Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28858 del 16/12/2020

Cassazione civile sez. III, 16/12/2020, (ud. 10/09/2020, dep. 16/12/2020), n.28858

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 29008/19 proposto da:

-) A.G.A.A., domiciliato a Milano, v.

Olmetto n. 5, presso l’avvocato Costanza Pedrotti, che lo difende in

virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso il decreto del Tribunale di Milano 14.8.2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10 settembre 2020 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. A.G.A.A., cittadino (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis).

A fondamento della domanda dedusse di avere lasciato l’Egitto sia per evitare di prestare il servizio militare, sia a causa delle sue condizioni di povertà.

La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

2. Avverso tale provvedimento A.G.A.A. propose, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis ricorso dinanzi alla sezione specializzata, di cui al D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 1, comma 1, del Tribunale di Milano, che la rigettò con decreto 15.6.2019.

Il Tribunale ritenne che:

-) il richiedente non era attendibile, nella parte in cui riferì di temere che, in caso di rimpatrio, potesse essere arrestato e condannato per diserzione; ciò sul presupposto che egli era già rientrato, per sua stessa ammissione, in Egitto senza essere in alcun modo fermato;

-) l’obbligo di prestare il servizio militare non poteva ritenersi una norma violativa dei diritti umani, salvo il caso dell’obiezione di coscienza; nella specie, tuttavia, era stato lo stesso richiedente a dichiarare di essersi sottratto al servizio militare non per motivi di coscienza, ma solo per non rimanere tre anni lontano da casa; in ogni caso i renitenti al servizio militare non costituivano un “gruppo sociale” per i fini di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2 (persecuzione);

-) la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), non potesse essere concessa, perchè il richiedente, in caso di rimpatrio, non era esposto al rischio di condanna morte o tortura;

-) la protezione sussidiaria per l’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), non potesse essere concessa perchè nella zona di provenienza del ricorrente non era in atto alcuna situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato;

-) la protezione umanitaria, infine, non potesse essere concessa perchè a fondamento di essa il richiedente aveva dimostrato soltanto di lavorare in Italia e di avere imparato l’italiano: circostanze, da sole, non sufficienti ai fini della concessione della protezione umanitaria.

3. Il suddetto decreto è stato impugnato per cassazione da A.G.A.A. con ricorso fondato su due motivi.

Il Ministero dell’Interno non si è difeso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorso sostiene, contemporaneamente, che il Tribunale:

-) ha errato nel ritenere inattendibile il suo racconto;

-) ha violato il dovere di cooperazione istruttoria.

Deduce che “non si capisce” perchè il Tribunale abbia ritenuto insussistente il rischio di arresto in caso di rimpatrio, nè avrebbe accertato la effettiva situazione degli obiettori di coscienza in (OMISSIS).

1.1. Il motivo è inammissibile per estraneità alla ratio decidendi.

Il Tribunale ha infatti affermato che il ricorrente non ha mai allegato di essere un obiettore di coscienza, e che l’elusione del servizio militare, per sua stessa ammissione, avvenne solo per motivi economici.

Tale ratio decidendi non è messa in discussione dal ricorso, sicchè era irrilevante per il Tribunale stabilire quale fosse la condizione degli obiettori di coscienza in (OMISSIS).

2. Col secondo motivo, il ricorrente censura il rigetto della domanda di protezione umanitaria. Lamenta la “falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 19982, art. 5”, e sostiene che a tal fine “non può non tenersi in considerazione” che manca dall'(OMISSIS) da 12 anni, e che in Italia lavora e col suo lavoro mantiene la famiglia.

2.1. Il motivo è inammissibile perchè non esprime alcuna censura inquadrabile tra quelle di cui all’art. 360 c.p.c..

In ogni caso, se col motivo in esame il ricorrente avesse inteso denunciare una violazione di legge, esso sarebbe inammissibile, dal momento che il ricorrente non indica sotto quale profilo il Tribunale avrebbe violato il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5.

Se poi volesse ritenersi che il ricorrente abbia inteso prospettare un vizio di omesso esame del fatto, la censura sarebbe parimenti infondata, perchè il Tribunale ha preso in esame il livello di integrazione in Italia raggiunto dal ricorrente, e l’ha ritenuto di per sè non sufficiente a giustificare il rilascio del permesso per motivi umanitari.

Motivazione, quest’ultima, di per sè non erronea, dal momento che non vi è corrispondenza biunivoca tra l’avvenuta integrazione in Italia ed il diritto alla protezione umanitaria. Una già realizzata ed effettiva integrazione può essere soltanto uno degli elementi da prendere in esame ai fine del giudizio di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5; e comunque anche l’avvenuta ed effettiva integrazione può giustificare la protezione umanitaria solo se il rientro in patria del richiedente asilo possa incidere sul “nucleo ineliminabile” dei diritti fondamentali della persona, circostanza che ovviamente non può dirsi sussistente per il solo fatto che in patria il richiedente asilo godrebbe di un meno agiato tenore di vita rispetto a quello raggiunto in Italia (Sez. un., Sentenza Camera di consiglio del 10 settembre 2020 n. 24960 del 13/11/2019; nello stesso senso, in precedenza, Sez. 1, Ordinanza n. 21280 del 09/08/2019; Sez. 1, Sentenza n. 4455 del 23/02/2018, Rv. 647298 – 01).

4. Non occorre provvedere sulle spese del presente giudizio, non essendovi stata difesa delle parti intimate.

La circostanza che il ricorrente sia stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato esclude l’obbligo del pagamento, da parte sua, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), in virtù della prenotazione a debito prevista dal combinato disposto di cui agli artt. 11 e 131 decreto sopra ricordato (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 9538 del 12/04/2017, Rv. 643826 – 01), salvo che la suddetta ammissione non sia stata ancora, o venisse in seguito, revocata dal giudice a ciò competente.

PQM

la Corte di cassazione:

(-) dichiara inammissibile il ricorso;

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 10 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2020

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