Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2884 del 07/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 2884 Anno 2018
Presidente: DORONZO ADRIANA
Relatore: DORONZO ADRIANA

ORDINANZA
sul ricorso 9552-2014 proposto da:
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, UNIVERSITA E RICERCA C.F. 80185250588, in persona del Ministro e legale rappresentante pro
tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta
e difende ope legis;
– ricorrente contro
DELLABELIA EMANUELA, GALIENI MORENA, FORTE
CONCEFIA, SALSANO NORMA, PAGGI LUIGI, COTOLONI
SILVIA, ADDEVICO PATRIZIA, VIVARELLI NORMA,
CASAVECCHIA

MARTINA,

GALEAZZI

FABIOLA,

PALMURELLA GIULIANA, SARTINI MANUELA, DI

Data pubblicazione: 07/02/2018

TOMMASO MICHELA, AMBROSINI BRUNELLA, GIULIANI
GRETA;
– intimati avverso la sentenza n. 893/2013 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 10/01/2018 dal Presidente relatore Dott. ADRIANA
DORONZO.

Rilevato che:
Il Tribunale di Ancona, in parziale accoglimento della domanda
proposta dalle odierne parti intimate, assunte con successivi contratti a
tempo determinato alle dipendenze del MIUR, ha condannato il
Ministero al pagamento in favore di ciascuna di esse delle differenze
stipendiali conseguenti alle progressioni professionali maturate in
ragione dell’anzianità di servizio, in misura pari a quelle riconosciute ai
lavoratori a tempo indeterminato;
la Corte d’appello di Ancona ha rigettato l’appello del Ministero
rilevando che, a prescindere da ogni valutazione sulla natura abusiva
del ricorso ai contratti a tempo determinato, la domanda relativa alle
differenze stipendiali doveva essere riconosciuta ai lavoratori alla luce
del principio di non discriminazione, sancito dall’art. 4 dell’Accordo
Quadro attuato con Direttiva 1999/70/CE (oltre che con l’art. 6 del
d.lgs. n. 368/2001), il quale consente un trattamento differenziato tra
lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato
sulla base di ragioni oggettive, che non possono essere ravvisate nella
mera circostanza che un impiego sia qualificato di ruolo in base
all’ordinamento interno e presenti alcuni aspetti caratterizzanti il
pubblico impiego; ha invece accolto parzialmente l’appello incidentale
Ric. 2014 n. 09552 sez. ML – ud. 10-01-2018
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ANCONA, depositata il 05/11/2013;

proposto dei lavoratori e avente ad oggetto la prescrizione, ritenuta
dalla Corte di durata decennale e non quinquennale;
per la cassazione ha proposto ricorso il Ministero dell’Istruzione,
dell’Università e della Ricerca sulla base di due motivi;
la parte intimata non ha svolto attività difensiva;

comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza
in camera di consiglio non partecipata;
il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Considerato che:
1. con il primo motivo il MIUR denuncia la violazione dell’art. 4 della
L. 3/5/1999 n. 124; del D.M. 13 giugno 2007 del Ministro della
pubblica istruzione, anche in combinato disposto dell’art. 53 della L.
312/1980; dell’art. 9, comma 18, D. L. n. 70/2011, come convertito
dalla L. n. 106/2011; della clausola 4:05 dell’accordo quadro sul lavoro
a tempo determinato allegato alla direttiva 99-70-CE;
1.1. il Ministero ricorrente sostiene, in sintesi, che le supplenze
stipulate per garantire la continuità del servizio scolastico ed educativo
sulla base della normativa di settore non violano la direttiva
comunitaria, che ha come finalità solo quella di coniugare le esigenze
dì flessibilità del lavoro e di sicurezza dei lavoratori, per cui attribuisce
rilievo alle esigenze di specifici settori, che giustificano il ricorso alla
tipologia contrattuale e le differenziazioni fra lavoratori a tempo
determinato ed indeterminato;
2. con il secondo motivo, posto in relazione all’art. 360 n. 3,
cod.proc.civ., il Ministero denuncia la «violazione dell’art. 2948 n. 4 e 5
c.c.» per avere la Corte di appello ritenuto applicabile il termine di
prescrizione decennale in luogo di quello quinquennale previsto per i
crediti retributivi;
Ric. 2014 n. 09552 sez. ML – ud. 10-01-2018
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la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., è stata

3. il primo motivo nella parte in cui insiste sulla legittimità dei contratti
a termine, sulla specialità del sistema di reclutamento scolastico, sulla
esistenza di ragioni oggettive legate alla necessità dì assicurare la
continuità didattica, sovrappone e confonde il principio di non
discriminazione, previsto dalla clausola 4 dell’Accordo quadro sul

organizzazioni intercategoriali a carattere generale – CES, CEEP e
UNICE – e recepito dalla Direttiva 99/70/CE), con il divieto di
abusare della reiterazione del contratto a termine, oggetto della
disciplina dettata dalla clausola 5 dello stesso Accordo;
3.1. il motivo è infondato, in quanto la sentenza impugnata, nel
riconoscere l’anzianità di servizio ai fini retributivi, si pone in linea con
il principio di diritto recentemente affermato da questa Corte con le
sentenze nn. 22558 e 23868 del 2016, con le quali si è statuito che «nel
settore scolastico, la clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto a
tempo determinato recepito dalla direttiva n. 1999/70/CE, di diretta
applicazione, impone di riconoscere la anzianità di servizio maturata al
personale del comparto scuola assunto con contratti a termine, ai fini
della attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per
i dipendenti a tempo indeterminato dai c.c.n.l. succedutisi nel tempo,
sicché vanno disapplicate le disposizioni dei richiamati c.c.n.l. che,
prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la
retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento
economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato»;
3.2. a dette conclusioni, ribadite da ultimo da Cass. ord. 12/7/2017, n.
17168, la Corte è pervenuta valorizzando i principi affermati dalla
Corte di Giustizia quanto alla interpretazione della clausola 4
dell’Accordo Quadro ed evidenziando che l’obbligo posto a carico
degli Stati membri dì assicurare al lavoratore a tempo determinato
Ric. 2014 n. 09552 sez. ML – ud. 10-01-2018
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lavoro a tempo determinato (concluso il 18 marzo 1999 fra le

«condizioni di impiego» che non siano meno favorevoli rispetto a
quelle riservate all’assunto a tempo indeterminato «comparabile»,
sussiste a prescindere dalla legittimità del termine apposto al contratto;
3.3. il ricorso del MIUR non prospetta argomenti che possano indurre
a disattendere detto orientamento, al quale va data continuità, poiché le

qui richiamate ex art. 118 disp. att. c.p.c., sono integralmente condivise
dal Collegio;
4. il secondo motivo, con cui si censura il capo della sentenza relativo
alla prescrizione, è inammissibile perché l’Amministrazione ricorrente
non indica in che termini la questione prospettata nel motivo potrebbe
incidere nella fattispecie concreta, ossia se e in quale misura la pretesa
dei lavoratori potrebbe essere paralizzata dalla eccepita prescrizione
quinquennale;
4.1. nel giudizio di cassazione l’interesse alla impugnazione va valutato
in relazione ad ogni singolo motivo e non può consistere in un mero
interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione
giuridica, non avente riflessi sulla decisione adottata, bensì deve essere
apprezzato in relazione all’utilità concreta derivabile dall’eventuale
accoglimento del gravame alla parte (Cass. nn. 13373/2008 e
15353/2010), utilità che deve potere essere desunta dagli elementi che
la parte è tenuta ad indicare nel ricorso (così Cass. 12/7/2017, n.
17168);
5. in conclusione, il ricorso va respinto; non va adottato alcun
provvedimento sulle spese in ragione del mancato svolgimento di
attività difensiva da parte degli intimati;
6. non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni
dello Stato l’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115,
nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n.
kic. 2014 n. 09552 sez. ML – ud. 10-01-2018
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ragioni indicate a fondamento del principio affermato, da intendersi

228, atteso che le stesse, mediante il meccanismo della prenotazione a
debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano
sul processo (cfr. Cass. 1778/2016).
PQM

della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
bis dello stesso art.
quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1

13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 10 gennaio 2018
Il Presidente estensore
Dott. Adriana Doronzo
43i1LAAA ba,C,UP

La Corte rigetta il ricorso; nulla sulle spese.
del d.P.R. 115 del 2002, dà atto
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater,

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