Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28843 del 27/12/2011

Cassazione civile sez. I, 27/12/2011, (ud. 09/11/2011, dep. 27/12/2011), n.28843

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 14583/2009 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

G.T. (cod. fisc. (OMISSIS)), domiciliata in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’Avvocato GRASSO Biagio,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il

10/03/2009, n. 5092/08 V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/11/2011 dal Consigliere Dott. SALVATORE SALVAGO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DEL CORE Sergio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTO E MOTIVI

Ritenuto che la Corte di appello di Napoli, con decreto del 10 marzo 2009, ha condannato il Ministero dell’Economia e delle Finanze a corrispondere a G.T. un indennizzo di Euro 11.080,00 per l’irragionevole durata di un procedimento iniziato davanti al Tribunale amministrativo regionale della Campania con ricorso del 23 giugno 1994 e non ancora concluso.

Che il Ministero delle Finanze per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso affidato ad un motivo, con il quale, deducendo violazione degli artt. 112 e 125 cod. proc. civ., nonchè della L. n. 89 del 2001, art. 2 e del D.L. n. 112 del 2008, art. 54, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per mancanza di un’istanza di prelievo nel giudizio presupposto che rendeva improponibile la richiesta liquidazione del danno non patrimoniale. E che la G. ha resistito con controricorso, osserva:

Questa Corte ha ripetutamente affermato che “In tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, la lesione del diritto alla definizione del processo in un termine ragionevole, di cui all’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, va riscontrata, anche per le cause davanti al giudice amministrativo, con riferimento al periodo intercorso dall’instaurazione del relativo procedimento, senza che una tale decorrenza del termine ragionevole di durata della causa possa subire ostacoli o slittamenti in relazione alla mancanza dell’istanza di prelievo od alla ritardata presentazione di essa. Nè l’innovazione introdotta dal D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, convertito con L. 6 agosto 2008, n. 133, secondo cui la domanda non è proponibile se nel giudizio davanti al giudice amministrativo, in cui si assume essersi verificata la violazione, non sia stata presentata l’istanza “di prelievo” ai sensi del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, art. 51, può incidere sugli atti anteriormente compiuti, i cui effetti, in difetto di una disciplina transitoria o di esplicite previsioni contrarie, restano regolati, secondo il fondamentale principio del “tempus regit actum”, dalla norma sotto il cui imperio siano stati posti in essere” (Cass. 24901/2008;

28428/2008; negli stessi termini dee.2 giugno 2009 della CEDU in causa Daddi c/Italia).

Ha rilevato ancora la Corte nelle menzionate decisioni che “che, in applicazione delle regole stabilite dall’art. 11 preleggi, comma 1, e dall’art. 15 preleggi, concernenti la successione delle leggi (anche processuali) nel tempo, quando il giudice procede ad un esame retrospettivo delle attività svolte, ne stabilisce la validità applicando la legge che vigeva al tempo in cui l’atto è stato compiuto (con riferimento alle condizioni di proponibilità della domanda, tra le molte, Cass. n. 9467 del 1987; n. 4676 del 1985), essendo la retroattività della legge processuale un effetto che può essere previsto dal legislatore con norme transitorie, ma che non può essere liberamente ritenuto dall’interprete. Una indebita applicazione retroattiva della legge processuale si ha dunque quando si pretenda sia di applicare la legge sopravvenuta ad atti posti in essere anteriormente all’entrata in vigore della legge nuova, sia di associare a quegli atti effetti che non avevano in base alla legge del tempo in cui sono stati posti in essere (Cass. n. 20414 del 2006)”.

Il ricorso va pertanto respinto,con conseguente condanna del soccombente Ministero al pagamento delle spese del giudizio che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il Ministero a rifondere alla G. le spese del giudizio che liquida in complessivi Euro 900,00 di cui Euro 850,00 per onorario di difesa, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2011

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