Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28893 del 17/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 17/12/2020, (ud. 12/11/2020, dep. 17/12/2020), n.28893

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 996-2019 proposto da:

(OMISSIS) SRL (OMISSIS) IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

MANTEGAZZA 24, presso lo studio del Dott. MARCO GARDIN,

rappresentata e difesa dall’avvocato LUCIO GIUSEPPE LONGO;

– ricorrente –

contro

ADER – AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE, in persona del Presidente

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che la rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL (OMISSIS) IN LIQUIDAZIONE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 5307/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 30/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO

TERRUSI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

su istanza di Agenzia delle entrate-Riscossione, il tribunale di Milano ha dichiarato il fallimento di (OMISSIS) s.r.l. – (OMISSIS) in liquidazione;

la società ha proposto reclamo ai sensi dell’art. 18 L. Fall., poichè il tribunale (a) aveva acquisito d’ufficio l’estratto dei ruoli e posto a base della decisione una questione rilevata d’ufficio, violando l’art. 101 c.p.c.; (b) aveva ritenuto la società soggetta a fallimento nonostante fosse stato documentato, mediante i bilanci, l’inesistenza dei presupposti di fallibilità;

la corte d’appello di Milano ha disatteso il reclamo e contro la sentenza è ora proposto ricorso per cassazione in due motivi, illustrati da memoria;

la curatela resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

I. – col primo motivo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1,15 e 18 L. Fall., artt. 101,115 e 342 c.p.c. e l’omesso esame di fatto decisivo;

nuovamente lamenta che il fallimento sia stato dichiarato per debiti fiscali, anche non scaduti, di ammontare superiore a 500.000,00 EUR, ma non sulla scorta della prova offerta dall’istante (l’Agenzia delle entrate-Riscossione), bensì per il tramite dell’acquisizione d’ufficio dell’estratto di ruolo; il quale estratto avrebbe potuto sì essere acquisito, ma “solo ove le difese del debitore o le mancate difese dello stesso (avessero potuto) portare al fallimento dell’imprenditore”;

lamenta inoltre che sia stata negata la possibilità di interloquire sulla risultanza dell’estratto, mediante la fissazione di un’apposita ulteriore udienza istruttoria;

II. – sotto il primo profilo il motivo è manifestamente infondato;

la corte d’appello ha premesso che il tribunale aveva “preso in esame quanto opposto dalla resistente secondo cui il credito complessivo ammontava ad Euro 486.306,27” a fronte di un carico fiscale che l’Agenzia delle entrate-Riscossione aveva indicato in 606.004,84 EUR;

ne consegue che l’acquisizione documentale (dell’estratto di ruolo), essendo funzionale giustappunto alla verifica dell’ammontare del debito non scaduto, era consentita dall’art. 15 L. Fall., avendo questa Corte chiarito che, in tema di procedimento per la dichiarazione di fallimento, i poteri di indagine officiosa previsti dall’art. 15 L. Fall. sono finalizzati a colmare le eventuali lacune probatorie dell’interessato, fermi i fatti oggetto di allegazione difensiva delle parti (Cass. n. 6991-19, Cass. n. 1364313);

III. – sotto il secondo profilo il motivo è inammissibile;

è inconferente citare a corredo di esso il principio che vieta al giudice di considerare una questione rilevabile d’ufficio senza sottoporla al contraddittorio (è menzionata Cass. n. 2340-17);

lo è in quanto nella specie non si è trattato di questione del genere, ma di semplice acquisizione istruttoria nell’ambito dell’unica questione sollevata dalla stessa parte;

il punto è invece rappresentato dall’affermazione della corte territoriale – netta e non censurata in questa sede per cui era onere della società proporre le opportune difese nella sede del reclamo, da contrapporre a tutti i fatti e alle circostanze posti a base della dichiarazione di fallimento;

tale considerazione è esatta, visto che l’art. 18 legge fati., ridenominando l’impugnazione della sentenza di fallimento come “reclamo” in luogo del precedente “appello”, implica la inoperatività dei limiti previsti, in tema di appello, dagli artt. 342 e 345 c.p.c., così che il debitore, perfino se non costituito innanzi al tribunale, può sempre indicare in sede di reclamo i mezzi di prova di cui intende avvalersi, anche per la prima volta, al fine di dimostrare la sussistenza dei limiti di fallibilità di cui all’art. 1, comma 2, L. Fall. (ex aliis Cass. n. 4893-19, Cass. n. 9174-12);

che ciò sia avvenuto non risulta neppure dedotto, sicchè l’attuale doglianza, calibrata su una presunta e irrilevante omissione del giudice che aveva dichiarato il fallimento, si presenta estranea all’effettiva (ed essenziale) ratio della decisione assunta in sede di reclamo;

IV. – col secondo mezzo la ricorrente denunzia la violazione dell’art. 1, L. Fall., L. n. 335 del 1995, art. 3,artt. 1953,2946 e 2948 c.c., nonchè l’omesso esame di fatto controverso;

il motivo si basa sull’affermazione che il debito fiscale portato da alcune delle cartelle esattoriali era estinto per avvenuta prescrizione ed è teso a dire che tale circostanza non sia stata considerata dalla corte d’appello, la quale avrebbe omesso di decidere sul punto e comunque avrebbe erroneamente ascritto la cartella all’ammontare dei debiti contestati, per poi computarla senza valutare il fondamento dell’eccezione; ciò a dispetto, invece, di quanto ritenuto dalle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 23397 del 2016 in tema di prescrizione quinquennale del credito fiscale e contributivo anche nel caso di mancata o tardiva opposizione della cartella esattoriale;

V. – il motivo è inammissibile;

occorre difatti precisare, anche in relazione a quanto affermato dalla ricorrente in memoria, che la contestazione dell’ammontare dell’indebitamento, conseguente all’eccepita prescrizione di alcune delle cartelle esattoriali, niente toglie alla necessità di considerare comunque i corrispondenti crediti, poichè semplicemente contestati;

questa Corte ha chiarito che, ai fini della verifica del requisito di fallibilità previsto dall’art. 1, comma 2, lett. c), L. Fall., nel testo introdotto dal D.Lgs. n. 169 del 2007, è necessario considerare, nel quantum dell’esposizione debitoria, anche i crediti contestati, trattandosi di un dato oggettivo che non si sottrae alla valutazione del giudice chiamato a decidere sull’apertura della procedura concorsuale, anche se la relativa pronuncia non pregiudica l’esito della eventuale controversia volta all’accertamento di quel debito (v. Cass. n. 20877-15, Cass. n. 601-17);

VI. – in questa prospettiva peraltro va aggiunto che la corte d’appello non ha mancato di svolgere la valutazione afferente, avendo specificamente affermato che, delle due cartelle oggetto dell’eccezione, una (quella Inps n. (OMISSIS)) era comunque certamente da computare, perchè il credito suddetto, in base all’esame delle varie cartelle fatte in sede di verifica dei crediti, era da considerare non prescritto; cosa che toglie ogni valore all’odierna censura, dal momento che la stessa ricorrente – a pag. 10 del ricorso – ha specificato esser stata tale cartella di ammontare pari a 104.319,03 EUR, con conseguente palese il superamento della soglia di fallibilità, essendo stato l’ammontare dell’indebitamento ammesso dalla ricorrente medesima per 486.306,27 EUR; il ricorso è quindi rigettato;

le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in 7.100,00 EUR, di cui 100,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2020

 

 

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