Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28902 del 17/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 17/12/2020, (ud. 17/11/2020, dep. 17/12/2020), n.28902

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24968-2018 proposto da:

C.G.M.L., CA.CL.MA.LU.,

elettivamente domiciliate in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentate e difese

dall’avvocato ALDO RUSSO;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI RAGALNA, in persona de Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della

CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FABIO LO

PRESTI;

– controricorrenti –

contro

COMUNE DI PATERNO’;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1143/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 14/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA

IOFRIDA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Catania, con sentenza n. 1143/2017, depositata in data 14/6/2017, – in controversia promossa, nel settembre 2005, da C.G.M.L. e Ca.Cl.Ma.Lu. (unitamente ad altro soggetto, c.r.m.e.),- comproprietarie di un terreno, oggi in territorio del Comune di (OMISSIS),, ma sino al 1985 (epoca in cui (OMISSIS) era divenuto Comune autonomo) in territorio del Comune di (OMISSIS), oggetto di una prima occupazione d’urgenza, avviata con una ordinanza del Comune di Paternò nel 1985, per “ammodernamento della (OMISSIS) e sistemazione dell’incrocio della (OMISSIS)”, di 165 mq, e poi di una variante, approvata con Delib. del 1990, sempre del Comune di Paternò, per opere diverse relative ad un diverso tracciato della stradale quindi di un’ occupazione d’urgenza, disposta dal Comune di Ragalna, nel 1993, di ulteriori mq 80, rientranti sempre nella (OMISSIS), senza emissione di decreti di esproprio da parte di alcuno dei due Comuni – nei confronti dei Comuni di Paternò e di Ragaina, al fine di ottenere il risarcimento dei danni conseguenti alla perdita dei suddetti terreni, irreversibilmente trasformati nell’agosto 1995, al termine dei lavori, – ha riformato parzialmente la decisione di primo – grado che aveva, accertata la natura usurpativa dell’occupazione posta in essere dalle due amministrazioni comunali, in difetto di esercizio di pubblico potere, accolto la domanda attorea, condannando – però il solo Comune di Paternò al pagamento in favore, per quanto qui interessa, delle attrici della somma di Euro 8.366,40, oltre rivalutazione Istat ed interessi, ed in favore di tutti gli attori della somma ulteriore di Euro 697,20, rivalutata anno per anno dal gennaio 1995, oltre interessi legali.

In particolare, i giudici d’appello, per quanto interessa ancora nel presente giudizio, hanno, in accoglimento parziale del gravame principale del Comune di Paternò e dell’eccezione sollevata dall’appellato Comune di Ragalna, dichiarato, in riforma della decisile impugnata, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, ricadendo la controversia nell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, limitatamente alla occupazione delle particene catastali (OMISSIS), per un’estensione di mq. 165, oggetto di verbale di consistenza ed immissione in possesso del (OMISSIS) (essendo la lite collegata all’esercizio di un pubblico potere, vale a dire l’emanazione, incontestata, della Delib. G.M. Comune di Paternò 1984, relativa all’approvazione del progetto, cui era seguita l’ordinanza sindacale di occupazione d’urgenza dell’area del 1985, ed operando la previsione di cui alla L. n. 205 del 2000, art. 7, non risultando peraltro neppure allegati vizi in relazione a tale procedura acquisitiva da parte del Comune suddetto). La Corte distrettuale poi ha condannato, invece, i due Comuni, in solido (quello di Paternò, stante il ruolo attivo svolto nella procedura acquisitiva dell’area; quello di Ragalna, perchè diretto beneficiario e comunque per la collaborazione prestata nella realizzazione dell’opera pubblica), in relazione all’occupazione eseguita nel 1993 su ulteriori mq 80 della particella (OMISSIS), con decreto di occupazione di urgenza del 1993 e precedente Delib. Giunta Comune di Paternò del 1990 (di approvazione di perizia di variante), atti amministrativi questi annullati da TAR di Catania con sentenza n. 2012/1995 (per incompetenza del suddetto Comune di Paternò ad approvare, con variante del 1990, opere diverse da quelle previste nel progetto originario riguardanti il territorio di Ragalna, essendo stato istituto il Comune autonomo di Ragalna), già qualificata in primo grado come occupazione usurpativa (in mancanza di una valida dichiarazione d pubblica utilità contenente indicazione dei termini di cui alla L. n. 2395 del 1865, art. 13), al risarcimento del danno in favore delle C., determinato (in difetto di specifico motivo di appello sia sulle modalità di determinazione del quantum, sia sul valore del bene al mq indicato dalla sentenza di primo grado, sia sulla decorrenza degli accessori, essendo carente, al riguardo, dei requisiti di cui all’art. 342 c.p.c., l’appello incidentale delle proprietarie C.) in misura pari a Euro 3.718,40, oltre rivalutazione monetaria secondo indici Istat ed interessi legali sulle somme rivalutate dal gennaio 1995, respingendo altresì l’appello incidentale delle medesime appellate, ai fini del riconoscimento degli ulteriori indennizzi previsti dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 42 bis. Al riguardo, la Corte di merito ha osservato che le voci risarcitorie previste dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 42 bis, discendono dall’applicazione dell’istituto dell’acquisizione sanante introdotto dal D.L. n. 98 del 2011, art. 34, comma 1, ma nella specie non risultava adottato da parte della PA un provvedimento di acquisizione del bene al patrimonio indisponibile, costituente condizione per l’indennizzo in esame.

Avverso la suddetta pronuncia, C.G.M.L. e Ca.Cl.Ma.Lu. propongono ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti dei Comuni di Ragalna (che resiste con controricorso, notificato il 18/9/2018) e di Paternò (che non svolge difese).

E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380 – bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Le ricorrenti lamentano, con il primo motivo, sia la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 2043, e 2058 c.c., nonchè la violazione del Primo Protocollo addizionale alla CEDU, art. 1, sia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, ex art. 360 c.p.c., n. 5, – in relazione al mancato riconoscimento (stante il rigetto del gravame incidentale proposto sul punto dalle C.) del danno conseguente alla mancata utilizzazione del bene ed alla perdita dei suoi frutti per tutto il periodo decorrente dall’inizio dell’occupazione illegittima sino al momento della perdita della proprietà; con il secondo motivo, si lamenta poi sia la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 99, 100, 112, e 113 c.p.c., sia l’omessa motivazione su capo specifico di domanda, ex art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione alla mancata applicazione, in via analogica, del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 42 bis, come criterio di liquidazione del danno da occupazione illegittima di un bene privato da parte di ente pubblico in misura pari al 5% del valore venale del bene per ogni anno di occupazione.

2. Le censure da trattare unitariamente in quanto connesse sono inammissibili.

In relazione alla parte di terreno occupata dal 1993, la Corte di merito ha ritenuto che l’occupazione e la trasformazione del terreno da parte della P.A. costituisse un comportamento di mero fatto, perpetrato in carenza assoluta di potere (a seguito di annullamento da parte del TAR degli atti amministrativi fondanti), che integrava un illecito a carattere permanente, lesivo del diritto soggettivo (ed. occupazione usurpativa), con conseguente risarcibilità alle proprietarie del danno per la perdita del bene, ma reiezione del gravame incidentale in punto di liquidazione di un ulteriore indennizzo ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 42 bis, in mancanza dell’emanazione, da parte della P.A., di un provvedimento di acquisizione sanante, D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 42 bis, delle aree oggetto di occupazione illegittima.

Ora, le ricorrenti, oltre a lamentare del tutto genericamente il mancato riconoscimento di un “ristoro pieno ed effettivo” e dei frutti civili conseguenti all’occupazione acquisitiva dell’area in contestazione (e, al riguardo, la Corte d’appello ha ritenuto inammissibile l’appello incidentale delle stesse per difetto di specificità, ribadendo quindi l’assenza di contestazione sulle modalità di calcolo dell’indennizzo liquidato), assumono che la Corte territoriale avrebbe malamente interpretato la loro richiesta, volta ad un’applicazione non diretta ma analogica del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 42 bis.

Giova richiamare il testo del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 42 bis, commi 1, 3 e 4, introdotto dal D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 34, conv., con modif., in L. 15 luglio 2011, n. 111: “1. Valutati gli interessi in conflitto, l’autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo, della pubblica utilità, può disporre che esso sia acquisito, non retroattivamente, al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario sia corrisposto un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale, quest’ultimo forfettariamente liquidato nella misura del dieci per cento del valore venale del bene. (…) 3. Salvi i casi in cui la legge disponga altrimenti, l’indennizzo per il pregiudizio patrimoniale di cui al comma 1, è determinato in misura corrispondente al valore venale dei bene utilizzato per scopi di pubblica utilità e, se l’occupazione riguarda un terreno edificabile, sulla base delle disposizioni dell’art. 37, commi 3, 4, 5, 6, e 7. Per il periodo di occupazione senza titolo è computato a titolo risarcitorio, se dagli atti del procedimento non risulta la prova di una diversa entità del danno, l’interesse del cinque per cento annuo sul valore determinato ai sensi del presente comma. 4. Il provvedimento di acquisizione, recante l’indicazione delle circostanze che hanno condotto alla indebita utilizzazione dell’area e se possibile la data dalla quale essa ha avuto inizio, è specificamente motivato in riferimento alle attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico che ne giustificano l’emanazione, valutate comparativamente con i contrapposti interessi privati ed evidenziando l’assenza di ragionevoli alternative alla sua adozione; nell’atto è liquidato l’indennizzo di cui al comma 1, e ne è disposto il pagamento entro il termine di trenta giorni. L’atto è notificato, al proprietario e comporta il passaggio del diritto di proprietà sotto condizione sospensiva del pagamento delle somme dovute ai sensi del comma 1, ovvero del loro deposito effettuato ai sensi dell’art. 20, comma 14; è soggetto a trascrizione presso la conservatoria dei registri immobiliari a cura dell’amministrazione procedente ed è trasmesso in copia all’ufficio istituito ai sensi dell’art. 14, comma 2”.

Questa Corte a Sezioni Unite (Cass. 15283/2016), con riguardo specifico all’indennizzo previsto dal comma 3, della disposizione in esame ha affermato che “l’interesse del cinque per cento annuo sul valore venale dell’immobile, menzionato al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 42 bis, comma 3, non è che una voce del complessivo “indennizzo per il pregiudizio patrimoniale” previsto dal comma 1, e da liquidarsi, appunto, ai sensi del comma 3; indennizzo il diritto al quale (nella sua integralità, comprensiva delle voci valore venale, pregiudizio non patrimoniale e interesse del cinque per cento annuo per il periodo di occupazione.) sorge solo a seguito dell’adozione del provvedimento di espropriazione cd. sanante, che deve peraltro contenerne la liquidazione, e il versamento del quale all’espropriato condiziona sospensivamente lo stesso prodursi dell’effetto ablativo”.

Le ricorrenti, a prescindere dalla corretta o meno denuncia di erronea interpretazione della domanda operata dal giudice di merito, stante gli specifici limiti per la relativa censurabilità in cassazione, non spiegano, perchè pur in mancanza di adozione di un provvedimento di acquisizione sanante, sarebbe liquidabile l’indennizzo contemplato dalla disposizione, per effetto di un sua “analogica applicazione”; nè indicano quali siano i frutti civili conseguenti all’illegittima occupazione usurpativa e perchè tali voci sarebbero ulteriori rispetto al quantum di danno loro liquidato.

3. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna le ricorrenti, in solido, al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, in favore del controricorrente Comune di Ragalna, liquidate in complessivi Euro 3.000,00, a titolo di compensi, oltre Euro 100,00 per esborsi, nonchè al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2020

 

 

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