Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28892 del 12/11/2018

Cassazione civile sez. II, 12/11/2018, (ud. 06/06/2018, dep. 12/11/2018), n.28892

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27230-2014 proposto da:

Z.S., Z.A., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA FOGLIANO, 4/A, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO MANTELLA,

rappresentati e difesi dall’avvocato ELIO FERRARA;

– ricorrenti –

contro

T.M., T.N., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

MORDINI 14, presso lo studio dell’avvocato ANTONINO V.E. SPINOSO,

che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato MASSIMO

GRATTAROLA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il

13/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/06/18 dal consigliere Dott. ELISA PICARONI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Torino, con sentenza depositata il 13 maggio 2014, ha accolto l’appello proposto da T.M. e T.N. avverso la sentenza del Tribunale di Alessandria n. 553 del 2011, e nei confronti di Z.A. e Z.S..

1.1. Il Tribunale aveva accolto la domanda proposta nel 2001 da T.M., di accertamento dell’acquisto per usucapione della proprietà del fondo sito in (OMISSIS), identificato al NCEU al foglio (OMISSIS).

2. La Corte d’appello, nel giudizio proseguito nei confronti degli eredi dell’attrice, ha riformato la decisione sul rilievo che la coltivazione del fondo per il periodo ultraventennale non era di per sè era sufficiente a dimostrare il possesso ad usucapionem; che nella specie il terreno era stato oggetto di comodato tra le parti, e la detenzione non si era mai trasformata in possesso, stante l’assenza di atti di interversione, nè vi era prova che la recinzione che inglobava il fondo in contestazione fosse stata eretta dall’attrice.

3. Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso Z.A. e Z.S., sulla base di quattro motivi. Resistono con controricorso T.M. e T.N.. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati.

2. Con il primo motivo è denunciato omesso esame di un fatto decisivo, costituito dalla circostanza che la recinzione di cui si discuteva era stata eretta dagli appellanti sul fondo identificato con il mappale 105, laddove il fondo oggetto della domanda di usucapione, identificato con il mappale (OMISSIS), era rimasto fuori dalla recinzione. La circostanza, correttamente intesa dal Tribunale, era stata travisata dalla Corte d’appello.

2.1. La doglianza è inammissibile per difetto di autosufficienza.

Il ricorso non riporta la sentenza di primo grado nè le difese dei convenuti, e quindi non rende possibile l’esame della questione riguardante la recinzione, essendo precluso a questa Corte l’accesso diretto agli atti a fronte della denuncia di vizio di motivazione (ex plurimis e da ultimo, Cass. 06/10/2017, n. 23452).

3. Con il secondo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione degli artt. 1803-1810 c.c. nonchè omesso esame di un fatto decisivo, e si contesta la ricostruzione della relazione tra l’originaria attrice e il fondo in contestazione in termini di comodato, che la Corte d’appello aveva presunto senza considerare che era stato dimostrato (dichiarazioni teste Za.An.) che l’attrice aveva concesso in affitto il fondo a terzi.

4. Con il terzo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione dell’art. 1141 c.c. e si contesta che la Corte d’appello ha ritenuto di presumere l’esistenza del comodato, neppure invocato dalla controparte.

5. Le doglianze, che possono essere esaminate congiuntamente in quanto prospettano questioni connesse, sono fondate.

5.1. La Corte d’appello ha richiamato la giurisprudenza di legittimità secondo cui, ai fini della prova degli elementi costitutivi dell’usucapione, non è sufficiente dimostrare di aver coltivato il fondo in quanto detta attività non esprime, di per sè, in modo inequivocabile, l’intento del coltivatore di possedere, occorrendo che tale attività materiale, corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà, sia accompagnata da indizi i quali consentano di presumere che essa è svolta uti dominus (Cass. 29/07/2013, n. 18215).

Su tale premessa, la Corte d’appello ha ritenuto che, nel caso di specie, poichè i proprietari del fondo (mappate (OMISSIS)) avevano il possesso del bene e non si erano opposti alla coltivazione di esso da parte degli appellati, ne seguiva che le parti avessero stipulato per fatti concludenti un comodato.

5.2. In disparte l’ambivalenza del riferimento alla non opposizione dei proprietari a che il fondo fosse coltivato dalla originaria attrice – riferimento che rimanda al diverso tema degli atti di tolleranza – la conclusione cui è giunta la Corte d’appello è frutto di erronea applicazione dei principi in tema di prova del possesso.

Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, infatti, la prova dell’animus possidendi può essere desunta in via presuntiva dalle caratteristiche del corpus possessionis, se vi è stato esercizio di attività corrispondenti all’esercizio del diritto di proprietà, rimanendo in tal caso a carico della controparte l’onere di dimostrare che la disponibilità della res è stata conseguita dall’attore mediante un titolo che gli conferiva un diritto di carattere soltanto personale (ex plurimis, Cass. 27/09/2017, n. 22667; Cass. 13/12/2001, n. 15755).

La sentenza impugnata, per un verso, non ha svolto alcun esame delle caratteristiche del corpus possessionis, onde non è comprensibile la ragione per cui la coltivazione ultraventennale del fondo da parte dell’originaria attrice non potesse costituire esercizio di attività corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà, e, per altro verso, ha ricostruito il rapporto in termini di detenzione da comodato senza neppure chiarire se gli appellanti avessero allegato e provato l’esistenza del contratto.

6. L’accoglimento del secondo e del terzo motivo assorbe il quarto motivo, nel quale è denunciata violazione o falsa applicazione dell’art. 1810 c.c., e impone la cassazione della sentenza impugnata con rinvio, per un nuovo esame della domanda di usucapione.

Il giudice del rinvio, designato in dispositivo, provvederà anche a liquidare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso, assorbito il quarto motivo, dichiara inammissibile il primo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, ad altra sezione della Corte d’appello di Torino.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 6 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2018

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