Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28865 del 27/12/2011

Cassazione civile sez. I, 27/12/2011, (ud. 01/12/2011, dep. 27/12/2011), n.28865

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24348-2009 proposto da:

M.P. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliata in ROMA, Via BALDO DEGLI UBALDI 66, presso l’avvocato

RINALDI GALLICANI SIMONA, rappresentata e difesa dall’avvocato

FIORILLO REMIGIO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositato il

15/09/2008, n. 3747/07 equa riparazione;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/12/2011 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO IMMACOLATA che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

La Corte:

Fatto

RILEVATO

che M.P. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, illustrati con memoria, avverso il provvedimento emesso dalla Corte d’appello di Napoli depositato in data 15/9/08 con cui il Ministero della Giustizia veniva condannato al pagamento in suo favore della somma di Euro 4200,00 a titolo di equo indennizzo ex lege n. 89 del 2001 per l’eccessiva durata di un procedimento svoltosi in due gradi innanzi al tribunale prima ed alla Corte d’appello di Salerno poi;

che il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso;

che la Corte ha optato in camera di consiglio per la motivazione semplificata.

Diritto

OSSERVA

Il decreto impugnato, rilevato che il giudizio presupposto di primo grado era iniziato in primo grado il 27.10.94 e definito con sentenza del 29.12.01 (per complessivi anni sette e mesi 2, mentre quello di secondo grado era durato dal 26.9.02 al 5.1.07 (per complessivi anni 4 e mesi 4), ha riconosciuto una eccessiva durata di anni quattro e liquidato a titolo di equo indennizzo la somma di Euro 4200,00.

Il primi due motivi di ricorso, censurano sotto il profilo della violazione di legge e del vizio motivazionale l’erronea determinazione del periodo di eccessiva durata del processo e conseguentemente la insufficienza della liquidazione del danno morale.

Il terzo motivo contesta la liquidazione delle spese.

Il primi due motivi sono manifestamente fondati nei limiti di seguito indicati.

E’ noto che i parametri stabiliti dalla CEDU prevedono una durata normale di tre anni per il giudizio di primo grado, due per quello di secondo e un anno un anno e mezzo per quello di terzo. E’ altresì noto che trattasi di parametri indicativi che sono suscettibili degli opportuni adattamenti al caso concreto, in ragione della particolare complessità della causa ovvero sommando ad essi i ritardi imputabili al comportamento delle parti.

Nel caso di specie, a fronte di una durata complessiva del processo accertata in anni undici e mesi sei, la Corte d’appello ha determinato l’eccessiva durata in anni quattro discostandosi immotivatamente dai sopraccitati parametri CEDU. Nel caso specie non si rinviene infatti nel decreto impugnato alcuna adeguata motivazione nel senso indicato di una particolare complessità della causa o di un comportamento dilatorio delle parti, avendo, invece, il giudice di merito determinato il periodo di irragionevole durata escludendo la durata relativa al processo di secondo grado con motivazione del tutto inadeguata basata sul fatto che cause analoghe avrebbero pari durata che è di per sè inidonea a giustificare il discostamento dai parametri Cedu.

La erronea determinazione del periodo di eccessiva durata, inferiore a quello effettivo ha conseguentemente determinato la liquidazione di una somma per equo indennizzo inferiore a quella effettivamente dovuta.

I primi due motivi di ricorso vanno pertanto accolti.

II terzo motivo resta assorbito.

Pertanto il ricorso va accolto per quanto di ragione con conseguente cassazione del decreto impugnato in relazione alla censura accolta e, sussistendo i presupposti di cui all’art. 384 c.p.c., la causa può essere decisa nel merito con la condanna del Ministero al pagamento dell’equo indennizzo liquidato in favore del ricorrente sulla base dei parametri Cedu in Euro 5750,00 in ragione di una eccessiva durata di anni sei e mesi sei in base ad una durata ragionevole di anni cinque, oltre interessi legali dalla domanda al saldo nonchè al pagamento delle spese di giudizio liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato in ragione della censura accolta e decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento della somma di Euro 5750,00 in favore della ricorrente oltre interessi legali dalla domanda al saldo nonchè al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate per l’intero in Euro 650,00 per onorari oltre Euro 100,00 per esborsi ed oltre spese generali ed accessori di legge, nonchè al pagamento delle spese del giudizio di merito liquidate in Euro 500,00 per onorari, Euro 572,00 per diritti ed Euro 50,00 per spese oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2011

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