Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28877 del 17/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 17/12/2020, (ud. 27/10/2020, dep. 17/12/2020), n.28877

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 537-2019 proposto da:

M.L., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA A. CAPPONI

16, presso lo studio dell’avvocato CARLO CERMIGNANI, rappresentata e

difesa dagli avvocati GUGLIELMO BARONE, GAETANO BARONE;

– ricorrente –

contro

L.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 76, presso lo studio dell’avvocato ELENA PROVENZANI,

rappresentato e difeso dall’avvocato SALVATORE CAMPANELLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1459/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 21/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CAMPESE

EDUARDO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. M.L. ricorre per cassazione, affidandosi a due motivi, avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania del 21 giugno 2018, n. 1459, reiettiva del gravame da lei promosso contro la decisione del Tribunale di Ragusa del 22 gennaio 2016, n. 13, che aveva pronunciato la cessazione degli effetti civili del suo matrimonio con L.M., altresì statuendo sull’affidamento del loro figlio minorenne, sull’assegnazione della casa coniugale, sull’entità dell’assegno di mantenimento riconosciuto alla M. ed alla figlia maggiorenne della coppia, nonchè sul regime delle spese straordinarie relative ai figli. Resiste con controricorso il L..

1.2. Per quanto qui di residuo interesse, la corte etnea dichiarando di voler fare applicazione dei principi resi da Cass. n. 15481 del 2017 in tema di spettanza e determinazione dell’assegno divorzile: i) ha escluso che lo stato di disoccupazione dell’appellante dipendesse da un’inerzia della stessa, posto che ciò neppure era stato dedotto dal marito, osservando, peraltro, che la capacità lavorativa dell’ex coniuge va valutata in concreto e riscontrata in termini di effettiva possibilità di svolgimento di una attività lavorativa retribuita in considerazione di ogni concreto fattore individuale ed ambientale, non già di mere valutazioni astratte ed ipotetiche; i:) ha considerato che il L., dopo la sentenza non definitiva di divorzio, aveva contratto un nuovo matrimonio ed aveva avuto altri due figli, per cui sullo stesso gravava un ulteriore obbligo economico di dignità pari a quello che il predetto aveva nei confronti della ex moglie e della prole nata dal primo matrimonio; iii) ha ritenuto che l’importo mensile dell’assegno divorzile fissato dal tribunale in Euro 1.000,00 fosse congruo e dovesse essere confermato avuto riguardo alla natura meramente assistenziale dell’assegno stesso, alle condizioni reddituali e patrimoniali delle parti, nonchè al nuovo nucleo familiare costituito dal L. ed al fatto che la M. disponesse di una somma importante messa a sua disposizione dall’ex coniuge, in sede di omologa della separazione consensuale, per i bisogni della famiglia.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Le formulate doglianze prospettano, rispettivamente:

I) “Violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, e successive modifiche, e violazione dei principi di solidarietà economica e sociale e di uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, di cui agli artt. 2 e 29 Cost., in relazione a quanto previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e conseguente omesso esame di fatti decisivi in relazione a quanto previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”. Invocandosi i principi sanciti dalla sopravvenuta Cass., SU, n. 18287 del 2018, si criticano le argomentazioni utilizzate dalla corte distrettuale per confermare l’entità dell’assegno di mantenimento riconosciuto alla M.;

II) “Omesso esame di fatti decisivi in relazione a quanto previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, ascrivendosi alla corte predetta di avere omesso la valutazione di una serie di fatti, compiutamente indicati, asseritamente decisivi ed ampiamente dibattuti tra le parti in appello.

2. Vanno pregiudizialmente disattese le eccezioni di inammissibilità sollevate dal controricorrente. Invero: i) giusta il combinato disposto dell’art. 348-bis c.p.c., comma 2, lett. a), e dell’art. 348-ter c.p.c., u.c., la disposizione di cui al comma 4 di quest’ultimo articolo non si applica alle sentenze di appello risolutive delle controversie di cui all’art. 70 c.p.c., comma 1, tra le quali rientra quella oggi all’esame di questa Corte; à) l’articolazione, in un singolo motivo, di più profili di doglianza costituisce ragione d’inammissibilità esclusivamente quando – diversamente dal primo motivo della M. – non sia possibile ricondurre tali diversi profili a specifici motivi di impugnazione (cfr. Cass. n. 26790 del 2018).

3. I formulati motivi, di cui è possibile l’esame congiunto perchè chiaramente connessi, impongono preliminarmente di ricordare che, per quasi trent’anni, la giurisprudenza ha interpretato la L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, ritenendo che l’assegno divorzile dovesse consentire all’avente diritto di mantenere lo stesso tenore di vita di cui godeva in costanza di matrimonio.

3.1. Sulla scia delle critiche di vasti settori dottrinari, che ravvisavano in tale indirizzo interpretativo il rischio di garantire ingiustificate rendite di posizione, questa Corte, con la sentenza n. 11504 del 2017 (e quella, in senso sostanzialmente conforme, n. 23602 del 2017), – la prima delle quali richiamata dalla decisione oggi impugnata che l’ha posta a fondamento delle proprie determinazioni ebbe a ribaltare l’orientamento in questione, negando il riconoscimento dell’assegno di divorzio tutte le volte che il richiedente dovesse considerarsi economicamente autosufficiente.

3.2. Il descritto revirement suscitò un acceso dibattito, tanto in dottrina, quanto in giurisprudenza, che è sfociato nell’intervento nomofilattico delle Sezioni Unite di questa Corte, la cui recente sentenza dell’E luglio 2018, n. 18287, può essere condensata nelle seguenti asserzioni: a) abbandono dei vecchi automatismi che avevano dato vita ai due orientamenti contrapposti: da un lato il tenore di vita (cfr. Cass., SU, n. 11490 del 1990), dall’altro il criterio dell’autosufficienza (cfr. Cass. n. 11504 del 2017); b) abbandono della concezione bifasica del procedimento di determinazione dell’assegno divorzile, fondata sulla distinzione tra criteri attributivi e criteri determinativi; c) abbandono della concezione che riconosce la natura meramente assistenziale dell’assegno di divorzio a favore di quella che gli attribuisce natura composita (assistenziale e perequativa/compensativa); d) equiordinazione dei criteri previsti dalla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6; e) abbandono di una concezione assolutistica ed astratta del criterio “adeguatezza/inadeguatezza dei mezzi” a favore di una visione che propende per la causa concreta e lo contestualizza nella specifica vicenda coniugale; necessità della valutazione dell’intera storia coniugale e di una prognosi futura che tenga conto delle condizioni dell’avente diritto all’assegno (età, salute, etc.) e della durata del matrimonio; g) importanza del profilo perequativo-compensativo dell’assegno e necessità di un accertamento rigoroso del nesso di causalità tra scelte endofamiliari e situazione dell’avente diritto al momento dello scioglimento del vincolo coniugale.

3.2.1. In definitiva, appare evidente la ratio ispiratrice della decisione, individuabile nell’abbandono della tesi patrimonialista fatta propria da Cass. n. 11504 del 2017 per la vigorosa riaffermazione del principio di solidarietà postconiugale, agganciato ai parametri costituzionali ex artt. 2 e 29 Cost..

3.3. Muovendo da tali presupposti, dunque, le Sezioni Unite hanno sancito che, al fine di stabilire se, ed eventualmente in quale entità, debba essere riconoscersi l’invocato assegno divorzile, il giudice: a) procede, anche a mezzo dell’esercizio dei poteri ufficiosi, alla comparazione delle condizioni economico-patrimoniali delle parti; b) qualora risulti l’inadeguatezza dei mezzi del richiedente, o, comunque, l’impossibilità di procurarseli per ragioni obiettive, deve accertarne rigorosamente le cause, alla stregua dei parametri indicati dalla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, prima parte, e, in particolare, se quella sperequazione sia, o meno, la conseguenza del contributo fornito dal richiedente medesimo alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei due, con sacrificio delle proprie aspettative professionali e reddituali, in relazione all’età dello stesso ed alla durata del matrimonio; c) quantifica l’assegno rapportandolo non al pregresso tenore di vita familiare, nè al parametro della autosufficienza economica, ma in misura tale da garantire all’avente diritto un livello reddituale adeguato al contributo sopra richiamato.

3.4. E’ innegabile, infine, quanto al problema riguardante le conseguenze di un siffatto intervento sui processi in corso (l’ipotesi specifica è quella della sopravvenienza, come nella specie, della pronuncia delle Sezioni Unite allorquando la statuizione della corte di appello sull’assegno di divorzio – quanto alla sua spettanza ed eventualmente alla sua concreta quantificazione – sia già stata resa ma sia ancora suscettibile di impugnazione in Cassazione, poi concretamente promossa), che la Suprema Corte, ove i motivi di ricorso la investano di una censura di violazione o falsa applicazione di una norma di diritto con riguardo alla quale sia intervenuto un mutamento della giurisprudenza di legittimità, deve giudicare sulla base del nuovo orientamento giurisprudenziale della stessa Corte, posto che il giudizio di cassazione ha ad oggetto non l’operato del giudice di merito, ma la conformità della decisione adottata all’ordinamento giuridico.

3.5. Fermo quanto precede, le censure in esame si rivelano, nel loro complesso, meritevoli di accoglimento atteso che la corte distrettuale, come si è già precedentemente riferito riportandone le argomentazioni (tfr. p. 1.2. dei “Fatti di causa”, da intendersi, qui, per brevità, interamente richiamato), ha valutato l’avvenuta quantificazione dell’assegno divorzile in favore della M., come effettuata dal tribunale, esclusivamente in ragione della sua natura assistenziale, e, quindi, sostanzialmente, in relazione alla sola differente condizione economica degli ex coniugi, senza, invece, farne dipendere l’importo da una concreta ponderazione unitaria di tutti i criteri suddetti, ritenuti “equiordinati” dal richiamato recente arresto Sezioni Unite.

3.5.1. Alcunchè, infatti, emerge dalla sentenza impugnata circa l’effettiva ed adeguata valutazione, alla stregua dei criteri tutti predetti, oltre che della diversa situazione reddituale dei coniugi, anche di altre circostanze, già oggetto di contraddittorio tra le parti, quali, ad esempio, tra le altre, il contributo fornito dalla M. alla conduzione familiare, il sacrificio delle proprie aspettative professionali e reddituali per dedicarsi all’accudimento dei loro figli (uno dei quali, L.C., peraltro affetto da grave patologia genetica), la costituzione di un nuovo nucleo familiare ad opera del L. ed il fatto che la M. disponesse di una somma importante messa a sua disposizione dall’ex coniuge, in sede di omologa della separazione consensuale, per i bisogni della famiglia.

4. Il ricorso, dunque, va accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.

4.1. Va, disposta, infine, per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.

Dispone per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 27 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2020

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