Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28874 del 27/12/2011

Cassazione civile sez. I, 27/12/2011, (ud. 28/09/2011, dep. 27/12/2011), n.28874

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI ALGHERO,in persona del Sindaco p.t. Elettivamente

domiciliato in Roma, Lungotevere Michelangelo, n. 9, nello studio

dell’avv. Laura Ostili; rappresentato e difeso, giusta procura

speciale in calce al ricorso, dall’avv. Copersito Giovanni;

– ricorrente –

contro

D.L.L. – C.P. – G.A. Elettivamente

domiciliati in Roma, Via Vallisneri, n. 11, nello studio dell’avv.

Paolo Pacifici, che li rappresenta e difende, giusta procura speciale

a margine del controricorso.

– controricorrenti –

e contro

DE.PO.S Costruzioni s.r.l.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 374 della Corte di appello di Cagliari,

depositata in data 31 maggio 2007;

Sentita la relazione all’udienza del 28 settembre 2011 del

consigliere Dott. Pietro Campanile;

Udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del sostituto

dott. Aurelio Golia, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

Sentito l’avv. Filippo Bauzulli, munito di delega, il quale ha

chiesto l’accoglimento del ricorso; Sentito per i controricorrenti

l’avv. Paolo Pacifici, il quale ha insistito per la declaratoria di

l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – Il Tribunale di Sassari, con sentenza depositata in data 28 novembre 2004, in parziale accoglimento della domanda proposta dal geom. D.L.L., dal prof. C.P. e dall’avv. G.A., e relativa al diritto al compenso ad essi spettante quali arbitri in una vertenza fra il Comune di Alghero e la S.r.l.

De.PO.S Costruzioni, affermava che l’omessa pronuncia del lodo nei termini previsti da parte dei predetti, non era imputabile agli stessi, così rigettando la tesi del Comune secondo cui il compenso non era dovuto per essere gli arbitri inadempienti rispetto al deposito tempestivo del lodo.

1.1 – La Corte di appello di Cagliari, sez. dist. di Sassari, con sentenza n. 347 depositata in data 31 maggio 2007, rigettava l’appello proposto dal Comune di Alghero ed accoglieva, in parte, l’ppello incidentale relativo ai rimborsi dovuti a un componente del collegio arbitrale.

1.2 – Per la cassazione di tale decisione il Comune di Alghero propone ricorso, affidato a tre motivi. Il D.L., il C. e il G. resistono con controricorso, illustrato da memoria; la s.r.l. DE.PO.S non svolge attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2 – Con il primo motivo si deduce vizio di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sostenendosi che non sarebbero state correttamente valutate, anche sotto il profilo diacronico, le rispettive condotte del Comune di Alghero e della DE.PO.S. in relazione al mancato deposito del lodo.

2.1 – Con il secondo motivo si denuncia contraddittorietà della motivazione in relazione a un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver la corte territoriale attribuito il ritardo al comportamento dilatorio delle parti, senza considerare il potere del collegio arbitrale di disciplinare l’attività delle parti.

2.2 – Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 814 e 821 c.p.c., per aver la corte territoriale attribuito il compenso agli arbitri pur in assenza del deposito del lodo, ed in presenza della valida manifestazione della parte di far valere la decadenza.

3 – Deve preliminarmente rilevarsi come al ricorso in esame, avente ad oggetto un provvedimento depositato nel mese di maggio dell’anno 2007, debbano applicarsi le disposizioni del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 (in vigore dal 2.3.2006 sino al 4.7.2009), e in particolare, l’art. 6, che ha introdotto l’art. 366 bis c.p.c.. Alla stregua di tali disposizioni – la cui peculiarità rispetto alla già esistente prescrizione della indicazione nei motivi di ricorso della violazione denunciata consiste nella imposizione di una sintesi originale ed autosufficiente della violazione stessa, funzionalizzata alla formazione immediata e diretta del principio di diritto al fine del miglior esercizio della funzione nomofilattica – l’illustrazione dei motivi di ricorso, nei casi di cui all’art. 360, comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, deve concludersi, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto che, riassunti gli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito e indicata sinteticamente la regola di diritto applicata da quel giudice, enunci la diversa regola di diritto che ad avviso del ricorrente si sarebbe dovuta applicare nel caso di specie, in termini tali che per cui dalla risposta che ad esso si dia discenda in modo univoco l’accoglimento o il rigetto del gravame.

Analogamente, nei casi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’illustrazione del motivo deve contenere (cfr., ex multis: Cass. S.U. n. 20603/2007; Cass., n. 16002/2007; Cass., n. 8897/2008) un momento di sintesi – omologo del quesito di diritto – che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità.

3.1 – Il ricorso in esame non è conforme a tali disposizioni, atteso che il terzo motivo, quanto alle violazioni denunciate, non si conclude con la formulazione del quesito di diritto, che contenga un’esposizione riassuntiva degli elementi di fatto, così come i riferimenti alla regola di diritto applicata dal giudice di secondo grado ed a quella diversa regola iuris che, a giudizio dei ricorrenti, avrebbe dovuto essere applicata (Cass., Sez. Un, 14 febbraio 2008, n. 3519; Cass., 25 luglio 2008, n. 20454).

Quanto al vizio motivazionale dedotto con gli altri motivi, manca del tutto quel momento di sintesi omologo del quesito di diritto, nel senso sopra evidenziato.

3.2 – Deve quindi procedersi alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, cui consegue la condanna dell’ente ricorrente al pagamento delle spese processuali nei confronti dei controricorrenti, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione, in favore dei controricorrenti, delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.200,00, di cui Euro 2000,00 per onorari.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della prima sezione civile, il 29 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2011

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