Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2885 del 03/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 03/02/2017, (ud. 09/01/2017, dep.03/02/2017),  n. 2885

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 6879/13, proposto da:

Pronto Modo s.a.s. di L.A. & C., in persona del legale

rappres. p.t., elettivamente domiciliato in Barcellona P.G., presso

l’avv. Nicola Verderico, che la rappresenta e difende, con procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate s.p.a. – quale successore di legge dell’Agenzia

del territorio – in persona del legale rappres. p.t., elett.te

domic. presso l’avvocatura dello Stato da cui è rappres. e difesa

come per legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6/27/2012 della Commissione tributaria

regionale della Sicilia, depositata l’11/1/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/1/2017 dal consigliere dott. Rosario Caiazzo;

udito il difensore della parte ricorrente, avv. Verderico;

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. Del

Core Sergio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La “Pronto Moda” s.a.s. di L.A. & C impugnò, innanzi alla CTP di Palermo, una cartella di pagamento, relativa all’anno d’imposta 1997, emessa dalla SE.RI.T. Sicilia s.p.a., quale concessionaria della riscossione delle imposte, sulla base di un ruolo formato dall’agenzia delle entrate, a titolo d’iva, sulla base di un precedente avviso di rettifica.

Si costituì l’agenzia delle entrate, eccependo la definitività del suddetto avviso di rettifica per la mancata impugnazione.

La CTP accolse il ricorso, ritenendo illegittima la notificazione dell’avviso di rettifica e argomentando che la cartella di pagamento fosse stata notificata tardivamente, oltre il giorno 5 del mese successivo a quello nel corso del quale era stato consegnato il ruolo al concessionario.

L’agenzia delle entrate propose appello, censurando i suddetti capi della motivazione.

Si costituì la predetta società, ribadendo le proprie difese.

La CTP della Sicilia accolse l’appello, dichiarando legittime la notificazione dell’avviso di rettifica e della cartella di pagamento.

La società ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza, formulando quattro motivi.

Con il primo motivo, la parte ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 10 e 19, artt. 324 e 326 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, rilevando che unico legittimato all’appello fosse il concessionario della riscossione dei tributi e non l’agenzia delle entrate, almeno con riguardo al capo della sentenza relativo alle eccezioni procedurali.

Con il secondo motivo, la ricorrente ha lamentato la nullità della sentenza e del procedimento per omessa integrazione del contraddittorio, venendo in rilevo un litisconsorzio necessario a norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2 e art. 14, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4); in particolare, è stata censurata la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti del suddetto concessionario da parte del giudice d’appello.

Con il terzo motivo, la sentenza impugnata è stata criticata per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 e art. 145 ss. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, in ordine all’asserita illegittimità della notificazione dell’avviso di rettifica, sia perchè effettuata nei confronti della “Pronto Moda dei f.lli L.” s.a.s., invece che nei confronti della “Pronto Moda s.a.s. di L.A. & C.”, sia perchè l’atto era stato consegnato in mani di soggetto non abilitato alla relativa ricezione.

Con il quarto motivo, la ricorrente ha denunciato l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in ordine alla questione della legittimità della notificazione del suddetto avviso di rettifica.

Resiste l’agenzia delle entrate, eccependo l’infondatezza dei motivi di ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, il collegio delibera di redigere la sentenza in forma semplificata.

Il ricorso è infondato.

I primi due motivi vanno esaminati congiuntamente, rilevatane la connessione oggettiva.

Con il primo motivo, parte ricorrente ha dedotto che l’agenzia delle entrate non avrebbe disposto della legittimazione a proporre appello avverso la sentenza di primo grado, riguardo al capo relativo alle eccezioni procedurali – con specifico riferimento alla questione della tardività della notificazione della cartella impugnata – trattandosi di legittimazione esclusiva del concessionario della riscossione delle imposte, venendo in rilievo un vizio proprio della cartella impugnata.

Con il secondo motivo, è stata invocata la sussistenza di un litisconsorzio processuale necessario tra l’agenzia delle entrate e il concessionario.

Per ciò che concerne la sollevata questione di legittimazione, non v’è alcun motivo per discostarsi dal principio già espresso da questa Corte, secondo cui in materia di impugnazione della cartella esattoriale, la tardività della notificazione della cartella non costituisce vizio proprio di questa, tale da legittimare in via esclusiva il concessionario a contraddire nel relativo giudizio. Il giudice non è tenuto a disporre d’ufficio l’integrazione del contraddittorio, in quanto non è configurabile nella specie un litisconsorzio necessario (Cass., 31.10.2007, n. 22939; 14.5.2014, n. 10477).

I motivi terzo e quarto (da esaminare congiuntamente, data la connessione), sono parimenti infondati, in quanto: la notificazione dell’atto impugnato fu correttamente effettuata presso la sede sociale della società contribuente, considerato che la stessa non era stata oggetto di trasformazione ma di mera variazione della denominazione sociale (da “Pronto Moda dei F.lli L.” s.a.s. a “Pronto Moda s.a.s di L.A. & C.”); l’atto fu consegnato in mani di Pietro L., soggetto che il giudice d’appello ha ritenuto abilitato alla ricezione dell’atto, con motivazione non censurabile.

Al riguardo, la Corte ritiene di dare continuità all’orientamento secondo cui, ai fini della regolarità della notificazione di atti a persona giuridica mediante consegna a persona addetta alla sede (art. 145 c.p.c., comma 1), senza che consti la previa infruttuosa ricerca del legale rappresentante e, successivamente, della persona incaricata di ricevere le notificazioni, è sufficiente che il consegnatario si trovi presso la sede della persona giuridica destinataria non occasionalmente, ma in virtù di un particolare rapporto che, non dovendo essere necessariamente di prestazione lavorativa, può risultare anche dall’incarico, pur se provvisorio e precario, di ricevere le notificazioni per conto della persona giuridica. Ne consegue che, qualora dalla relazione dell’ufficiale giudiziario risulti la presenza di una persona che si trovava nei locali della sede, è da presumere che tale persona fosse addetta alla ricezione degli atti diretti alla persona giuridica, anche se da questa non dipendente, laddove la società, per vincere la presunzione in parola, ha l’onere di provare che la stessa persona, oltre a non essere una sua dipendente, non era neppure addetta alla sede per non averne mai ricevuto incarico alcuno (Cass., ord., n. 14865/12; sentenza, 2.7.2010, n. 15798).

Va altresì soggiunto che, fino a prova contraria, anche per le società prive di personalità giuridica (ma comunque iscritte nel registro delle imprese) si deve presumere la coincidenza tra sede legale e luogo di svolgimento continuativo dell’attività sociale (Cass., ord. n. 16800/2006; sent., 25.9.2012, n. 16245).

Nella fattispecie, parte ricorrente non ha fornito la prova contraria afferente alla suddetta presunzione.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

rigetta il ricorso, condannando la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida nella somma di Euro 4000,00 oltre la maggiorazione del 15%, ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 9 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2017

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