Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28845 del 12/11/2018

Cassazione civile sez. VI, 12/11/2018, (ud. 08/02/2018, dep. 12/11/2018), n.28845

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6399/2017 proposto da:

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIUSEPPE MAZZINI

145, presso lo studio dell’avvocato PAOLO GARAU, che la rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE SPA (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 190,

presso l’AREA LEGALE TERRITORIALE CENTRO, rappresentata e difesa

dall’avvocato ANNA MARIA ROSARIA URSINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 17705/2016 del TRIBUNALE di ROMA, depositata

il 26/09/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 08/02/2018 dal Consigliere Dott. ANTONELLA

PELLECCHIA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Unipolsai Assicurazioni Spa conveniva Poste Italiane Spa dinanzi al Giudice di Pace di Roma, per sentirla condannare alla restituzione della somma di Euro 4.500,00, doppiamente versata nei confronti del beneficiario di un assegno bancario incassato da un soggetto diverso dall’effettivo destinatario, a causa dell’imperizia degli operatori di sportello di Poste Italiane Spa, domandando altresì il risarcimento per gli ulteriori danni patiti. La convenuta si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda, in quanto infondata.

Con sentenza 18780/2015, il Giudice adito rigettava la domanda attorea, ritenendo insussistente la responsabilità delle Poste italiane Spa.

2. La soccombente proponeva appello avverso detta sentenza, lamentando l’erronea valutazione della responsabilità dell’appellata oltre che per la mancata ammissione dei mezzi istruttori.

Il Tribunale Civile di Roma rigettava il gravame con sentenza n. 17705, del 26 settembre 2016, confermando quanto già statuito in primo grado circa l’inconfigurabilità della responsabilità di Poste Italiane Spa, avendo quest’ultima puntualmente dimostrato di avere diligentemente adempiuto all’obbligo di identificazione del portatore dell’assegno depositando la copia della carta d’identità e del codice fiscale esibiti dal portatore dell’assegno presentatosi come effettivo intestatario a richiesta dell’addetto allo sportello che, ictu oculi, non presentavano tracce di evidente contraffazione e non avrebbe potuto essere a conoscenza del fatto che il reale beneficiario fosse una persona diversa, seppure con lo stesso nome, in quanto nessun dato rilevante in questo senso emergeva dal titolo.

3. Unipolsai assicurazioni propone ricorso per cassazione contro la pronuncia del Tribunale di Roma, con due motivi. Poste Italiane Spa resiste con controricorso.

3.1. E’ stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, la proposta di inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 3.

3.2. Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, reputa il Collegio, di non condividere le conclusioni cui perviene la proposta ritenendola superabile aderendo a quella giurisprudenza secondo cui il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti può ritenersi soddisfatto mediante l’espressa menzione dei motivi appello nonchè della motivazione dell’ordinanza (Cass. n. 9798/2016). Il collegio pertanto passa all’esame dei motivi.

4.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione del R.D. n. 1736 del 1933, art. 43, laddove il giudice di appello ha ritenuto la banca esente da responsabilità nonostante avesse pagato un assegno non trasferibile all’illegittimo prenditore con conseguente violazione e falsa applicazione dell’art. 1176, comma 2 e art. 1992, comma 2, nella parte in cui non è stata accertata la responsabilità dell’istituto negoziatore. Il Tribunale, rilevando che l’istituto postale avesse identificato il prenditore con correttezza sarebbe incorso in un errore di fatto e di diritto. Difatti la corretta identificazione del prenditore non ha nulla a che fare con il giudizio in essere. Quello che fa sorgere la responsabilità ex art. 43 legge assegno, è la semplice circostanza dell’avvenuto pagamento del titolo a persona diversa dal beneficiario. Una volta provato che l’assegno emesso è stato pagato a chi non ne era il legittimo prenditore, sorge la responsabilità della Banca girataria, per aver pagato l’assegno munito di intrasferibilità a terzi.

4.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1227 c.c. nella parte in cui il Tribunale ha erroneamente valutato l’illegittimità dell’invio del titolo de quo a mezzo di posta ordinaria. Sostiene il ricorrente che la scelta di inviare l’assegno per posta non può intendersi quale espressione della negligenza del creditore, dovendosi considerare il servizio postale strumento sul quale fare legittimo affidamento. Inoltre il fatto che l’assegno sia stato spedito per posta ordinaria è del tutto ininfluente giacchè il fatto illecito di chi ha trafugato il titolo e l’ha negoziato, ottenendone il pagamento senza esserne legittimato, è stata la causa da sola sufficiente a determinare il danno.

5. Il primo motivo è infondato.

Nel caso di specie Unipolsai Sai, in sostanza, imputando alla corte del merito di aver violato l’art. 43, comma 2 cit., sostiene che tale norma, da essa invocata a fondamento della domanda risarcitoria, configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva, che deve essere affermata per il solo fatto del pagamento dell’assegno non trasferibile a persona non legittimata, prescindendo dall’accertamento di una condotta colposa della banca per averlo effettuato senza osservare la dovuta diligenza; a dire dalla ricorrente, l’inadempimento dell’istituto di credito negoziatore all’obbligazione posta a suo carico dalla legge deve considerarsi interruttivo di ogni altro antecedente causale e di per sè idoneo a determinare l’illecito e perciò il danno.

Orbene, questa Corte a Sezioni unite con la sentenza n. 12477 del 2018 è intervenuta sull’interpretazione dell’art. 43, comma 2, L.a., che stabilisce che “colui che paga un assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore o dal banchiere giratario per l’incasso, risponde del pagamento”.

La sentenza a Sezioni Unite sopra indicata ha composto il contrasto esistente ed ha affermato il seguente principio di diritto: Ai sensi del R.D. n. 1736 del 1933, art. 43, comma 2, (c.d. legge assegni), la banca negoziatrice chiamata a rispondere del danno derivato – per errore nell’identificazione del legittimo portatore del titolo – dal pagamento dell’assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola non trasferibilità a persona diversa dall’effettivo beneficiario, è ammessa a provare che l’inadempimento non le è imputabile, per aver essa assolto alla propria obbligazione con la diligenza richiesta dall’art. 1176 c.c., comma 2.

Nel caso di specie, il Giudice del merito con un accertamento di fatto, insindacabile in questa sede, ha ritenuto che Poste Italiane Spa, ha dimostrato di avere diligentemente adempiuto all’obbligo di identificazione del portatore dell’assegno depositando la copia della carta d’identità e del codice fiscale esibiti dal portatore dell’assegno presentatosi come effettivo intestatario a richiesta dell’addetto allo sportello che, ictu oculi, non presentavano tracce di evidente contraffazione e non avrebbe potuto essere a conoscenza del fatto che il reale beneficiario fosse una persona diversa, seppure con lo stesso nome, in quanto nessun dato rilevante in questo senso emergeva dal titolo.

5.1. Il secondo motivo è assorbito dal rigetto del primo.

6. Pertanto la Corte rigetta il ricorso e compensa le spese in ragione della esistenza di un contratto giurisprudenziale solo di recente composto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Spese compensate.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 10 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2018

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