Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28878 del 12/11/2018

Cassazione civile sez. VI, 12/11/2018, (ud. 11/10/2018, dep. 12/11/2018), n.28878

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19389-2017 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA C. POMA 2, presso

lo studio dell’avvocato GREGORIO TROILO, rappresentato e difeso

dall’avvocato LUCIO PARODI;

– ricorrente –

contro

AMAG AMBIENTE SPA, in persona del legale rappresentante,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CUNFIDA 30, presso lo studio

dell’avvocato MONICA BATTAGLIA, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MASSIMO GRATTAROLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 599/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO, del

17/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/10/2018 dal Consigliere Relatore Dott. NICOLA DE

MARINIS.

Fatto

RILEVATO

Che:

con sentenza del 25 maggio 2017, la Corte d’Appello di Torino, in sede di reclamo L. n. 92 del 2012, ex art. 1, comma 54, confermava la decisione resa dal Tribunale di Alessandria e rigettava la domanda proposta da S.M. nei confronti di AMAG Ambiente S.p.A. (già Amiu S.p.A.), avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare intimatogli per aver pubblicato sul social network Facebook, a far data dal 26 agosto 2015, immagini e commenti di natura offensiva nei confronti della Società datrice e dei suoi responsabili;

che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto provate, a prescindere dal carattere anonimo della denuncia, le circostanze su cui è fondata la tesi della riferibilità al S. dei comportamenti contestati, ovvero l’aver la persona in concreto presentatasi presso gli uffici Amag segnalato e consentito di verificare la presenza sul profilo Facebook del S., cui aveva accesso in quanto “amico”, la presenza delle immagini e dei commenti poi contestati, legittime, ai sensi della L. n. 300 del 1970, art. 8, in quanto volte ad accertare non le opinioni bensì atteggiamenti rilevanti ai fini della verifica dell’attitudine professionale, sussistente la potenzialità diffusiva del materiale postato e congrua la reazione aziendale in relazione alla disciplina collettiva invocata ed all’idoneità lesiva del vincolo fiduciario tra le parti da riconnettersi alla condotta da qualificarsi dolosa del lavoratore;

che per la cassazione di tale decisione ricorre il S., affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, la Società;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;

che entrambe le parti hanno poi presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, lamenta a carico della Corte territoriale il non aver dato seguito alle verifiche istruttorie suggerite dal ricorrente ai fini dell’accertamento della riconducibilità al medesimo di qualsivoglia frase e/o fotografia rinvenuta sul profilo Facebook visionato dai testi e dello stesso profilo;

che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, art. 5,L. n. 300 del 1970, art. 8 e art. 2697 c.c., il ricorrente imputa alla Corte territoriale di aver disatteso la regola che onera il datore di lavoro della prova della ricorrenza della giusta causa, per aver ritenuto irrilevante ai fini dell’assolvimento di tale onere l’identificazione del denunciante anonimo ed aver accollato al ricorrente, surrettiziamente invocando il divieto della L. n. 300 del 1970, ex art. 8 a carico del datore di indebite interferenze nella sfera privata del lavoratore, la prova della circoscritta potenzialità diffusiva dei “post” pubblicati”.

che, nel terzo motivo, il dedotto vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, è prospettato in relazione all’omessa considerazione dei rilievi avanzati dal ricorrente in ordine alla stessa ammissibilità dell’interrogatorio libero dell’Amministratore delegato della Società e comunque alle dichiarazioni dal medesimo rese nonchè in ordine alla documentazione prodotta dalla Società a comprova della riferibilità al ricorrente del materiale rinvenuto sul social;

che, rilevata l’inammissibilità del primo e del terzo motivo, stante la non deducibilità in questa sede del vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio a fronte del conforme esito delle pronunzie relative ad entrambi i gradi di merito, si deve ritenere l’infondatezza del secondo motivo, nel quale peraltro finiscono per convergere anche le censure formulate negli altri due, incentrandosi l’impugnazione essenzialmente sul rilievo del mancato assolvimento da parte della Società datrice surrettiziamente superato dalla Corte territoriale con argomentazioni implicanti l’inversione dell’onere probatorio appunto di tale onere, alla medesima Società incombente con riguardo alla ricorrenza della giusta causa di recesso, infondatezza che discende dalla non ravvisabilità del denunciato malgoverno delle regole sull’onere della prova, per essere il convincimento della Corte territoriale basato su rilievi, immuni da vizi logici e giuridici e neppure qui fatti oggetto di specifiche censure, che assumono la prova sul punto attinta da quanto allegato e chiesto di provare dalla Società datrice a riguardo onerata;

che, pertanto condividendosi la proposta del relatore, il ricorso va rigettato;

che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2018

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