Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28862 del 12/11/2018

Cassazione civile sez. VI, 12/11/2018, (ud. 16/10/2018, dep. 12/11/2018), n.28862

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7241/2018 proposto da:

D.I.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato RICCARDO FERNIANI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. R.G. 12994/2017 del TRIBUNALE di BOLOGNA,

depositato il 22/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/10/2018 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO

TERRUSI.

Fatto

RILEVATO

che:

D.I.G. ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto del tribunale di Bologna in data 22-1-2018, col quale è stata respinta l’impugnazione nei riguardi del provvedimento della commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale;

il Ministero dell’Interno ha replicato con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

il ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8oltre che l’omesso esame di fatti decisivi in ordine alla situazione esistente in Nigeria, lamentando esser mancata un’attività istruttoria a riguardo di quanto allegato;

pone a base della censura l’assunto che l’esistenza di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria non è subordinata alla condizione che questi fornisca la prova di essere stato oggetto di minaccia a motivo di elementi peculiari della propria situazione o condizione; ciò a fronte della precisa allegazione da parte sua del pericolo che sarebbe derivato alla vita e all’incolumità personale dal rifiuto di aderire alla locale setta degli (OMISSIS), di cui faceva parte lo zio, pretendente alle nozze con la propria madre rimasta vedova;

il ricorso è inammissibile poichè finalizzato al riesame della valutazione in fatto;

il tribunale, con ampia e circostanziata motivazione, ha ritenuto inattendibili le dichiarazioni del ricorrente in ordine ai fatti allegati, siccome vaghe e generiche, poco coerenti e non contestualizzate nel tempo e nello spazio;

ha quindi motivatamente concluso nel senso che egli non aveva compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda di protezione, anche considerando che le notizie ufficiali disponibili circa la setta degli (OMISSIS) – si palesavano in – parziale contrasto – con le dichiarazioni afferenti al supposto reclutamento forzato; la motivazione appare immune da rilievi e l’accertamento sottostante, congruamente motivato, resta insindacabile in questa sede, poichè concretizza proprio quella verifica officiosa diretta a verificare il grado di diffusione e impunità di comportamenti violenti generalizzati anche da parte di gruppi asseritamente operanti in base a regole non scritte;

peraltro questa Corte ha già avuto modo di osservare che le dichiarazioni intrinsecamente inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva contenuti nel D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 3, effettivamente non richiedono un approfondimento istruttorio officioso se la mancanza di veridicità non derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori sulla situazione oggettiva dalla quale scaturisce la situazione di rischio descritta (v. in motivazione Cass. n. 7333-15); ed egualmente dicasi per la narrazione di episodi anche violenti ma strettamente interpersonali, che di per sè può non dar luogo alla necessità di un approfondimento istruttorio officioso;

il tribunale ha infine in ogni caso esaminato anche la situazione del Delta State come evincibile da report ufficiali puntualmente citati in motivazione, e ha escluso l’esistenza di condizioni rilevanti ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c);

da ogni punto di vista quindi l’indagine che il caso richiedeva è stata fatta e la sottostante valutazione attiene al merito;

le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in Euro 2.000,00, oltre le spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 16 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2018

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