Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28874 del 08/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 08/11/2019, (ud. 13/09/2019, dep. 08/11/2019), n.28874

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25836-2017 proposto da:

M.F., elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE PAIUOLI

74/A presso lo studio dell’avvocato SAVERIO MENNITI, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANTONIO TORCHIA;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO AGRARIO PROVINCIALE DI (OMISSIS) in liquidazione coatta

amministrativa, in persona del suo Commissario Liquidatore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE TIZIANO 80, presso

lo studio dell’avvocato PIERO ENRICO TURETTA, rappresentato e difeso

dall’avvocato EUGENIO VENTURI;

– controricorrente –

e contro

MA.VI., M.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1717/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 28/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA

TRICOMI.

Fatto

RITENUTO

CHE:

M.F. e M.G. avevano convenuto in giudizio il Consorzio Agrario Provinciale di (OMISSIS) e Ma.Vi., proponendo opposizione all’atto di precetto cambiario notificato loro dal Consorzio, che con detto atto aveva intimato il pagamento di Euro 62.241,98=, comprensivo di interessi e spese, di cui Euro 54.598,11=, quale somma portata da ventuno effetti cambiari.

La prima decisione, sfavorevole agli opponenti, veniva appellata.

La Corte di appello di Catanzaro, con la decisione epigrafata, ha respinto il gravame, segnatamente escludendo che potesse trovare ingresso nel giudizio di opposizione all’esecuzione il procedimento di disconoscimento delle sottoscrizioni apposte sulle cambiali proposto ex art. 214 c.p.c., e ss, da M.F..

M.F. ricorre per la cassazione con due mezzi, corroborati da memoria. Il Consorzio ha replicato con controricorso. Sono rimasti intimati M.G. e Ma.Vi..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione dell’art. 214 c.p.c. e ss..

Il ricorrente si duole che la Corte di appello abbia ritenuto inapplicabile la procedura ex art. 214 c.p.c., al caso di specie negandogli il diritto di procedere in via incidentale al disconoscimento delle firme appose sulle cambiali, costituenti titolo del precetto opposto in primo grado.

A parere del ricorrente la Corte di appello ha errato nel ritenere che l’accertamento della non autenticità delle sottoscrizioni avrebbe dovuto essere promosso in via principale, costituendo questa una facoltà e non un obbligo, di guisa che anche il disconoscimento incidentale ex art. 214 c.p.c., doveva essere ritenuto legittimo, traendo le dovute conseguenze dalla mancata proposizione dell’istanza di verificazione ex art. 216 c.p.c., da parte del Consorzio.

1.2. Il primo motivo è infondato e va respinto, senza che tale conclusione possa essere revocata in dubbio alla luce delle considerazioni svolte dal ricorrente in memoria.

1.3. Osserva la Corte che il giudizio in esame è stato esattamente qualificato in sede di merito, con statuizione non impugnata, come opposizione all’esecuzione, giacchè concerne l’opposizione a precetto sulla base di cambiale, titolo stragiudiziale parificato alle sentenze ex art. 474 c.p.c., ed del R.D n. 1699 del 1933, ex art. 63.

La domanda, proposta con l’opposizione all’esecuzione, ha aperto un normale giudizio di cognizione, in ordine al quale l’attore deve provare i fatti costitutivi del proprio diritto, mentre al convenuto incombe l’onere della prova di quelli estintivi o modificativi (Cass. n. 3868 dell’8 febbraio 2019; Cass. 15 maggio 2009, n. 11332; v. anche Cass. 24 settembre 2004, n. 8219; Cass. 11 dicembre 2002, n. 17630; Cass. 9 novembre 2000 n. 14554).

Ora, chi introduce una domanda di opposizione ad un’esecuzione promossa per un credito fondato su di una ricognizione di debito, insita nell’emissione della cambiale, è tenuto a provare i fatti che tolgono valore al riconoscimento del debito preesistente e sottostante all’emissione delle cambiali (ancora Cass. 15 maggio 2009, n. 11332), e quindi anche la denunciata non autenticità della sottoscrizione, secondo le regole ed i tempi dettati dall’ordinario giudizio di cognizione.

Invero, “La ricognizione di debito ha effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, determinando l’astrazione processuale della “causa debendi”, con la conseguenza che il destinatario è dispensato dall’onere di provare l’esistenza e la validità del predetto rapporto, che si presume fino a prova contraria; essa, però, non costituisce autonoma fonte di obbligazione, presupponendo pur sempre l’esistenza e la validità del rapporto fondamentale, con la conseguenza che la sua efficacia vincolante viene meno qualora sia giudizialmente provato che tale rapporto non è mai sorto, o è invalido, o si è estinto, ovvero che esista una condizione o un altro elemento relativo al rapporto fondamentale, che possa comunque incidere sull’obbligazione oggetto del riconoscimento. Pertanto, nel giudizio di opposizione all’esecuzione promossa in virtù di un titolo esecutivo che comporta una ricognizione di debito (nella specie, un assegno bancario), incombe all’opponente l’onere di provare i fatti che tolgono valore al riconoscimento… ” (Cass. n. 11332 del 15/05/2009).

Ne consegue che nella opposizione a precetto la falsità della firma per sottoscrizione della cambiale non può essere dedotta nel corso del processo considerandola alla pari di qualsivoglia documento di prova, perchè le ragioni di contestazione del diritto a procedere esecutivamente sulla base di quel documento devono essere indicate nell’atto di opposizione e provate dall’opponente. La cambiale, in altri termini, rileva quale titolo esecutivo costituente il fondamento dell’azione che il possessore si appresta ad iniziare. E’ per questo che non è ammissibile la introduzione di un ulteriore motivo di opposizione nel corso del processo, che d’altra parte non trova fondamento nell’art. 214 c.p.c., perchè questo fa riferimento al documento prodotto dalla controparte a prova del suo diritto, mentre qui la produzione è avvenuta su istanza dello stesso opponente.

E’ pertanto esatta la considerazione svolta dalla Corte di appello circa il fatto che la produzione in giudizio delle cambiali non era avvenuta da parte del Consorzio – atteso che il credito portato dalle stesse non era oggetto del giudizio in quanto già stato trasfuso nei titoli esecutivi posti a fondamento del precetto cambiario e non doveva essere ulteriormente provato dal Consorzio -, senza che alcun rilievo in merito alla ripartizione degli oneri probatori possa assumere la circostanza che i titoli erano stati trascritti nel precetto, come prevede peraltro il R.D. 14 dicembre 1933, n. 1669, art. 63, comma 3, ove è detto “Il precetto deve contenere la trascrizione della cambiale o del protesto e degli altri documenti necessari a dimostrare la somma dovuta.”, e non allegati allo stesso.

In ragione della natura del giudizio di opposizione all’esecuzione, quale ordinario giudizio di cognizione, infatti, incombe all’opponente l’onere di provare i fatti che tolgono valore al riconoscimento del debito, anche ove tale scopo sia perseguito denunciando la non autenticità delle sottoscrizioni delle cambiali, stante la presunzione di esistenza del rapporto fondamentale, fissata in favore del creditore dall’art. 1988 c.c. (Cass. n. 26 del 03/01/2017).

Nel caso di specie la Corte di appello ha esattamente considerato che le cambiali non costituivano prova documentale del Consorzio, il cui diritto di credito era già assistito da titolo esecutivo, di guisa che quest’ultimo non aveva nemmeno la necessità di chiedere la verificazione giudiziale della scrittura privata; le cambiali, invece, costituivano prova per l’opponente M., che all’uopo ne aveva chiesto l’esibizione ex art. 210 c.p.c., e che intendeva avvalersene contro il Consorzio al fine di provare i fatti (la non autenticità della sottoscrizione) che – a suo parere – avrebbero tolto valore al riconoscimento del debito sottostante.

Appare pertanto evidente l’inapplicabilità alla fattispecie del procedimento ex art. 214 c.p.c., e ss, posto che nel caso specifico l’esibizione delle cambiali è conseguita alla iniziativa ex art. 210 c.p.c., dello stesso M. che intendeva acquisirle al giudizio ed utilizzarle contro il Consorzio, ove fosse stata accertata la non autenticità della sottoscrizione.

L’art. 214 c.p.c., comma 1, infatti prevede “Colui contro il quale è prodotta una scrittura privata, se intende disconoscerla, è tenuto a negare formalmente la propria scrittura o la propria sottoscrizione.” e cioè attribuisce la facoltà del disconoscimento al soggetto contro il quale è prodotto il documento.

L’art. 216 c.p.c., comma 1, prevede “La parte che intende valersi della scrittura disconosciuta deve chiederne la verificazione, proponendo i mezzi di prova che ritiene utili e producendo o indicando le scritture che possono servire di comparazione”, così onerando dell’istanza di verificazione chi intenda avvalersi della scrittura.

La sentenza impugnata correttamente ha ritenuto l’inapplicabilità al caso di specie del procedimento ex art. 214 c.p.c. e ss., ed il motivo di ricorso prescinde dalla circostanza, decisiva per le ragioni sopra enunciate, che il giudizio di opposizione a precetto cambiario rappresenta un ordinario giudizio di cognizione, volto a negare l’esistenza del credito fatto valere con il titolo esecutivo e la richiesta di pagamento, con la conseguenza che l’opponente deve provare in via principale i fatti che tolgono valore al titolo esecutivo, e non un giudizio inteso – come sembra ritenere il ricorrente all’accertamento del diritto di credito, che, invece, è già trasfuso nel titolo esecutivo.

2. Il secondo motivo è assorbito dal rigetto del primo, oltre che inammissibile perchè non risponde al paradigma del vizio motivazionale denunciato

3. In conclusione il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo in favore del Consorzio; non si provvede sulle spese per le parti rimaste intimate.

Sussistono i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

– Rigetta il ricorso;

– Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore del Consorzio che liquida in Euro 4.000,00=, oltre Euro 100,00= per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2019

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