Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28878 del 27/12/2011

Cassazione civile sez. I, 27/12/2011, (ud. 27/10/2011, dep. 27/12/2011), n.28878

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – rel. Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 23403-2007 proposto da:

TECNOCOSTRUZIONI COSTRUZIONI GENERALI S.P.A. (già ZECCHINA

COSTRUZIONI S.P.A.), nella qualità di capogruppo mandataria dell’ATI

Tecnocostruzioni Costruzioni Generali spa, Ing. Carriero e Baldi spa,

Coinpre srl, Impresa Edile geom. Donato Callisto, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA AMITERNO 3, presso l’avvocato BUONAVOGLIA GIOVANNA, rappresentata

e difesa dagli avvocati DEL FLATO CARMINANTONIO, D’ESPOSITO EUGENIO,

CAPITANIO FRANCESCO MARIA, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNITA’ MONTANA ALTO TAMMARO, in persona del Presidente pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A. CARONCINI 35,

presso l’avvocato DAMIANO GIANCARLO, rappresentata e difesa

dall’avvocato SANDOMENICO CARMELO, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1377/2007 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 03/05/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/10/2011 dal Consigliere Dott. RENATO BERNABAI;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato SANDOMENICO che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 28 maggio 2001 la TECNOCOSTRUZIONI-COSTRUZIONI GENERALI s.p.a., nella veste di capogruppo mandataria di un raggruppamento temporaneo di imprese, contestualmente indicate, rimasta aggiudicataria dell’appalto dell’opera pubblica di una strada di collegamento (OMISSIS), per l’importo complessivo, chiavi in mano, di L. 44.165.618.596, la cui esecuzione, allo stato, era limitata all’ammontare del finanziamento disponibile di L. 21.625.123 491, adiva la procedura arbitrale, ai sensi della clausola 22 del contratto d’appalto, per sentire accertare l’inadempimento della committente COMUNITA’ MONTANA ALTO TAMMARO che aveva invece affidato ad altra impresa il completamento dell’opera; con il conseguente risarcimento dei danni.

Nel costituirsi la Comunità Montana Alto Tammaro eccepiva, in via pregiudiziale, l’inammissibilità del procedimento arbitrale – in quanto il presunto inadempimento non era riferibile al contratto stipulato, relativo solo al primo lotto di lavori – nonchè la tardività dell’istituzione di arbitrato e della nomina dell’arbitro di parte attrice e della formulazione dei quesiti; e nel merito, l’infondatezza della domanda, come da giudicato amministrativo formatosi a seguito di conformi pronunce del Tar Campania e del Consiglio di Stato di rigetto del ricorso contenenti le medesime censure.

Il collegio arbitrale, con lodo depositato il 27 settembre 2005, rigettate le eccezioni pregiudiziali, accoglieva la domanda e condannava la Comunità montana al risarcimento dei danni, liquidato nella somma di Euro 530.000,00.

Dichiarato esecutivo dal Tribunale di Benevento in data 29 dicembre 2005, il lodo arbitrale era impugnato dalla Comunità montana dinanzi alla Corte d’appello di Napoli che, con sentenza 3 maggio 2007, dichiarava inesistente il lodo, per illegittima estensione della clausola compromissoria ad una controversia estranea al contratto di appalto del primo lotto, in cui essa era inserita.

Avverso la sentenza proponeva ricorso per cassazione la Tecnocostruzioni, nella sua qualità di capogruppo dell’A.T.I., con atto notificato il 26 luglio 2007.

Deduceva:

1) la violazione dell’art. 808 c.p.c., e art. 829 c.p.c., comma 1, n. 4 e la carenza di motivazione per la mancata valutazione della portata della clausola compromissoria di cui all’art. 22 del contratto d’appalto, di portata amplissima;

2) la violazione dei medesimi articoli e il vizio di motivazione per mancata indicazione dell’iter logico seguito nel negare la potestas iudicandi;

3) la violazione di legge e l’insufficiente motivazione del mancato rilievo dell’inammissibilità dell’impugnazione, priva di censura specifica del lodo, nella parte in cui aveva disatteso l’eccezione di carenza di giurisdizione.

Resisteva con controricorso la Comunità Montana Alto Tammaro.

All’udienza del 27 Ottobre 2011 il Procuratore generale ed il difensore della Comunità Montana Alto Tammaro precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è inammissibile per carenza dei requisiti di cui all’art. 366-bis cod. proc. civile.

Premesso che la predetta norma si applica ai ricorsi proposti avverso provvedimenti pubblicati a far data dal 2 marzo 2006, senza che abbia alcun rilievo la data di notifica del provvedimento da impugnare (Cassazione civile, sez. 3, 5 giugno 2007, n. 13067), si osserva come il requisito sia tuttora applicabile, ratione temporis, per i ricorsi proposti prima della sua abrogazione per effetto della L. 18 giugno 2009, n. 69. Non solo perchè alla stregua del principio generale di cui all’art. 11 disp. gen., comma 1, in mancanza di espressa disposizione contraria, la norma non dispone che per l’avvenire e non ha effetto retroattivo (avendo l’abrogazione solo l’effetto di porre un limite temporale finale alla sua vigenza); ma anche in virtù della disposizione specifica di cui alla citata L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5, secondo cui lo jus superveniens si applica ai ricorsi per cassazione proposti avverso provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore della medesima legge (4 luglio 2009): con la conseguenza che per quelli antecedenti (dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40: e cioè, dal 2 marzo 2006) la formulazione del quesito di diritto per ogni singola censura è ancora richiesta a pena di inammissibilità (Cass., sez. 3, 24 marzo 2010, n. 7119; Cass., sez. 2, 27 settembre 2010, n. 20.323).

Nel ricorso in esame i motivi di ricorso sono del tutto sprovvisti del quesito conclusivo, per quanto riguarda le censure di violazione di legge.

Del pari inammissibili per violazione dell’art. 366 bis cod. proc. civ. sono le doglianze ex art. 360, comma 1, n. 5.

In tema di formulazione dei motivi del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006 e impugnati per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve precisare, a pena d’inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione. La relativa censura deve dunque contenere un momento di sintesi che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass., sez. 3, 20 febbraio 2008, n. 4309):

sintesi, che non può identificarsi con l’illustrazione del relativo motivo di ricorso, dovendo risolversi in un quid pluris – omesso dalla ricorrente – che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (Cass., sez. 3, 7 aprile 2008, n. 8897).

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo, sulla base del valore della causa e del numero e complessità delle questioni trattate.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 10.200,00 di cui Euro 10.000,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2011

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