Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28861 del 27/12/2011

Cassazione civile sez. I, 27/12/2011, (ud. 29/11/2011, dep. 27/12/2011), n.28861

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3762/2010 proposto da:

B.A. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, Via GIULIA DI COLLOREDO 46-48, presso l’avvocato DE PAOLA

Gabriele, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

nonchè da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

B.A. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, Via GIULIA DI COLLOREDO 46/48, presso l’avvocato DE PAOLA

GABRIELE, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del

controricorso al ricorso incidentale;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositato il

08/09/2009, n. 285/09 R.V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/11/2011 dal Consigliere Dott. RENATO RORDORF;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del ricorso

incidentale, accoglimento del principale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Trieste, con decreto emesso l’8 settembre 2009, rigettò i ricorsi che il sig. B.A. aveva proposto per ottenere un equo indennizzo in conseguenza dell’eccessiva durata di un giudizio da lui intrapreso nel dicembre del 1995 dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, poi proseguito in secondo grado dinanzi al Consiglio di Stato ed ancora in corso nell’aprile del 2009.

La corte triestina motivò la propria decisione con il rilievo che la pretesa fatta valere dal ricorrente nel suddetto giudizio amministrativo risultava manifestamente infondata, siccome contraria ad un consolidato orientamento giurisprudenziale, e che pertanto nessun patimento d’animo lo stesso ricorrente poteva aver sofferto per il lamentato ritardo di giustizia.

Per la cassazione di tale decreto il sig. B. ha proposto ricorso.

L’amministrazione intimata si è difesa con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale, al quale il sig. B. ha replicato depositando a propria volta un controricorso ed una successiva memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I ricorsi proposti avverso la medesima sentenza debbono preliminarmente esser riuniti, come dispone l’art. 335 c.p.c..

2. Il ricorso incidentale, il cui esame è logicamente preliminare, appare destituito di fondamento.

Infatti, come già ripetutamente affermato da questa corte, l’innovazione introdotta dal D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, convertito con L. 6 agosto 2008, n. 133, secondo cui la domanda di equo indennizzo non è proponibile se nel giudizio davanti al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione non sia stata presentata l’istanza di prelievo ai sensi del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, art. 51, è inapplicabile ai procedimenti di equa riparazione aventi ad oggetto un giudizio amministrativo introdotto prima dell’entrata in vigore della predetta normativa (cfr., ex multis, Cass. 4 gennaio 2011, n. 115).

3. E’ invece fondato il ricorso principale, nella parte in cui si richiama al consolidato principio secondo il quale il diritto all’equa riparazione spetta indipendentemente dall’esito del processo della cui eccessiva durata ci si duole, salvo che il soccombente abbia proposto una lite temeraria, difettando in tal caso il presupposto stesso dell’incertezza e del conseguente disagio psicologico derivante dall’attesa di giustizia (cfr., ex multis, Cass. 20 agosto 2010, n. 18780; e Cass. 12 maggio 2011, n. 10500).

Se è vero che la valutazione in ordine alla temerarietà della lite spetta al giudice di merito e che, se adeguatamente motivata, essa si sottrae al vaglio della Suprema corte, è vero altresì che, nel caso in esame, tale motivazione risulta affidata unicamente al generico richiamo ad una giurisprudenza di segno contrario all’accoglimento della pretesa fatta valere dal ricorrente nel giudizio intrapreso dinanzi al tribunale amministrativo. Il che non appare sufficiente a dimostrare, sul piano logico, la temerarietà di siffatta pretesa, ove almeno non si deduca che chi la ha avanzata non solo era cosciente dell’esistenza di una giurisprudenza di segno contrario, ma nulla ha addotto – in un sistema giuridico come il nostro, che non riconosce valore vincolante ai precedenti giurisprudenziali – per tentare di provocarne un ribaltamento o una qualsiasi forma di revisione.

4. L’accoglimento della doglianza sopra riferita comporta la cassazione del decreto impugnato e l’assorbimento della doglianza del ricorrente in punto di spese processuali.

5. Non dovendosi procedere ad ulteriori accertamenti di fatto, è possibile decidere senz’altro la causa nel merito, accogliendo la domanda di equo indennizzo proposta dal sig. B..

Nel determinare il quantum della condanna, si deve tener conto del fatto che il giudizio amministrativo di cui si discute è stato promosso alla fine dell’anno 1995 e risultava ancora pendente quando è stata presentata, nell’aprile del 2009, la domanda di equa riparazione. Si tratta, perciò, di un periodo di tredici anni e quattro mesi circa: il che, alla stregua dei parametri usualmente adoperati da questa corte in materia, conduce a liquidare equitativamente, per il ristoro del danno non patrimoniale derivante dal ritardo di giustizia, un indennizzo pari ad Euro 6.650,00, sul quale andranno computati interessi a far tempo dalla domanda.

6. L’esito della lite comporta che l’amministrazione intimata debba essere altresì condannata al pagamento delle spese processuali, che vengono liquidate, quanto al giudizio di merito, in complessivi Euro 873,00 (di cui Euro 445,00 per onorari ed Euro 378,00 per diritti) e, quanto al giudizio di legittimità, in complessivi Euro 665,00 (di cui Euro 565,00 per onorari), oltre in entrambi i casi alle spese generali ed agli accessori di legge, con distrazione in favore del difensore antistatario.

P.Q.M.

La corte riunisce i ricorsi, rigetta quello incidentale, accoglie il ricorso principale, cassa l’impugnato decreto e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze a corrispondere al ricorrente la somma di Euro 6.650,00, con interessi a far tempo dalla domanda, nonchè al pagamento delle spese del giudizio di merito e di quelle del giudizio di legittimità, liquidate come in motivazione, da distrarsi in favore del difensore antistatario.

Così deciso in Roma, il 29 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2011

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