in difetto del vizio denunciato di omessa pronuncia, si risolve, anche nel vizio ex art. 360 c.p.c., n. 5, in una richiesta di nuova valutazione delle risultanze documentali e della CTU, riservata al giudice di merito, ove congruamente motivata.

3. La seconda censura è infondata.

La ricorrente si duole della mancata applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, come modificato dalla legge finanziaria 2008 (L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89), contemplante l’abbattimento del 25% dell’indennità determinata, in caso di interventi di riforma economico – sociale.

Al riguardo, deve darsi anzitutto continuità all’orientamento consolidato di questa Corte secondo il quale i criteri previsti dalla L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89, in quanto introdotti a modifica del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, commi 1, e 2, si applicano soltanto alle procedure espropriative soggette al predetto testo unico cioè quelle in cui la dichiarazione di pubblica utilità sia intervenuta dopo la sua entrata in vigore (30 giugno 2003), secondo le previsioni dell’art. 57, come modificato dal D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 302, mentre nelle procedure soggette al regime pregresso rivive la L. 25 giugno 1865, n. 2359, art, 39, e va, quindi, fatto riferimento al valore di mercato, atteso che la norma intertemporale di cui alla L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 90, prevede la retroattività della nuova disciplina di determinazione dell’indennità espropriativa solo per i “procedimenti” amministrativi di espropriazione in corso, e non anche per i giudizi (Cass. 11480/2008; Cass. 14939/2100; Cass. 6798/2013; Cass. 6752/2014).

Nella specie, la Corte di merito ha statuito (e sul punto non vi è doglianza) sulla piena applicabilità del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, alla controversia, essendo intervenuta la dichiarazione di pubblica utilità successivamente al 30/6/2003.

Tuttavia, nella sentenza non vi è un’espressa statuizione sulla richiesta di abbattimento formulata dalla resistente Roma Capitale.

Ma, come rilevato da questa Corte, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111 Cost., comma 2, nonchè di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c., ispirata a tali principi, una volta verificatà l’omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con il suddetto motivo risulti infondata, di modo che la pronuncia da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (Cass. 2313/2010; Cass. 15122/2013; Cass. 28663/2013; Cass. 21257/2014; Cass. 21968/2015; Cass. 16171/2017).

E, nella specie, l’invocata riduzione del 25% del valore dell’area è infondata.

Questa Corte, con orientamento consolidato, ha infatti da tempo affermato che “in tema di espropriazione per pubblica utilità, ove il procedimento sia adottato per realizzare un piano di zona per l’edilizia economica e popolare, non sussiste il presupposto dell’intervento di riforma economico – sociale, che giustifica la riduzione del 25 per cento del valore venale del bene ai fini della determinazione dell’indennità, dovendo esso riguardare l’intera collettività o parti di essa geograficamente o socialmente predeterminate ed essere, quindi, attuato in forza di una previsione normativa che in tal senso lo definisca” (Cass. 1621/2016; Cass. 2774/2012).

La decisione impugnata risulta quindi pienamente conforme al suddetto principio di diritto.

4. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La corte respinge il ricorso; condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.000,00, a titolo di compensi oltre Euro 100,00 per esborsi, nonchè al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2020

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