Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28881 del 17/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 17/12/2020, (ud. 12/11/2020, dep. 17/12/2020), n.28881

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18399-2019 proposto da:

D.A. elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MARIO NOVELLI;

– ricorrente –

Contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto N. R.G. 6130/2018 del TRIBUNALE di ANCONA,

depositato il 02/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. TRICOMI

LAURA.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

D.A., nato in Senegal, con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008 ex art. 35, ha impugnato dinanzi il Tribunale di Ancona, con esito sfavorevole, il provvedimento di diniego della Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale in tutte le sue forme.

In particolare, il Tribunale ha ritenuto non credibile il racconto del richiedente – il quale, come riferito in ricorso, aveva detto di essere fuggito a seguito di ripetuti contrasti insorti con il suocero, di fede sunnita, che aveva prima costretto la figlia ad indossare il velo cercando di allontanarla da lui, e poi con insistenza, giungendo a sequestrarlo, aveva cercato di convertirlo alla fede sunnita – perchè non circostanziato, incoerente e contraddittorio.

Il Tribunale, in particolare, ha ritenuto che la vicenda narrata, non integrava gli estremi per il riconoscimento dello status di rifugiato perchè non emergevano condotte persecutorie; stante la non credibilità del racconto del richiedente, ha escluso la riconoscibilità della protezione sussidiaria ex art. 14, lett. a) e b); quanto alla protezione sussidiaria richiesta ex art. 14, lett. c), ha ritenuto che non vi era una condizione oggettiva di pericolo direttamente riferibile alla zona geografica di provenienza, in quanto in Senegal non si ravvisava la presenza di un conflitto armato tale da comportare una minaccia individualizzata a danno del ricorrente (come risultava da COI 2017/2018, fra altre). Infine, ha denegato anche il permesso per motivi umanitari, poichè non ricorrevano le condizioni per la concessione, in difetto di rilevanti situazioni di vulnerabilità e di integrazione sociale in Italia.

Avverso la suddetta pronuncia, il richiedente propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi. Il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.

E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale ex art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3. Il ricorrente si duole della valutazione di non credibilità e lamenta la mancata attivazione di poteri officiosi di indagine sulla situazione generale del Paese di provenienza.

1.2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c) in ragione del mancato riconoscimento della protezione sussidiaria, nonostante la sussistenza di un pericolo di danno grave alla persona in Senegal.

1.3. Con il terzo motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, lamentando una insufficiente istruttoria sulla grave situazione oggettiva della regione di provenienza, a suo dire, sufficiente a consentire il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

1.4.. Con il quarto motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e ci si duole che non si sia tenuto conto della situazione socio/politica del Paese di origine.

2.1. I motivi, da trattarsi congiuntamente perchè affrontano sostanzialmente le medesime questioni, vanno dichiarati inammissibili.

2.2. Lungi dal confrontarsi con la statuizione impugnata di non credibilità, il ricorrente sollecita un sindacato di fatto conforme alle sue personali aspettative, inammissibile in sede di legittimità.

Nel caso di specie il ricorrente non ha indicato alcun fatto di cui sia stato omesso l’esame, di guisa che la censura non risponde nemmeno al modello legale del vizio motivazionale e si palesa del tutto astratta (Cass. n. 3340 del 05/02/2019).

Inoltre, la doglianza risulta essere assolutamente generica (Cass. n. 5001 del 2/3/2018; Cass. n. 24298 del 29/11/2016), quanto alla mancata attivazione dei poteri officiosi del giudice investito della domanda di protezione e, per conseguenza, risulta priva di decisività, non solo perchè l’approfondimento istruttorio circa le condizioni socio/politiche del Senegal vi è stato, ma anche perchè non viene indicato quali siano le informazioni che, in concreto, avrebbero potuto determinare l’accoglimento del ricorso (in tema, Cass. n. 2119 del 24/1/2019), nè viene spiegato in che modo il richiedente avesse tempestivamente dedotto davanti al giudice di merito la sussistenza di elementi particolari riguardanti il Paese di provenienza, rilevanti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, ovvero ai fini del riconoscimento del permesso di soggiorno umanitario (cfr. Cass. n. 4455 del 23/2/2018).

Invero, le plurime censure configurano una pura e semplice critica di merito riguardante l’accertamento di fatto della insussistenza dei presupposti richiesti ed un’impropria sollecitazione al riesame; sono, inoltre, formulate in termini del tutto astratti, mediante la riproduzione di norme e precedenti giurisprudenziali, ma non dei pregressi atti di giudizio nei loro passaggi significativi ed individualizzanti il tema in esame, e senza spiegare se le questioni proposte siano state tempestivamente sottoposte al giudice di merito (Cass. n. 15430 del 13/06/2018) e se gli siano state indicate le fonti riportate in ricorso, posto che questi ha approfonditamente esaminate le COI indicate nel decreto ed ha formulato una propria articolata motivazione, escludendo anche la presenza di una situazione di violenza ed insicurezza e/o di grave instabilità nella zona di provenienza.

3. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

Non si provvede sulle spese, in assenza di attività difensive dell’intimato.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

PQM

– Dichiara inammissibile il ricorso;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2020

 

 

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