Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28852 del 16/12/2020

Cassazione civile sez. III, 16/12/2020, (ud. 15/07/2020, dep. 16/12/2020), n.28852

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31165-2019 proposto da:

R.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE G. MAZZINI,

6, presso lo studio dell’avvocato MANUELA AGNITELLI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrenti –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– resistenti –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 23/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/07/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. R.M., cittadino del (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale, domandando:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis).

2. A fondamento della sua istanza il richiedente dedusse di esser partito dal (OMISSIS) per provvedere al sostentamento della propria famiglia, composta dalla moglie e tre figli. Riferì di lavorare nel proprio paese come contadino in alcune terre di altre persone, poichè le terre appartenenti alla sua famiglia si erano distrutte a causa di un’alluvione. La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento R.M. propose ricorso D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, ex art. 35 bis dinanzi il Tribunale di Roma. In sede di audizione confermava quanto detto dinanzi la Commissione, aggiungendo che a causa dei prestiti chiesti in (OMISSIS), i creditori minacciavano la moglie e figli, ai quali ogni mese inviava dall’Italia dei soldi.

Il Tribunale con decreto n. 17033 depositato e comunicato il 23 luglio 2019 rigettava il ricorso.

Il Tribunale ha ritenuto:

b) infondata la domanda per il riconoscimento dello status di rifugiato, perchè il racconto del richiedente non integra alcuno dei presupposti per tale riconoscimento, essendo un migrante economico;

b) infondata la domanda di protezione sussidiaria provenendo il richiedente da una zona esente da violenza indiscriminata;

d) infondata la domanda di protezione umanitaria non avendo l’istante dimostrato una effettiva integrazione in Italia;

3. Il decreto è stata impugnato per cassazione da R.M., con ricorso fondato su quattro motivi.

Il Ministero dell’Interno non presenta difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta “la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2 e art. 11, lett. e) e f) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 Illogica, contraddittoria e apparente motivazione per aver il Tribunale rigettato la richiesta dello status di rifugiato “non riuscendo a individuare persecuzioni per tendenze e stili di vita”.

Sostiene che sarebbe iniqua la decisione del tribunale, là dove gli ha negato lo status di rifugiato perchè migrante economico.

Il motivo è inammissibile. Il motivo non contiene alcuna enunciazione in iure per sostenere la tesi esposta dal ricorrente.

Il Tribunale ha ritenuto, con motivazione incensurabile in questa sede, l’inesistenza dei presupposti – fatti o atti persecutori – richiesti per la protezione internazionale, senza che il ricorrente abbia opposto, nell’illustrazione del motivo, convincenti ragioni idonee ad inficiare la decisione di merito.

4.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la “violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma 1, lett. c e art. 3, comma 3, lett. a) e artt. 2, 3, 5, 8 e 9 CEDU, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1 bis in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, dal momento che il rigetto della protezione sussidiaria è stato omesso senza alcuna valutazione sulla sussistenza del danno grave. Difetto di istruttoria.”

Il motivo è inammissibile per genericità perchè considera cinque righe della motivazione sulla sussidiaria e omette qualsiasi rilievo su tutto il resto; a torto imputa al tribunale di non avere indagato sulle condizioni del paese di rientro.

In ogni caso il giudice di merito ha adeguatamente motivato l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, valutando i rischi nel caso di rimpatrio e valutando, in base a fonti aggiornate, ufficiali e attendibili, la zona di provenienza del richiedente. In merito a ciò, il ricorrente fa riferimento al sito “(OMISSIS)” come fonte da prendere in considerazione ai fini della valutazione del paese di origine, ma questa Corte ha recentemente riaffermato che tra le COI affidabili non rientra anche questo sito, avendo scopi e funzioni solo in parti corrispondenti a quelli perseguiti nel processo di protezione internazionale (sentenza n. 8819/2020).

4.3 Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la “violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. a) e b), artt. 3 e 7 CEDU, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, dal momento che il rigetto del riconoscimento della protezione sussidiaria è stato omesso (anche) sulla base del giudizio prognostico, futuro e incerto e non sullo stato effettivo ed attuale del paese d’origine, ritenendo che in (OMISSIS) non vi fosse un pericolo generalizzato”.

Il motivo è infondato dove non è inammissibile perchè pretestuoso: si duole, senza spiegare da che cosa lo deduca, che la valutazione del tribunale non sarebbe stata basata “sullo stato effettivo ed attuale del paese di origine”, bensì su un giudizio prognostico. Ma il tribunale ha citato fonti attuali.

Infatti secondo i principi di questa Corte, il dovere di cooperazione istruttoria sussiste sempre, anche in presenza di narrazioni non attendibili o non credibili, in relazione alla fattispecie contemplata dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c). Questo dovere consiste nell’acquisire COI affidabili e attuali rispetto il Paese d’origine del richiedente, considerando la situazione sociopolitica ai fini di un eventuale rischio di danno grave nel caso di rimpatrio. Questi principi son stati seguiti dal giudice di merito, il quale riportando vari Report ufficiali e attuali, datati al 2018, afferma che “il ricorrente in caso di rimpatrio non correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di minaccia grave e individuale alla vita”.

4.4. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la “violazione del combinato disposto di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, art. 19, comma 1, violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. c) e comma 4 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Illogica, contraddittoria e apparente motivazione per aver il Tribunale rigettato la richiesta di protezione umanitaria senza operare un esame specifico e attuale della situazione soggettiva e Oggettiva del richiedente, con riferimento al paese di origine”.

Il motivo è infondato.

Questa Corte, ha già ripetutamente affermato che il permesso di soggiorno per motivi umanitari è una misura residuale ed atipica, che può essere accordata solo a coloro che, se facessero ritorno nel Paese di origine, si troverebbero in una situazione di vulnerabilità strettamente connessa al proprio vissuto personale. Se così non fosse, il permesso di soggiorno per motivi umanitari, misura “personalizzata” e concreta, finirebbe per essere accordato non già sulla base delle specificità del caso concreto, ma sulla base delle condizioni generali del Paese d’origine del richiedente, in termini del tutto generali ed astratti, ed in violazione della ratio e della lettera della legge (Sez. 1 -, Sentenza n. 4455 del 23/02/2018, Rv. 647298 – 01). Per quanto attiene, infine, alla deduzione dell’avvenuto inserimento lavorativo nel nostro Paese del richiedente, tale circostanza è da sola giuridicamente irrilevante ai fini della concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, in assenza di una situazione di vulnerabilità che, per quanto detto, deve dipendere dal rischio di subire nel Paese d’origine una significativa ed effettiva compromissione dei suoi diritti fondamentali inviolabili (che nel caso di specie è stata solo genericamente dedotta), condizione che non può ravvisarsi nel mero rischio di regressione a condizioni economiche meno favorevoli. Nel caso di specie il giudice di merito ha ritenuto non meritevoli di tutela le ragioni esposte dal ricorrente, da una parte per l’insussistenza di condizioni di vulnerabilità, dall’altra per l’assenza di un effettivo percorso di integrazione in Italia. Il motivo si duole della parte finale della motivazione, ma trascura tutto quello la precede, sicchè è inidoneo e inusuale.

5. Non e luogo a provvedere sullè spese del presente giudizio, attesa la indefinsio della parte pubblica.

6. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), a condizione che esso sia dovuto: condizione che non spetta a questa Corte stabilire. La suddetta norma, infatti, impone all’organo giudicante il compito unicamente di rilevare dal punto di vista oggettivo che l’impugnazione ha avuto un esito infruttuoso per chi l’ha proposta.

PQM

la Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 Luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2020

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