Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28882 del 08/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 08/11/2019, (ud. 13/09/2019, dep. 08/11/2019), n.28882

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29604-2018 proposto da:

K.U.N., elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE ANGELICO 38,

presso lo studio dell’avvocato MAIORANA ROBERTO, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto R.G. 8862/2018 del TRIBUNALE di ROMA, depositato

il 05/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. TRICOMI

LAURA.

Fatto

RITENUTO

Che:

Il Tribunale di Roma, con il decreto depositato il 5/9/2018 in epigrafe indicato, ha rigettato il ricorso proposto da K.U.N. avverso il provvedimento che ha dichiarato cessata la protezione sussidiaria, avendo riscontrato che dopo il riconoscimento della protezione sussidiaria il ricorrente si era recato per due volte in Pakistan, dove risiedeva la sua famiglia, trattenendosi a lungo senza subire alcuna minaccia personale, ed ha escluso anche la sussistenza per il riconoscimento di forme di protezione internazionale gradate.

K.U.N. ha proposto ricorso per cassazione il 4/10/2018 con due mezzi; il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.

Il cittadino straniero ha riferito di avere fatto ritorno in Pakistan, nonostante gli fosse stata riconosciuta la protezione sussidiaria, per assistere la moglie malata.

Il Tribunale ha ritenuto che il ripetuto ritorno in patria, era difficilmente compatibile con un’effettiva esigenza di protezione internazionale e che la zona di provenienza, Khyber Pakhtunkhwa, era interessata da un’elevata minaccia terroristica, rivolta tuttavia in modo non indiscriminato prevalentemente verso obiettivi “ufficiali” (rapporto EASO 2017).

Sono stati ritenuti sussistenti i presupposti per la trattazione camerale ex art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 15.

A parere del ricorrente non poteva essere dichiarata la cessazione della protezione sussidiaria poichè le condizioni oggettive del Pakistan che ne avevano determinato il riconoscimento non erano mutate e si duole dell’omessa valutazione da parte del Tribunale delle istanze portate in giudizio da parte del ricorrente.

Il motivo è inammissibile.

Il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 15, prevede: “Art. 15. Cessazione 1. La cessazione dello status di protezione sussidiaria è dichiarata su base individuale quando le circostanze che hanno indotto al riconoscimento sono venute meno o sono mutate in misura tale che la protezione non è più necessaria. 2. Per produrre gli effetti di cui al comma 1, è necessario che le mutate circostanze abbiano natura così significativa e non temporanea che la persona ammessa al beneficio della protezione sussidiaria non sia più esposta al rischio effettivo di danno grave di cui all’art. 14 e non devono sussistere gravi motivi umanitari che impediscono il ritorno nel Paese di origine.”

Il Tribunale, nel valutare l’impugnazione, si è attenuto al disposto normativo indicato in quanto non si è limitato a considerare il comportamento del ricorrente, che è tornato più volte in Pakistan dove vivono la moglie ed i figli, anche minori, ed ha dichiarato di non avere subito minacce, ma ha valutato le condizioni polito/sociali attuali del Paese di provenienza.

Il ricorrente sollecita un improprio riesame di incensurabili apprezzamenti di fatto operati dai giudici di merito, i quali hanno escluso la sussistenza in concreto dei presupposti di legge del danno grave, ai fini della protezione sussidiaria.

Nè il precedente di merito favorevole ad altro richiedente, in assenza della trascrizione dell’atto introduttivo, necessaria ad apprezzarne la concreta e specifica rilevanza, può condurre a diversa conclusione.

2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta il mancato riconoscimento della protezione umanitaria.

Il motivo, quantunque prospetti una violazione di legge, si limita ad invocare in modo generico l’applicazione delle norme ed a elencare precedenti giurisprudenziali senza illustrare -con riferimento alla concreta fattispecie – in cosa sia consistita la violazione attribuita al giudicante di merito (Cass. n. 5001 del 02/03/2018; Cass. n. 24298 del 29/11/2016).

Inoltre in rdzione alla richiesta di protezione umanitaria, in disparte dagli effetti del D.L. 4 ottobre 2018, n. 113, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 10 dicembre 2018, n. 132, art. 1, comma 1, risulta dirimente il difetto di qualsivoglia allegazione individualizzante in punto di vulnerabilità, senza che la insussistenza dei presupposti accertata dal Tribunale trovi una adeguata e puntuale replica nell’illustrazione del motivo di ricorso.

Resta da aggiungere che la riscontrata non individualizzazione dei motivi umanitari e di ragioni di vulnerabilità diverse da quelle poste a base della richiesta di altre forme di protezione non può esser surrogata dalla situazione generale del Paese, perchè altrimenti si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti.

3. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

Non si provvede sulle spese per assenza di attività difensive della controparte.

Sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, del per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

– Dichiara inammissibile il ricorso;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 13 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2019

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