Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28877 del 27/12/2011

Cassazione civile sez. I, 27/12/2011, (ud. 26/10/2011, dep. 27/12/2011), n.28877

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

LA NUOVA RIALTO, soc. coop. a r.l., in persona del legale rapp.te

p.t., elettivamente domiciliata in Roma, alla via Barnaba Oriani 32,

rappresentata e difesa dall’avv. Zaccheo Massimo, giusta procura

speciale per Notaio Valentino di Giugliano;

– ricorrente –

contro

COMUNE di S. ANTONIO ABATE, in persona del sindaco p.t.,

elettivamente domiciliato in Roma, alla via di Monserrato 25, presso

lo studio dell’avv. Gargiulo Sebastiano, che lo rappresenta e difende

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli n. 3488/05,

emessa il 27.10.05 e depositata il 12.10.05;

udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 26.10.2011 dal

consigliere dr. Magda Cristiano;

udito il P.M., nella persona del sostituto P.G. dott. FUCCI

Costantino che ha concluso per il rigetto del ricorso;

uditi gli avv.ti Angelini (in delega) per la ricorrente e Gargiulo;

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Nuova Rialto soc. coop. a r.l. convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata il comune di Sant’Antonio Abate per sentirlo condannare al pagamento della somma complessiva di Euro 4.101.477.997 oltre accessori, richiesta a titolo di residuo corrispettivo, revisione prezzi ed interessi da ritardato pagamento di tre diversi contratti d’appalto stipulati con l’ente convenuto.

Il Tribunale adito, con sentenza del 9.6.04, rilevò che la pretesa della società, pur non potendo essere accolta per i titoli contrattuali invocati, trovava parziale fondamento nella Delib. 24 dicembre 1990, n. 207 con la quale il Comune, nell’approvare il piano di risanamento delle passività pregresse e della gestione finanziaria, aveva iscritto, a favore dell’impresa, la somma di Euro 1.157.228,86 fra i debiti fuori bilancio, riconoscendosene in tal modo debitore, ed accolse la domanda nei limiti di tale somma, maggiorata degli interessi legali dal 25.3.91 al saldo. La decisione fu appellata in via principale dal Comune ed in via incidentate dalla Cooperativa Nuova Rialto.

La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza del 12.12.05, accolse l’appello principale e respinse quello incidentale, e, per l’effetto, rigettò integralmente la domanda della società.

La Corte territoriale, dopo aver rilevato, secondo quanto dedotto dall’appellante principale, che la delibera comunale invocata dall’impresa non conteneva alcun atto di riconoscimento del debito, affermò che la pretesa della Coop. Nuova Rialto derivava dall’esecuzione di lavori che, per la loro quantità e qualità (e contrariamente a quanto ipotizzato dal ctu), non potevano essere in alcun modo collegati ai tre contratti d’appalto dedotti in giudizio, e in relazione ai quali non erano mai stati stipulati contratti integrativi nella richiesta forma scritta ad substantiam e non era mai stata deliberata la messa a disposizione della relativa copertura finanziaria; che pertanto si trattava di lavori effettuati in virtù di negozi nulli, rispetto ai quali la Coop. era priva di un valido titolo legittimante la pretesa; che, attesa la nullità di pattuizioni intervenute senza la prescritta forma scritta ad substantiam, neppure poteva trovare accoglimento l’ulteriore pretesa di riconoscimento di revisione prezzi ed interessi da ritardato pagamento; che, infine, la domanda di ingiustificato arricchimento, svolta dalla Cooperativa per la prima volta in grado d’appello, non solo era nuova, e perciò inammissibile, ma era anche in massima parte incompatibile con il tipo della pretesa, che, nella quasi totalità, aveva per l’appunto ad oggetto revisione prezzi ed accessori.

La Cooperativa Nuova Rialto ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a sei motivi ed illustrato da memoria. Il Comune ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Con i primi cinque motivi di ricorso, che possono essere congiuntamente esaminati in quanto contenenti in buona parte identiche censure, ripetitivamente illustrate senza un preciso ordine logico, la cooperativa Nuova Rialto, denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2041 c.c., nonchè vizi di motivazione e di ultrapetizione della sentenza impugnata, e deduce:

a) l’inesatta valutazione delle risultanze istruttorie da parte della Corte territoriale, la quale, a suo dire, avrebbe errato nel ritenere che la pretesa non era fondata su titoli contrattuali e per i quali non v’era copertura finanziaria; rileva in proposito che dalla documentazione in atti, confermata dalle indagini del ctu, si evinceva che per ciascuno dei tre contratti dedotti in giudizio, stipulati in forma scritta e coperti da finanziamento, essa era rimasta creditrice di somme sia a titolo di residuo corrispettivo sia a titolo di interessi per ritardato pagamento (1^ e 3^ motivo); b) la mancanza di contestazioni de Comune circa la sussistenza di un collegamento fra tali contratti ed i lavori dedotti in giudizio e la conseguente violazione da parte del giudice d’appello de principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato, per aver rilevato d’ufficio una questione che non era dibattuta fra le parti (2^ motivo); c) l’avvenuta esecuzione dei lavori, peraltro anch’essa mai contestata dalla controparte, che confermava in ogni caso l’esistenza del suo credito per sorte capitale ed interessi (1^ motivo); d) l’irrilevanza dell’assenza di copertura finanziaria, circostanza, questa, peraltro arbitrariamente affermata dalla Corte di merito in difetto di prova (3^ motivo); e) il suo diritto ad ottenere – a fronte dell’avvenuta esecuzione di lavori comunque approvati e deliberati dalla giunta municipale – il pagamento delle somme pretese quantomeno a titolo di indebito arricchimento (1^, 2^, 3^, 4^ e 5^ motivo); f) l’ammissibilità della relativa domanda, ancorchè formulata per la prima volta in grado d’appello, siccome prospettata in base alle medesime circostanze di fatto allegate in primo grado (4^ e 5^ motivo).

Le censure sintetizzate sub. a), b), c) e d) vanno dichiarate inammissibili. Generiche, e prive del requisito dell’autosufficienza, sono infatti quelle che criticano il ragionamento probatorio della Corte di merito mediante il mero rinvio alla “documentazione in atti”, non meglio indicata nè illustrata, ed agli accertamenti compiuti dal ctu, le cui conclusioni in ordine alla ricoltegabilità dei lavori dedotti in giudizio ai tre contratti stipulati per iscritto sono state motivatamente disattese in sentenza, in base a precisi rilievi di fatto (la quantità di tali lavori e la loro diversità rispetto a quelli contrattualmente previsti);

analogamente, difetta del requisito dell’autosufficienza la doglianza con la quale, senza che sia riportato in ricorso un solo passo delle difese svolte in corso di causa dal Comune di S. Antonio Abate, si deduce che l’ente territoriale non avrebbe mai contestato la predetta circostanza; sono invece prive di attinenza al decisum le censure con le quali la ricorrente lamenta che la Corte di merito abbia escluso che vi fosse prova dell’avvenuta esecuzione dei lavori, posto che ciò che il giudice ha in realtà escluso (senza perciò curarsi di approfondire se ia prova in questione potesse ritenersi raggiunta in base alle risultanze della ctu) è il diritto della Nuova Rialto ad ottenere il pagamento dei lavori in forza di un titolo negoziale, di cui difettava la pattuizione nella richiesta forma scritta ad substantiam; infine, costituendo detta motivazione autonoma ratio deciderteli, sufficiente al rigetto della domanda contrattuale, la ricorrente è priva di interesse a dolersi di un error in iudicando (nel quale sarebbe incorso il giudice d’appello per aver ritenuto inaccoglibile la domanda anche per l’assenza di copertura finanziaria dei lavori) la cui eventuale sussistenza non potrebbe di per sè condurre all’accoglimento del ricorso. Le censure sintetizzate sub.

e) ed f) sono invece infondate.

La ricorrente richiama giurisprudenza di legittimità secondo cui l’azione di indebito arricchimento non costituisce domanda nuova, e può essere proposta per la prima volta in appello, quando sia fondata sui medesimi fatti costitutivi della domanda causale.

Sennonchè, a parte il rilievo del mancato richiamo nel motivo delle ragioni poste dalla cooperativa a fondamento della pretesa avanzata solo in sede d’appello incidentate, questo collegio ritiene, sul punto, di dover dare continuità al più recente arresto di questa Corte (Cass. S.U. n. 26128/010), che, risolvendo il contrasto esistente in materia, ha ritenuto che le domande di adempimento contrattuale e di arricchimento senza causa, quali azioni che riguardano entrambe diritti eterodeterminati, si differenziano, strutturalmente e tipologicamente, sia quanto alla causa petendi (esclusivamente nella seconda rilevando come fatti costitutivi la presenza e l’entità del proprio impoverimento e dell’altrui locupletazione, nonchè, ove l’arricchito sia una p.a., il riconoscimento dell’utilitas da parte dell’ente), sia quanto al petitum (pagamento del corrispettivo pattuito o indennizzo). Ne consegue che la domanda ex art. 2041 c.c., ove formulata per la prima volta in grado d’appello, va dichiarata nuova e pertanto inammissibile. Inammissibile, attesa la sua manifesta genericità, è infine il sesto motivo di ricorso, con il quale la ricorrente lamenta di essere stata condannata al pagamento delle spese del doppio grado del giudizio di merito e chiede “la riduzione della liquidazione di cui alla sentenza impugnata”, limitandosi a rilevare che essa non trova conforto nelle tariffe degli onorari e diritti vigenti. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la coop. Nuova Rialto a pagare al Comune di S. Antonio Abate le spese de giudizio, che liquida in Euro 9.000 per onorari ed Euro 200 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 26 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2011

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