Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28898 del 08/11/2019

Cassazione civile sez. I, 08/11/2019, (ud. 25/06/2019, dep. 08/11/2019), n.28898

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20667/2018 proposto da:

H.A., elettivamente domiciliato in Roma Via Chisimaio, 29,

presso lo studio dell’avvocato Marilena Cardone che lo rappresenta e

difende in forza di procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 496/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 29/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/06/2019 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE

SCOTTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, H.A., cittadino del (OMISSIS), ha impugnato dinanzi al Tribunale di Milano il provvedimento con cui la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

Il ricorrente, cittadino del (OMISSIS), non militante di alcun partito, aveva dichiarato di essersi rifiutato di effettuare attività di volantinaggio per il partito (OMISSIS); a causa di tale rifiuto la casa gli era stata bruciata; di essersi quindi trasferito con la famiglia in altro quartiere e di aver lasciato il Paese per le condizioni economiche della famiglia di cui doveva farsi carico quale primogenito; di temere, in caso di rimpatrio, azioni violenti degli esponenti del partito (OMISSIS) e le condizioni politiche, sanitarie e sociali del Bangladesh.

Con ordinanza del 25/1/2016 il Tribunale di Milano ha rigettato il ricorso, negando la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento di qualsiasi forma di protezione.

2. Avverso la predetta decisione ha proposto appello H.A., a cui ha resistito il Ministero dell’Interno.

Con sentenza del 29/1/2018 la Corte di appello di Milano ha rigettato l’appello, a spese compensate.

3. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione H.A., con atto notificato il 5/7/2018, con il supporto di tre motivi.

L’intimata Amministrazione dell’Interno non si è costituita.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 4 e art. 7.

1.1. Secondo il ricorrente, erroneamente la Corte di appello non aveva reputato l’incendio doloso della casa del ricorrente come atto persecutorio diretto e personale, idoneo a far presumere il rischio di ulteriori atti aggressivi della stessa natura.

1.2. La censura non è pertinente e specifica rispetto alla ratio decidendi del provvedimento impugnato, che ha giudicato generica la narrazione della violenza subita (incendio dell’abitazione) per non aver accettato di svolgere attività di propaganda del partito (OMISSIS), senza affermare affatto che una simile vicenda, se ritenuta specifica, circostanziata e attendibile, non avrebbe radicato un ragionevole timore di esposizione ad attacchi della medesima natura.

Inoltre e soprattutto, la Corte di appello ha addotto una ulteriore ratio decidendi, rilevando che il ricorrente aveva riconosciuto, sia in sede amministrativa, sia in sede giurisdizionale, di aver lasciato il proprio paese per l’esigenza di reperire migliori condizioni di vita, configurando così un quadro migratorio prettamente economico.

2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in ordine al dovere di cooperazione istruttoria in ordine alle condizioni dell’attuale sistema giudiziario operativo in Bangladesh; inoltre il ricorrente era stato costretto a partecipare alle manifestazioni del partito di opposizione (OMISSIS) e ha subito perciò l’incendio della casa; l’addebito circa la mancata presenza del ricorrente all’udienza di precisazione conclusioni era illogico e contraddittorio, vista la presenza del difensore munito di procura.

Anche questa seconda censura non coglie il segno, per le stesse ragioni della precedente: difetto di specificità e pertinenza rispetto alla ricordata ratio decidendi.

La mancata comparizione personale del richiedente all’udienza di precisazione delle conclusioni è solo incidentalmente enunciata, ma non addotta come motivo di rigetto di una delle sue domande.

3. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione con riferimento al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in ordine alla mancata concessione della protezione umanitaria, tenuto conto della vulnerabilità del richiedente asilo e alle condizioni del paese di origine.

La rivendicazione della situazione di vulnerabilità soggettiva del richiedente è formulata in modo del tutto generico, mentre la Corte territoriale ha dato rilievo alla carenza di prova aggiornata da parte sua di un percorso effettivo di integrazione sul territorio italiano.

4. Il ricorso deve quindi essere rigettato.

Nulla sulle spese in difetto di costituzione dell’Amministrazione.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 25 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2019

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