Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2888 del 05/02/2021

Cassazione civile sez. I, 05/02/2021, (ud. 18/11/2020, dep. 05/02/2021), n.2888

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MELONI Marina – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8147/2019 proposto da:

M.S., elettivamente domiciliato in Roma Via Dello Giuliana,

32 presso lo studio dell’avvocato Gregorace Antonio che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, Procura Generale Repubblica Presso Corte

Suprema Cassazione;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1400/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 27/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dei

18/11/2020 dal cons. SOLAINI LUCA.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

La Corte d’appello di Torino ha respinto il gravame proposto da M.S. cittadino del Mali, avverso l’ordinanza del Tribunale di Torino che confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale aveva negato al richiedente riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

Il ricorrente, ha riferito di aver dovuto lasciare il proprio paese perchè cacciato dal proprio villaggio di Lewa, nella regione di Kayes a sud del Mali a causa della sua ferma opposizione a che alla sorella venisse praticata la mutilazione dei genitali, e di non aver ricevuto ospitante, negli altri villaggi, presso cui si era recato.

A sostegno della propria decisione di rigetto, la Corte distrettuale fra ritenuto il richiedente non credibile per molteplici incongruenze deiia vicenda narrata, così che non gli è stato riconosciuto nè lo status d, rifugiato nè la protezione sussidiaria, di cui alle ipotesi delle lettere a) e b), mentre, in riferimento alla situazione politica generale del Mali, la Corte d’appello, sulla base delle fonti d’informazione, non ha rilevato alcuna situazione di conflitto, interessante l’intero paese, caratterizzata da violenza indiscriminata. Inoltre, la Corte d’appello non ha ravvisato la sussistenza dei “seri motivi” per il riconoscimenti della protezione umanitaria.

Contro la sentenza della medesima Corte d’Appello è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte, solo atto di costituzione.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

Il ricorrente censura la decisione della Corte d’appello: (1) sotto un primo profilo, per violazione della Direttiva 2004/83/CE, recepita da D.Lgs. n. 251 del 2007, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riferimento alle dichiarazioni rese dal ricorrente e al mancato supporto probatorio; (2) sotto un secondo profilo, per omesso esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente alla Commissione Territoriale e delle allegazioni portate in giudizio per la valutazione delle condizioni del paese di origine del ricorrente, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; (3) sotto un terzo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per la mancata concessione della protezione della protezione sussidiaria; (4) sotto un quarto profilo, per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 comma 6, per la mancata concessione dei permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Il primo motivo è infondato.

Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte “Nei giudizi in materia di protezione internazionale il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) nel ricorso non vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda (sufficientemente distinti da quelli allegati nella fase amministrativa, circostanziati e rilevanti); b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) il richiedente faccia istanza di audizione nel ricorso, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile” (Cass. n. 21584/27, 22049/20).

Nella specie, la Corte d’appello ha rilevato come il richiedente non abbia indicato alcun fatto o circostanza specifica nuova e concreta su cui essere nuovamente sentito nè quali fatti e circostanze non sarebbero stati riferiti al giudice di primo grado e che invece avrebbero avuto una rilevanza significativa tale da poter condurre la Corte d’appello a una decisione diversa. Per il resto il motivo è inammissibile perchè censura la valutazione – discrezionale da parte del giudice – delle dichiarazioni del ricorrente (cfr. Cass. n. 1892/16).

Il secondo e terzo motivo, che possono essere oggetto di un esame congiunto, perchè entrambi relativi alla valutazione della situazione generale del Mali condotta dalla Corte d’appello e declinati sia dal punto di vista della violazione di legge che dell’omesso esame di un fatto decisivo, sono fondati, con assorbimento del quarto motivo.

Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Cortei l’esame officioso della situazione generale esistente nel Paese di origine del cittadino straniero svolto dal giudice del merito deve essere specifico e dar conto delle fonti di informazione consultate (Cass. n. 11101/19) che devono essere precise ed aggiornate, secondo quanto statuito dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3. Nel caso di specie, la Corte d’appello ha utilizzato fonti non aggiornate (in particolare del 2015, v. foglio 8 della sentenza impugnata), come evidenziato dal ricorrente alla p. 8 del ricorso, il quale alla p. 7 del medesimo ricorso riporta delle COI aggiornate al novembre 2016, che riferiscono una differente situazione del Mali, rispetto a quella a cui ha fatto riferimento la Corte distrettuale.

Pertanto, in accoglimento del secondo e terzo motivo, rigettato il primo e assorbito il quarto, la sentenza va cassata e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Torino, affinchè, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Accoglie il secondo e terzo motivo di ricorso, rigetta il primo e assorbe il quarto.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 18 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2021

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