Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28859 del 16/12/2020

Cassazione civile sez. III, 16/12/2020, (ud. 10/09/2020, dep. 16/12/2020), n.28859

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 29072/19 proposto da:

-) M.B., elettivamente domiciliato a Civitanova Marche, v.

Orsini 59, presso l’avvocato Maria Cristina Tasselli, che lo difende

in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso il decreto del Tribunale di Milano 24.8.2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10 settembre 2020 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. M.B., cittadino (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis).

A fondamento della domanda dedusse di avere lasciato il proprio Paese in quanto, avendo avuto una relazione omosessuale, e dopo essere stato per questa ragione picchiato e minacciato dai genitori del suo partner, correva il rischio di essere arrestato e, in caso di condanna, decapitato.

La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

2. Avverso tale provvedimento M.B. propose, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis ricorso dinanzi alla sezione specializzata, di cui al D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 1, comma 1, del Tribunale di Milano, che la rigettò con decreto 24.8.2019.

Il Tribunale ritenne che:

-) il racconto del richiedente fosse inattendibile;

-) di conseguenza, lo status di rifugiato non potesse essergli accordato;

-) la protezione sussidiaria non potesse essere concessa in quanto, in caso di rimpatrio, il richiedente non era esposto nè al rischio di condanna a morte, nè al rischio di tortura o trattamenti degradanti, anche in questo caso la luce della inattendibilità del suo racconto;

-) la protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), non potesse essergli concessa, perchè in (OMISSIS) non esisteva una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato;

-) il permesso di soggiorno per motivi umanitari non potesse essergli concesso, in quanta il richiedente non aveva “dedotto particolari e sufficienti elementi per ò ritenere che, ove rientrasse nel paese d’origine, si troverebbe in uno stato di particolare vulnerabilità, attesi anche i legami familiari esistenti”.

3. Tale decreto è stato impugnato per cassazionè da M.B. con ricorso fondato su tre motivi.

Il Ministero dell’Interno non si è difeso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente censura il decreto impugnato nella parte in cui ha ritenuto inattendibile il racconto da lui posto a fondamento della domanda di protezione.

1.1. Il motivo è inammissibile per due indipendenti ragioni:

a) in primo luogo perchè censura un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito;

b) in secondo luogo perchè il ricorrente contrappone la propria valutazione a quella del tribunale, senza nemmeno indicare per quali ragioni e sotto quale profilo il tribunale avrebbe violato il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3.

In ogni caso il tribunale ha compiuto una valutazione coerente con i criteri dettati da quest’ultima norma, valorizzando in particolare la decisiva circostanza che l’odierno ricorrente attese quattro anni prima di formulare la propria domanda di protezione internazionale.

2. Col secondo motivo il ricorrente censura il rigetto della sua domanda di protezione sussidiaria.

Il motivo contiene due censure.

Con una prima censura il ricorrente sostiene che il tribunale “trincerandosi dietro le solite motivazioni standard”, avrebbe trascurato di considerare la oggettiva situazione di vulnerabilità in cui si trova il richiedente, a causa della sua condizione di omosessuale.

2.1. Tale censura è manifestamente inammissibile perchè non si confronta con la ratio decidendi sottesa dalla sentenza impugnata.

Il giudice di merito ha infatti ritenuto che il ricorrente non fosse un omosessuale, e di conseguenza non aveva alcuna necessità di indagare se in (OMISSIS) gli omosessuali si trovino meno in una condizione di vulnerabilità.

2.2. Con una seconda censura il ricorrente sostiene che erroneamente il tribunale ha escluso la sussistenza di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato in (OMISSIS).

L’illustrazione del òmotivo è così concepita:

-) dapprima il ricorrente richiama il principio di cooperazione istruttoria (pagina 7);

-) quindi trascrive un ampio brano di una sentenza della corte d’appello di Venezia (pagine 7-10);

-) successivamente trascrive (senza virgolette) un brano estratto dalla motivazione di Cass. 9427/18 (p. 10);

-) infine, dopo aver ribadito e nuovamente invocato il principio di cooperazione istruttoria (pagina 11), conclude affermando che le stesse COI citate dal tribunale non sarebbero “rassicuranti”, e che di diverso avviso sarebbe stato in due decisioni coeve il Tribunale di Ancona.

2.3. Il motivo è manifestamente inammissibile.

Stabilire se in un paese c’è o non c’è la guerra è un accertamento di fatto, non di diritto.

L’unica regola di diritto sindacabile in sede di legittimità è l’obbligo del giudice di merito di accertare la situazione del paese di origine del richiedente asilo in base a fonti attendibili ed aggiornate.

Nel caso di specie il Tribunale di Milano ha senz’altro assolto tale obbligo, richiamando mezza dozzina di rapporti internazionali, il più recente dei quali datato 17 aprile 2019 (la sentenza è stata deliberata il 5 giugno 2019).

3. Col terzo motivo il ricorrente censura il rigetto della domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Sostiene che il tribunale di Milano “ha seguito un proprio personalissimo convincimento disattendendo l’elaborazione giurisprudenziale raggiunta concordemente dalla maggior parte dei giudicanti italiani”; invoca a sostegno di tale affermazione varie decisioni di merito; sostiene che la regione di provenienza del richiedente è “caratterizzata da forti scontri dovuti alla massiccia presenza dei terroristi islamici”; che, di conseguenza, tale situazione si sarebbe dovuta ritenere “sufficiente per addivenire a un diverso pronunciamento e al riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari”. Torna, infine, a ribadire che in caso di rimpatrio egli potrebbe essere incarcerato e ucciso “a causa del suo orientamento sessuale”; e che andrebbe sicuramente incontro ad una emarginazione sociale e lavorativa, nonchè al rifiuto dei suoi familiari di accoglierlo.

3.1. Il motivo è fondato.

Le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza 13.11.2019 n. 29459, hanno stabilito quali siano il fondamento, la natura ed i presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, previsto dal D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis, oggi abrogato e sostituito dal D.L. 4 ottobre 2018, n. 113, art. 1, comma 1, lett. b), n. 2), convertito, con modificazioni, dalla L. 1 dicembre 2018, n. 132).

Tale statuizioni possono così riassumersi:

a) il permesso di soggiorno per motivi umanitari è espressione del diritto di asilo costituzionalmente garantito dall’art. 10 Cost., comma 3, (così il p. 6.1. di “Motivi della decisione” della sentenza sopra ricordata);

b) il permesso di soggiorno per motivi umanitari non è imposto dalla legislazione comunitaria e non può interferire con le forme di protezione internazionale da quella previste: esso è dunque alternativo a queste ultime, nel senso che quando ricorrano i presupposti per la concessione dello status di rifugiato o per la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 non vi sarà spazio per la protezione umanitaria, e viceversa (ibidem, p. 9.2);

c) presupposto del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari è il rischio che il rimpatrio del richiedente possa determinare una compromissione dei suoi diritti umani “al di sotto del nucleo ineliminabile e costitutivo della dignità personale” (ibidem, p. 10.1);

d) nel valutare la sussistenza di questo rischio, il giudice di merito tuttavia deve osservare due limiti:

d’) da un lato, non può limitarsi a prendere in esame soltanto il livello di integrazione conseguito dal richiedente in Italia;

d”) dall’altro, non può accordare il permesso di soggiorno per motivi umanitari per il solo fatto che, nel paese di provenienza del richiedente, sussista una generale violazione dei diritti umani, perchè così facendo “si prenderebbe (…) in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo paese di origine, in termini del tutto generali ed astratti, di per sè inidonea al riconoscimento della protezione umanitaria” (ibidem, p. 10.2).

4.2. Nel caso di specie, l’accertamento indicato al p. che precede, sub (c), non risulta essere stato adeguatamente compiuto, o, se compiuto, non risulta adeguatamente illustrato nella motivazione.

Il decreto impugnato infatti ha escluso che il rimpatrio dell’odierno ricorrente lo esporrebbe a rischi di violazione dei diritti fondamentali, ed ha motivato tale decisione sostenendo che i rischi derivanti da un rimpatrio rispetto alla situazione generale del Paese erano stati “compiutamente analizzati in precedenza” (così il decreto, p. 12), e cioè nella parte del decreto dedicata all’esame della domanda di concessione della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14.

Questa motivazione contiene tuttavia un errore di diritto.

I presupposti della concessione della protezione umanitaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 e quelli del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 sono, infatti, diversi ed alternativi: se ricorrono i primi, non è mestieri di esaminare i secondi, e viceversa.

Da ciò discendono due conseguenze.

La prima è che, una volta esclusa la sussistenza del diritto alla protezione sussidiaria, ed in specie di quella prevista dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, lett. (c), non può per ciò solo escludersi anche la sussistenza dei presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, che andranno comunque accertati in facto. La seconda conseguenza è che il rigetto della domanda di protezione umanitaria non può essere motivato col mero rinvio all’accertata insussistenza dei presupposti per la concessione della protezione sussidiaria, perchè la diversità dei presupposti esige la diversità degli accertamenti.

Il rigetto della domanda di protezione sussidiaria esige infatti l’accertamento dell’insussistenza d’un conflitto armato; il rigetto della domanda di protezione umanitaria esige invece l’accertamento dell’insussistenza del rischio di violazione dei diritti fondamentali in caso di rimpatrio.

Il Tribunale invece, dopo avere accertato l’insussistenza in (OMISSIS) d’una situazione di guerra; e dopo avere correttamente escluso che tale circostanza potesse giustificare la concessione della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c); ha, però, mancato di esporre per quali ragioni abbia ritenuto insussistente il rischio, in caso di rimpatrio, di una violazione dei diritti fondamentali del richiedente asilo al di sotto del minimo inviolabile.

Il Tribunale, a ben vedere, ha rigettato la domanda di protezione umanitaria limitandosi a richiamare i motivi di rigetto della domanda di protezione sussidiaria: ma essendo diversi i presupposti giuridici e fattuali delle due forme di protezione, i motivi che giustificavano il rigetto dell’una non potevano, ex se, sorreggere anche il rigetto dell’altra.

4.3. La sentenza va dunque cassata con rinvio al tribunale di Milano, il quale nel tornare ad esaminare la domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari applicherà il seguente principio di diritto:

“l’accertata insussistenza, nel paese di provenienza del richiedente asilo, di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, ai fini del rilascio della protezione sussidiaria, non esonera il giudice di merito dall’accertare comunque se, in caso di rimpatrio il richiedente sia esposto comunque al rischio individuale di una violazione grave dei propri diritti inviolabili”.

5. Le spese saranno liquidate dal giudice di rinvio.

P.Q.M.

(-) accoglie il terzo motivo di ricorso; rigetta gli altri; cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa al Tribunale di Milano, in persona di altro magistrato, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 10 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2020

 

 

 

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