Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28836 del 16/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 16/12/2020, (ud. 07/10/2020, dep. 16/12/2020), n.28836

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5751-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA

(OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

S.I.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4237/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 12/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 07/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MOCCI

MAURO.

 

Fatto

RILEVATO

che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, che aveva accolto l’appello di S.I. contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Viterbo. Quest’ultima aveva respinto l’impugnazione della contribuente contro un diniego di rimborso IRPEF, per l’anno 2013;

che il ricorso è affidato a due motivi;

che, col primo, la ricorrente denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4: la sentenza impugnata sarebbe stata meramente apparente, non essendo la decisione idonea ad evidenziare la ratio decidendi;

che, mediante il secondo, l’Agenzia lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 6, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3: la CTR avrebbe erroneamente escluso l’assoggettabilità a tassazione delle indennità risarcitorie percepite in forza di una sentenza del giudice del lavoro;

che l’intimata non si è costituita;

che il primo motivo è infondato;

che infatti, nella specie non sussiste la carenza motivazionale denunciabile ex art. 132 c.p.c., enucleata dal diritto vivente (a partire da Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053) in termini di mancanza grafica della motivazione, o di motivazione del tutto apparente, oppure di motivazione perplessa od oggettivamente incomprensibile, oppure di manifesta e irriducibile sua contraddittorietà e sempre che i relativi vizi emergano dal provvedimento in sè, esclusa la riconducibilità in detta previsione di una verifica sulla sufficienza e razionalità della motivazione medesima mediante confronto con le prove disponibili;

che il secondo motivo è parimenti infondato; che, infatti, gli importi conseguiti dal lavoratore del pubblico impiego privatizzato ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, comma 5, a causa della mancata conversione dei rapporti di lavoro a tempo determinato illegittimi in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, non hanno la finalità di sostituire o integrare il reddito da lavoro (lucro cessante), ma hanno valenza risarcitoria (danno emergente) rispetto alla perdita della “chance” di un’occupazione alternativa migliore, con la conseguenza che non sono assoggettabili a tassazione ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 6, comma 1 (Sez. 65, n. 26703 del 21 ottobre 2019; Sez. 5, n. 25471 del 12 ottobre 2018);

che il ricorso va respinto e non si procede alla condanna alle spese di lite, in mancanza di costituzione da parte dell’intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 7 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2020

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