Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28866 del 19/10/2021

Cassazione civile sez. II, 19/10/2021, (ud. 11/06/2021, dep. 19/10/2021), n.28866

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14076-2016 proposto da:

CONDOMINIO (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA P. BORSIERI n. 3,

presso lo studio dell’avvocato RENZO GATTEGNA, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ALBERTO MARASCHI;

– ricorrente –

contro

L.G., + ALTRI OMESSI, rappresentati e difesi dall’avv.

SALVATORE FACCIOLO, e domiciliati presso la cancelleria della Corte

di Cassazione;

CONDOMINIO (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati FRANCESCO MILITERNO,

e VINCENZO BASTA, e domiciliato presso la cancelleria della Corte di

Cassazione;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4649/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 02/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/06/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 9.6.2011 i proprietari dei box situati nel piano interrato del cortile di proprietà del Condominio (OMISSIS), evocavano in giudizio il condominio predetto, unitamente al confinante Condominio (OMISSIS), ritenendoli responsabili di alcune infiltrazioni a carico dei predetti box; in particolare, ai sensi dell’art. 2051 c.c., quanto al Condominio (OMISSIS), per non aver curato la custodia e manutenzione del cortile e del manto di impermeabilizzazione sottostante ad esso che proteggeva i box; ed ai sensi dell’art. 2043 c.c., quanto al Condominio (OMISSIS), proprietario della rete fognaria dalla quale provenivano le denunciate infiltrazioni.

Nella resistenza dei due Condomini convenuti, il Tribunale di Lodi, con sentenza n. 376/2014, accoglieva la domanda, condannando i due enti di gestione convenuti al pagamento della somma di Euro 58.520, e suddivideva detto importo ponendolo a carico, quanto al 70%, a carico del Condominio (OMISSIS), e, quanto al 30%, del Condominio (OMISSIS), in ragione della ritenuta graduazione della loro rispettiva responsabilità.

Interponeva appello avverso detta decisione il Condominio (OMISSIS) e la Corte di Appello di Milano, con la sentenza oggi impugnata, n. 4649/2015, rigettava il gravame.

Propone ricorso per la cassazione di detta sentenza il Condominio (OMISSIS), affidandosi a due motivi.

Resistono con separati controricorsi il Condominio (OMISSIS) e i proprietari dei box, originari attori in prime cure.

La parte ricorrente ha depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 2051 c.c. perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente ravvisato la responsabilità, a tale titolo, del Condominio (OMISSIS), anche se la C.T.U. aveva concluso affermando che, per eliminare le infiltrazioni a carico dei box degli originari attori, sarebbe stato sufficiente impermeabilizzare un muro del Condominio (OMISSIS). L’ente di gestione ricorrente, quindi, protesta la propria estraneità alla causa del danno, come accertata dall’ausiliario nel corso del giudizio di merito.

Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta invece la violazione del criterio legale di ripartizione delle spese occorrenti per eliminare il danno prodotto a carico dei box di cui è causa, perché la responsabilità del Condominio (OMISSIS) avrebbe dovuto essere ritenuta maggiore di quella del Condominio (OMISSIS).

Le censure, suscettibili di trattazione unitaria, sono inammissibili.

La Corte di Appello, all’esito di un apprezzamento in fatto delle risultanze istruttorie acquisite nel corso del giudizio di merito, inclusa la relazione tecnica redatta dal C.T.U. incaricato della verifica dello stato dei luoghi, ha concluso che le infiltrazioni sono state causate da perdite provenienti dalle condotte di scarico delle acque, poste a servizio di ambedue i Condomini, ed ha graduato la rispettiva responsabilità tra i predetti, sulla base della differente percentuale di utilizzazione dell’impianto di smaltimento delle acque. Questa motivazione, che costituisce la vera ratio della decisione impugnata, non è neppure specificamente attinta dalle due censure proposte dall’ente di gestione ricorrente, le quali dunque non si confrontano in modo adeguato con la motivazione resa dal giudice di merito.

Con la memoria depositata in prossimità dell’adunanza camerale il ricorrente introduce l’ulteriore argomento secondo cui il giudice di merito avrebbe dovuto ripartire il risarcimento del danno in ragione dell’utilità che, dalla sua eliminazione, deriverebbe a ciascuno dei due soggetti responsabili. In merito, è opportuno precisare che in presenza di una corresponsabilità di più soggetti nella causazione di un evento dannoso, la ripartizione del relativo risarcimento – che, nella specie, era stato parametrato alle spese occorrenti alla sua eliminazione, individuate dal C.T.U. – non va eseguita in base al criterio della maggiore, o minore, utilità che l’eliminazione della causa del danno comporta per i due responsabili, ma in funzione della maggiore o minore incidenza causale che le rispettive condotte, attive od omissive, spiegano sulla verificazione dell’evento e delle sue conseguenze pregiudizievoli per la parte danneggiata. E’ dunque dal punto di vista di quest’ultima che si deve procedere alla liquidazione del risarcimento ed alla ripartizione dello stesso tra i vari corresponsabili, e non invece – come erroneamente proposto dalla memoria di parte ricorrente – dal punto di vista dei soggetti danneggianti. In relazione a questi ultimi, infatti, l’utilità indiretta che l’eliminazione del danno comporta – tanto in termini di di non ripetizione dell’evento, che di prevenzione del suo eventuale aggravamento – e’, in ultima analisi, la semplice conseguenza di una doverosa condotta di adempimento ai doveri di diligenza e custodia previsti dalla legge.

In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza, nei confronti di ambedue le parti controricorrenti.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida, in favore di ciascuno dei due controricorrenti, in Euro 4.300, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile, il 11 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2021

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