Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28829 del 08/11/2019

Cassazione civile sez. III, 08/11/2019, (ud. 02/10/2019, dep. 08/11/2019), n.28829

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23658-2017 proposto da:

MAXI TRACCE SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in FIRENZE, VIALE BELFIORE 45, presso lo

studio dell’avvocato MARCO ANTONIO VALLINI, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

A.U., A.S., quali eredi di

A.G.R., titolare dell’omonima ditta, elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 256 B, presso lo studio dell’avvocato

ALESSANDRO ORSINI, che li rappresenta e difende unitamente agli

avvocati SIMONE MARINAI, GIANFRANCO MARINAI;

– resistenti –

avverso la sentenza n. 925/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 10/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/10/2019 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per l’inammissibilità in subordine

rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato MARINAI SIMONE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Maxi Tracce S.r.l. stipulava, quale conduttrice, un contratto di locazione il 24 luglio 2003 con la ditta A.G.R. quale locatrice, in riferimento ad un edificio sito nel Comune di Ponsacco, in area PIP. Il contratto rimaneva efficace dall’aprile 2004 fino al novembre 2006. Maxi Tracce conveniva poi la ditta A.G.R. davanti al Tribunale di Pisa nel 2013 chiedendo che fosse dichiarata nulla una clausola del contratto giacchè, in contrasto con il quadro normativo delle aree PIP, aveva stabilito un canone superiore al previsto, per cui si sarebbe dovuto effettuare la sostituzione della clausola ex art. 1339 c.c. e la conseguente condanna alla restituzione del plus indebitamente riscosso; in subordine proponeva domanda ai sensi dell’art. 2041 c.c.

La controparte si costituiva, resistendo, e tra l’altro opponendo che “quanto richiesto era stato oggetto di transazione”. Alla prima udienza del 7 giugno 2013, quindi, l’attrice, oltre a contestare l’avversa prospettazione difensiva, presentava domanda riconvenzionale di annullamento della transazione.

Avendo il giudice mutato il rito da ordinario in locatizio, anche nella memoria integrativa la società insisteva nella domanda riconvenzionale di annullamento della transazione.

Ogni domanda attorea veniva rigettata dal Tribunale con sentenza del 4 maggio 2016. Maxi Tracce pertanto proponeva appello; si costituivano, resistendo, A.S. ed A.U., quali eredi di A.R.G., deceduto nelle more del giudizio. Con sentenza 10 maggio 2017 la Corte d’appello di Firenze rigettava il gravame.

2. Maxi Tracce ha presentato ricorso, da cui gli intimati A.S. ed A.U. non si sono difesi con controricorso. In data 5 agosto 2019 hanno peraltro depositato “Memoria con nomina di difensore”.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. In primo luogo deve rilevarsi che la “Memoria con nomina di difensore” depositata il 5 agosto 2019 presenta un contenuto che sarebbe proprio di controricorso, atto difensivo che, peraltro, sarebbe palesemente tardivo. In applicazione dell’art. 370 c.p.c., comma 1, dunque, nell’atto depositato il 5 agosto 2019 vale soltanto il conferimento della procura, che ha legittimato la partecipazione alla discussione orale.

Premesso poi che il ricorso non risulta affetto da alcuna improcedibilità, si osserva che è articolato in quattro motivi.

3.1 Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost., art. 163 c.p.c., comma 3, nn. 3 e 4 e art. 183 c.p.c., comma 5.

Si censura il giudice d’appello per aver confermato la sentenza del giudice di prime cure laddove questa aveva ritenuto tardiva la domanda riconvenzionale diretta alla declaratoria di “nullità” della transazione stipulata tra le parti.

3.2 Il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 1972 c.c., comma 2, artt. 1419 e 1339 c.c., L. n. 865 del 1971, art. 27 e art. 115 c.p.c..

Qualora fosse stato accolto il motivo del gravame per cui la domanda riconvenzionale attinente alla transazione non era nè nuova nè tardiva, il giudice d’appello avrebbe dovuto entrare nel merito della stessa, valutandone la fondatezza; e su questo argomenta ora il presente motivo.

3.3 Il terzo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,1364 e 1366 c.c.: anche questo motivo verte sulla “nullità” della transazione non riconosciuta dal giudice d’appello.

3.4 I quarto motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione degli artt. 1965,1427,1428 e 1439 c.c., ancora una volta in ordine alla validità o meno dell’accordo transattivo che la corte territoriale non ha esaminato.

4.1 Prendendo le mosse, allora, dalla prima censura presente in questo ricorso, deve darsi atto che la sentenza d’appello ha esaminato il primo motivo del gravame, il quale lamentava che sentenza di primo grado avesse ritenuto “tardiva la proposizione della domanda riconvenzionale di nullità dell’atto di transazione, sulla base di una motivazione incomprensibile” (motivazione della sentenza impugnata, pagina 5; non rileva in questa sede se tale domanda fosse diretta alla nullità o all’annullamento della transazione, non incidendo ora la qualificazione completa in tal senso della domanda – la quale comunque sussiste ed è stata presentata in relazione alla validità della transazione, il che è sufficiente a riconoscerla domanda riconvenzionale – bensì, in relazione allo specifico error in procedendo denunciato, soltanto la sua natura/funzione riconvenzionale).

La corte territoriale reputa la doglianza manifestamente infondata perchè “il Tribunale, con motivazione sicuramente comprensibile…, ha ritenuto tardiva ed irrituale la domanda riconvenzionale finalizzata ad ottenere la declaratoria di nullità della transazione… proposta all’udienza di prima comparizione del 7.6.2013, non perchè l’attrice non fosse legittimata a farlo prima del mutamento del rito, ma in quanto detta parte, essendo a perfetta conoscenza dell’esistenza del predetto contratto, avrebbe potuto avanzare la domanda in questione in sede di atto di citazione od in sede di memoria ex art. 183 c.p.c., senza aspettare che la questione fosse sollevata dalla difesa del convenuto, trattandosi di domanda nuova o diversa da quelle originariamente proposte che però trovava giustificazione nelle difese avanzate dal convenuto”.

Questo è l’oggetto, dunque, del motivo in esame. Esso in parte si disperde argomentando in ordine al contenuto di S.U. 15 giugno 2015 n. 12310, noto intervento nomofilattico attinente alla distinzione tra mutatio libelli ed emendatio libelli. Tuttavia, come già emerge pure dalla rubrica, il motivo attinge altresì dall’art. 183 c.p.c., comma 5, che consente di proporre nella prima udienza “le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto”, non essendo necessario – come invece ha preteso il Tribunale alla cui decisione in effetti manifesta di aderire la Corte d’appello (con una motivazione davvero illogica, ma questo non rileva, non incidendo i vizi motivazionali se la questione è di rito, e ciò neppure quando la motivazione è qualificabile come apparente, avendo peso solo la corretta applicazione da parte del giudice di merito delle norme di diritto: cfr. da ultimo Cass. sez. 2, ord. 13 agosto 2018 n. 20719, Cass. sez. 5, ord. 13 dicembre 2017 n. 29886 e S.U. 2 febbraio 2017n. 2731) – che l’attore non sia ancora a conoscenza, quando predispone l’atto introduttivo, dei fatti sui quali fonderà poi la domanda riconvenzionale.

4.2 La violazione dell’art. 183, comma 5, sussiste: l’attore, entro i limiti posti dalla legge (quelli specifici, ovvero le preclusioni, e quello generale, l’astensione dall’abuso del processo), può scegliere la sua tattica processuale e non è obbligato a scoprire subito tutte le carte, ma, al contrario, effettuerà la completa discovery in rapporto alla conformazione che sta assumendo il thema decidendum dopo che il convenuto si è costituito per difendersi. La conseguenza della costituzione di controparte è identificabile proprio non solo nella difesa in senso stretto rispetto alla prospettazione avversa, ma altresì nella possibilità di valutare se è utile o meno introdurre le questioni non versate nell’atto introduttivo proponendo domande o eccezioni riconvenzionali, con l’unico limite appunto della natura di “risposta” riconvenzionale (art. 183 c.p.c., comma 5).

La corte territoriale ha quindi errato, seguendo il Tribunale che ha dettato un limite alla domanda riconvenzionale che il legislatore non ha mai posto. Non essendo stata pertanto vagliata la domanda riconvenzionale, come denuncia fondatamente questo motivo che merita accoglimento, ed essendo ictu oculi evincibile dal complesso dalle argomentazioni in tale doglianza dispiegate dalla ricorrente come l’error in procedendo abbia concretamente leso il diritto di difesa di chi la doglianza propone (nel senso di inibirgli di far valere l’asserita invalidità della transazione), la sentenza deve essere cassata, gli altri motivi risultando assorbiti.

5. In conclusione, il primo motivo del ricorso deve essere accolto, assorbiti gli altri, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio, anche per le spese processuali, alla corte territoriale in diversa composizione.

PQM

Accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese processuali alla Corte d’appello di Firenze.

Così deciso in Roma, il 2 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2019

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