Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28845 del 27/12/2011

Cassazione civile sez. I, 27/12/2011, (ud. 14/11/2011, dep. 27/12/2011), n.28845

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Avv. P.C. (c.f. (OMISSIS)), rappresentato da

se stesso ed elett.te dom.to nel suo studio in Catania, Via Federico

Ciccaglione n. 15;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro in

carica, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale

dello Stato e domiciliato presso gli uffici della stessa in Roma, Via

dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Catania n. 1613 cron.

1429 rep., emesso nel procedimento civile n. 172/2008 R.G. affari

camera di consiglio e depositato il 30 luglio 2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14

novembre 2011 dal Consigliere Dott. Carlo DE CHIARA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’avv. P.C. si rivolse alla Corte d’appello di Caltanissetta e quindi, a seguito della declaratoria d’incompetenza della stessa, a quella di Catania per ottenere l’equa riparazione, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, del danno cagionatogli dalla eccessiva durata di un giudizio amministrativo di impugnazione di delibere relative a pubblico concorso, da lui intrapreso davanti al Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, Sezione di Catania, con un primo ricorso del 1997 recante il n. 722/97, con un secondo ricorso dello stesso anno recante il n. 1562/1997 e con un terzo ricorso del 2000, recante il n. 4211/00; processo poi proseguito in grado di appello davanti al Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Siciliana e ancora pendente.

La Corte di Catania ha respinto la domanda di riparazione con riferimento al giudizio di primo grado e l’ha accolta quanto al giudizio di appello, protrattosi, alla data del deposito del ricorso davanti ad essa Corte (14 aprile 2008), per cinque anni e quattro mesi, dunque due anni e quattro mesi oltre il termine ragionevole di durata stimato in tre anni. Per tale eccedenza ha quindi liquidato, a titolo di danno non patrimoniale, la complessiva somma di Euro 2.250,00, pari a Euro 1.000,00 annui. Ha invece respinto la richiesta di ristoro del danno patrimoniale, indicato dal ricorrente nella mancata assunzione al posto messo a concorso, per difetto del nesso di causalità.

Il soccombente ha quindi proposto ricorso per cassazione per due motivi, cui l’amministrazione intimata ha resistito con controricorso. Il ricorrente ha anche presentato memoria.

In camera di consiglio il Collegio ha deliberato che la motivazione della presente sentenza sia redatta in maniera semplificata, non ponendosi questioni rilevanti sotto il profilo della nomofilachia.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione di norme di diritto, si lamenta che la Corte d’appello:

a) abbia fissato alla fine del 1997 la decorrenza del termine di durata del processo di primo grado relativo ai ricorsi proposti in quell’anno, senza tuttavia provvedere alla pur richiesta acquisizione degli atti del processo presupposto;

b) abbia fissato il corrispondente dies ad quem non già alla data del deposito della sentenza, avvenuto il 14 febbraio 2002, bensì a quella della delibera di Giunta comunale 23 giugno 2000 di nuova approvazione della graduatoria di concorso.

1.1. – La censura a) è infondata, perchè il dovere di acquisire gli atti del processo presupposto, ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 5, sorge solo al fine di comprovare le eventuali allegazioni in fatto del ricorrente, non certo di sopperire al difetto delle allegazioni necessarie – come la data di inizio del processo presupposto – da parte del ricorrente stesso.

1.2. – La censura b) è invece fondata, rilevando, ai fini dell’equa riparazione, esclusivamente la durata del processo, la quale si verifica con la pubblicazione della sentenza.

2. – Con il secondo motivo, sempre denunciando violazione di legge, si censura il disconoscimento del nesso di causalità fra mancata assunzione dell’impiego messo a concorso ed eccessiva durata del processo di impugnazione del provvedimento amministrativo negativo.

2.1. – Il motivo è infondato perchè, nel giudizio per equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001, il danno patrimoniale risarcibile è solo quello che derivi da ritardo irragionevole del processo secondo il principio della normale sequenza causale e non possono, quindi, ricondursi nell’ambito di detto danno le poste economiche che avrebbero dovuto e potuto essere dedotte nel giudizio della cui eccessiva durata ci si duole (per tutte, Cass. 26761/2008), quale appunto la mancata assunzione all’impiego ad opera dell’ente controparte del giudizio in cui della mancata assunzione si discute.

3. – Il decreto impugnato va in conclusione cassato in accoglimento della censura b) del primo motivo.

Non essendo tuttavia necessari ulteriori accertamenti di fatto – in presenza dell’incensurata determinazione triennale, da parte del giudice di merito, della ragionevole durata del processo di primo gtrado, nonchè della determinazione del danno non patrimoniale in ragione di Euro 1.000,00 annui – la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, ult. parte, con il riconoscimento del ristoro anche del danno non patrimoniale derivante dall’ eccessivo protrarsi del primo grado del processo presupposto per ulteriori anni 1, mesi 1 e giorni 14, e dunque determinando l’ulteriore ristoro in Euro 1.125,00. In tal modo la complessiva riparazione ascende ad Euro 3.375,00 (2.250,00 + 1.125,00).

Le spese dell’intero giudizio, sia di merito che di legittimità, vanno compensate fra le parti in considerazione della reciproca soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento di Euro 3.375,00; dichiara compensate fra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2011

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