Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28899 del 17/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 17/12/2020, (ud. 12/11/2020, dep. 17/12/2020), n.28899

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18844-2019 proposto da:

M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ATTILIO CONVERSO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI BARI, (OMISSIS),

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI BARI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 838/2019 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 05/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO

TERRUSI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

M.M., proveniente dalla Guinea, ricorre per cassazione contro la sentenza della corte d’appello di Bari che ne ha respinto il gravame in tema di protezionale internazionale;

il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

I. – col primo mezzo il ricorrente, denunziando violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 14, sostiene che, al contrario di quanto ritenuto dal giudice a quo, la vicenda personale posta al fondo della domanda era chiara e priva di contraddizioni, essendo stata invece esaminata in modo superficiale e parziale;

col secondo mezzo, denunziando violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, lamenta che la domanda di protezione sussidiaria sia stata valutata in base a generiche informazioni, senza considerazione delle prove disponibili e reperibile mediante poteri ufficiosi;

eguale tipologia di doglianza è denunziata nel terzo motivo, che deduce la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, il quale suppone l’esercizio da parte del giudice di atti di istruzione anche d’ufficio;

col quarto motivo deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, sostenendo che il giudice di primo grado avrebbe dovuto procedere all’audizione del richiedente e quello d’appello avrebbe dovuto a sua volta valutare i fatti prospettati alla luce della situazione attuale del paese di origine, senza cedere a soggettive opinioni sulla credibilità personale;

II. – tutti i riferiti motivi, connessi e suscettibili di unitario esame, sono inammissibili;

la corte d’appello, confermando la valutazione già resa dal tribunale, ha motivatamente ritenuto non credibile la versione dei fatti fornita dal richiedente a presidio della domanda di protezione, per mancanza di allegazioni pertinenti e chiare e per intrinseca contraddittorietà dell’esposizione; ha poi anche in ogni caso osservato che la situazione socio-politica della Guinea, seppur instabile, non era risultata (in base alle indicazioni provenienti da fonti ufficiali) di livello tale da far ritenere concreto il pericolo di danno, in ragione della sola presenza del richiedente nell’area territoriale;

si tratta di valutazioni di merito, non censurate sul piano dell’omesso esame di fatti storici di diverso segno, delle quali il richiedente tenta semplicemente di sovvertire l’esito;

III. – col quinto e sesto motivo il ricorrente censura la decisione sul versante della protezione umanitaria;

sostiene che: (i) vi sarebbe stata (quinto motivo) la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, quanto all’accertamento della situazione di vulnerabilità, per avere il richiedente lasciato il proprio paese in giovane età e intrapreso un percorso formativo ed educativo in Italia, in mancanza di una rete parentale; e che (ii) in tal senso (sesto motivo) non sarebbe stata esaminata la documentazione prodotta;

entrambi i motivi sono inammissibili;

l’assunto in essi sostenuto è per la massima parte composto da citazioni giurisprudenziali;

codeste tuttavia non sono pertinenti a fronte dell’esplicita affermazione della corte d’appello secondo la quale, in concreto, nessuna specifica condizione di vulnerabilità era stata allegata (prima ancora che provata), neppure sul versante del percorso di integrazione instaurato in Italia (v. Cass. Sez. U n. 29459-19);

la domanda è stata dunque disattesa sul preliminare versante dell’inidoneità dell’allegazione, e avverso tale giudizio non risultano prospettate concrete censure;

IV. – il settimo motivo, col quale il ricorrente si duole dell’avvenuta revoca dell’ammissione a patrocinio a spese dello stato, è inammissibile in nuce, come questa Corte ha più volte affermato;

la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato adottata con la sentenza che definisce il giudizio di appello, anzichè con separato decreto, come previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, non comporta mutamenti nel regime impugnatorio che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione del cit. D.P.R., ex art. 170, dovendosi escludere che la pronuncia sulla revoca, in quanta adottata con sentenza, sia, per ciò solo, impugnabile immediatamente con il ricorso per cassazione (Cass. n. 29228-17, Cass. n. 16117-20).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2020

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