Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28828 del 16/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 16/12/2020, (ud. 20/11/2020, dep. 16/12/2020), n.28828

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23600-2018 proposto da:

KHUNKEN TECNOLOGY S.R.L., domiciliata in ROMA presso la Cancelleria

della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato

FULVIO BRIANO, in sostituzione del precedente difensore giusta

procura in calce alle memorie;

– ricorrente –

contro

SOLENERGIE S.R.L., domiciliata in ROMA presso la Cancelleria della

Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONELLO

PORTERA giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 976/2017 del TRIBUNALE di CUNEO, depositata il

17/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/11/2020 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

Lette le memorie delle parti.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

M.R., in proprio e quale amministratore unico di Solenergie S.R.L., con atto di citazione del 19/06/2014 conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Cuneo la Khunken Tecnology S.R.L., affinchè fosse dichiarata la risoluzione del contratto di appalto stipulato il (OMISSIS) per inadempimento della controparte o, in subordine, per tacito mutuo dissenso.

Dopo aver ottenuto il permesso di costruire il (OMISSIS) e la richiesta di fattibilità all’ENEL con il preventivo di connessione alla rete per cessione di energia, il (OMISSIS) la Khunken Tecnology S.R.L e il sig. M. avevano stipulato un contratto di appalto, in virtù del quale la Khunken Tecnology S.R.L si impegnava a realizzare un impianto fotovoltaico su un terreno di proprietà del M., per un corrispettivo totale di Euro 899.000,00. In seguito alla mancata realizzazione dell’impianto nel secondo semestre del 2010, l’originario contratto era stato rettificato e l’attività della Khunken Tecnology S.R.L veniva limitata alla sola realizzazione della parte elettrica, mentre la realizzazione della restante parte dell’opera era affidata ad un altro socio.

Ciononostante, l’impianto non veniva realizzato con perdita del terzo conto energia.

L’attore chiedeva, inoltre, la condanna della convenuta al rimborso in solido delle spese già anticipate in esecuzione del contratto, ammontanti a Euro 55.000,00, oltre interessi, nonchè al risarcimento dei danni subiti, corrispondenti al rimborso delle spese sostenute per l’operazione, quantificati in ulteriori Euro 12.032,61 (di cui Euro 3.600,00 dovuti a M. per il rimborso delle bollette e spese generiche sostenute; l’importo residuo spettante alla Solenergie S.R.L.).

Si costituiva in giudizio la Khunken Tecnology S.R.L. chiedendo il rigetto delle domande. In particolare, eccepiva il difetto di legittimazione attiva in capo al M., relativamente alla domanda di restituzione dell’acconto di Euro 50.000 versato il (OMISSIS) alla Khunken Tecnology S.R.L., in quanto somma eventualmente da restituire alla Solenergie S.R.L. Chiedeva, quindi, di dichiarare la risoluzione del contratto per inadempimento dell’attore, posto che questi non aveva provveduto alla costruzione dei fabbricati richiesti dall’ENEL per l’alloggio del gruppo di misura e per il punto di consegna; non aveva provveduto a conseguire tempestivamente il certificato di destinazione urbanistica necessario per l’iscrizione al registro GSE; non aveva rinnovato l’iscrizione al registro GSE; non aveva fornito la provvista necessaria per l’acquisto dei materiali, per mancanza di liquidità.

In via riconvenzionale, chiedeva la condanna del M. e della Solenergie, in solido, al pagamento in favore della Khunken Tecnology S.R.L degli interessi legali sulla somma di Euro 237.504,98, sostenuta per l’acquisto dei materiali, nonchè al pagamento di Euro 4.097,60, relativa ai compensi versati al geom. B.A. e all’ing. C.P.; infine, della somma di Euro 198.000,00 a titolo di risarcimento del danno per mancato guadagno ex art. 1223 c.c..

Il Tribunale di Cuneo, con la sentenza n. 976/2017 pubblicata il 17/10/2017, accogliendo parzialmente la domanda dell’attore, dichiarava la risoluzione del contratto per inadempimento della convenuta e conseguentemente condannava quest’ultima alla restituzione della somma di Euro 55.000,00, oltre interessi legali, e alla rifusione delle spese di lite. Rigettava le domande risarcitorie di parte attrice, relative alle spese sostenute per la realizzazione dell’impianto, in quanto non documentate.

In motivazione, il giudice di primo grado riteneva incontestato che l’opera non fosse stata materialmente realizzata; che vi fosse stato il versamento di un anticipo di Euro 50.000,00 da parte del committente; che fossero state eseguite solo le prestazioni contrattuali a carico della convenuta relative ai rapporti con ENEL e alle pratiche GSE fino all’iscrizione al registro GSE del (OMISSIS).

Con il contratto, qualificato come contratto “chiavi in mano”, la ditta appaltatrice si era impegnata, non solo alla costruzione materiale dell’impianto, ma anche agli aspetti amministrativi connessi alla messa in opera dello stesso, all’allaccio alla rete elettrica e alla registrazione presso il GSE. Conseguentemente, dovevano essere addebitabili alla ditta appaltatrice anche la realizzazione della cabina di stallo, la fornitura di sistemi di illuminazione, videosorveglianza, così come di “tutto quanto necessario per garantire la corretta esecuzione dell’opera”.

Questa conclusione era avvalorata sia dalla mancata specificazione nell’offerta preventivo delle prestazioni che a parere della convenuta sarebbero state a carico della Solenergie, restando escluso dall’accordo quanto non menzionato nell’offerta, sia dall’art. 1370 c.c., che prevede che l’interpretazione delle clausole inserite in moduli e formulari debba essere operata a favore del contraente che non li ha predisposti.

A parere del Tribunale, poi, non poteva essere considerato dirimente il fatto che i rapporti con ENEL fossero stati intrattenuti dal M. o che la richiesta di registrazione fosse stata presentata a nome della Solenergie, posto che tale condotta era coerente con il fatto che l’intestatario formale dell’impianto era il committente.

Infine, il Tribunale dava rilievo al fatto che la Khunken non avesse fornito alcuna prova di aver contestato il presunto inadempimento al M., con riferimento alla mancata realizzazione delle cabine ed alla mancata fornitura delle liquidità necessarie per l’acquisto dei materiali. Sulla base di queste considerazioni, accertava un grave inadempimento dell’appaltatrice, concretatosi nella inefficace gestione della fase amministrativa e nella totale omissione della fase costruttiva.

Avverso la suddetta sentenza del Tribunale di Cuneo, proponeva appello la Khunken Tecnology S.R.L., con richiesta di sospensione dell’esecutività della sentenza di primo grado, lamentando l’omessa pronuncia sul difetto di legittimazione attiva dell’attore e sulla domanda riconvenzionale.

Chiedeva, quindi, la riforma della sentenza di primo grado e l’accoglimento delle domande riconvenzionali già formulate, con condanna di controparte al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio.

Si costituiva in appello il M., in proprio e quale rappresentante della Solenergie S.R.L., chiedendo che l’appello fosse dichiarato inammissibile o comunque infondato.

La Corte d’Appello di Torino, con ordinanza del 19/04/2018, comunicata l’8/05/2018, dichiarava inammissibile ex art. 348 bis c.p.c., l’appello proposto dalla Khunken Tecnology S.R.L., con conseguente condanna dell’appellante alla refusione delle spese del giudizio di appello ed al pagamento di un importo pari a quello del contributo unificato.

La Corte riteneva infondato il primo motivo di appello, relativo alla mancata declaratoria di difetto di legittimazione attiva di M.R., in quanto la condanna di primo grado era stata pronunciata in favore della sola Solenergie S.R.L. e non vi era stato appello sul punto da parte del M. in proprio. Riteneva, parimenti, infondato anche il secondo motivo di appello, atteso che le dichiarazioni rese dall’appellato in sede di interrogatorio formale non contenevano affermazioni confessorie.

Veniva rigettata anche la censura con la quale l’appellante si doleva, non tanto della qualificazione del contratto del tipo “chiavi in mano”, quanto dell’accertamento del grave inadempimento, contestando l’imputabilità alla medesima della mancata realizzazione della cabina di stallo, assumendo che l’attività preparatoria della sua posa, individuata nella scarificazione del terreno, avrebbe dovuto essere eseguita dall’appellato.

Al contrario, come confermato dalla testimonianza resa da tal C., la cabina di stallo necessita di una fondazione per poter essere installata, attività che competeva all’appaltatrice, così come l’attività di scarificazione del terreno.

La Khunken Tecnology S.R.L. impugna la sentenza del Tribunale di Cuneo e l’ordinanza della Corte d’Appello di Torino, ex art. 348 ter, comma 3, per due motivi, illustrati da memorie. Si è difesa con controricorso nel presente giudizio la Solenergie S.R.L. che ha depositato anche memorie in prossimità dell’udienza.

Con il primo motivo, la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 1322 c.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il giudice avrebbe dovuto dichiarare la nullità del contratto a causa della mancata esecuzione da parte dell’attore delle obbligazioni assunte con ENEL (domanda di connessione alla rete ENEL) in qualità di titolare dell’impianto in oggetto, ponendosi detto comportamento in contrasto con norme imperative riguardanti la realizzazione degli impianti fotovoltaici (L.R. Piemonte n. 40 del 1998; D.P.R. n. 380 del 2001).

Premesso che non appare comprensibile quale sia l’interesse pratico della ricorrente alla declaratoria di nullità del contratto, posto che avrebbe come effetto la sua rimozione con efficacia ex tunc, con il conseguente obbligo di restituzione di quanto eventualmente pagato in esecuzione del contratto, effetto questo che coincide con quello scaturente dall’accoglimento della domanda di risoluzione del contratto, essendosi i giudici di merito limitati solo a disporre la restituzione delle somme versate in esecuzione del contratto risolto (occorrendo a tal fine evidenziare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, qualora venga acclarata la mancanza di una “causa adquirendi” in ragione della dichiarazione di nullità, dell’annullamento, della risoluzione o della rescissione di un contratto o del venire comunque meno del vincolo originariamente esistente, l’azione accordata dalla legge per ottenere la restituzione di quanto prestato in esecuzione del contratto stesso è quella di ripetizione di indebito oggettivo. Pertanto, non viola il principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato il giudice che accolga le richieste restitutorie in conseguenza del rilievo di ufficio della nullità del contratto, anche laddove fosse stata inizialmente proposta domanda di risoluzione, dovendosi escludere che la correlazione operata dalla parte tra la suddetta domanda di ripetizione ed una specifica e differente causa di caducazione del contratto impedisca la condanna alla ripetizione dell’indebito, Cass. n. 715/2018), il motivo è comunque inammissibile.

In caso di ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., comma 3, si applicano le disposizioni di cui agli artt. 329 e 346 medesimo codice, sicchè il ricorrente deve fornire l’indicazione che la questione sollevata in sede di legittimità era stata devoluta, sia pure nella forma propria dei motivi di appello, al giudice del gravame, dichiarato inammissibile ex art. 348 bis c.p.c., (cfr. Cass., sez. 6 – 3, ordinanza n. 2784 del 12/02/2015). Ciò, perchè con il ricorso contro la sentenza di primo grado non possono farsi valere motivi che propongano questioni rimaste oggetto di acquiescenza con l’appello avverso di essa. L’onere del ricorrente contro la sentenza di primo grado di evidenziare che la questione proposta con il motivo di ricorso per cassazione era stata fatta valere con l’appello, inerendo all’attività di articolazione del motivo di ricorso e, dunque, alla “domanda” proposta alla Corte di cassazione non è, d’altro canto, che assolvibile dallo stesso ricorrente, non potendo pretendersi che la Corte ricerchi d’ufficio se esso sia stato assolto.

Nel caso di specie, il ricorrente si è limitato a riportare le conclusioni dell’atto di appello, senza descrivere il contenuto dei motivi di appello nè indicare come e dove la questione posta come motivo sia stata prospettata dinanzi ai giudici di merito, dovendosi, per l’effetto, considerare preclusa la sua proposizione, trattandosi di questione nuova.

Peraltro, non può non osservarsi che ad avviso della ricorrente la nullità scaturirebbe dall’inadempimento di obbligazioni che la parte avrebbe assunto nei confronti dell’Enel, confondendo evidentemente tra il profilo genetico del contratto, che attiene strettamente alla patologia della nullità, dal diverso profilo funzionale che invece incide solo sull’efficacia del contratto, in ragione dell’eventuale idoneità dell’inadempimento di una delle parti a provocare la risoluzione.

Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 1453 e 1455 c.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il Giudice avrebbe errato nella valutazione delle disposizioni cogenti che determinano i comportamenti e le relative azioni, nonchè le assunzioni di responsabilità dei soggetti coinvolti nella fase amministrativa della realizzazione dell’impianto. In particolare, non avrebbe tenuto conto del fatto che la Khunken Tecnology non era nella disponibilità dell’impianto ed il M. aveva inviato il preventivo di connessione alla rete il (OMISSIS), data precedente rispetto alla presentazione della proposta contrattuale della Khunken Tecnology del (OMISSIS). In altre parole, il giudice avrebbe dovuto escludere qualsiasi responsabilità della Khunken, per mancanza di nesso eziologico, dal momento che le attività che dovevano essere poste in essere dall’attore erano prodromiche rispetto a qualsiasi altra azione posta a carico della Khunken. Nello specifico, la Khunken avrebbe potuto realizzare la cabina di stallo solo dopo che il M. avesse eseguito il manufatto per l’alloggio del gruppo misura, avesse realizzato il fabbricato per il punto consegna Enel, avesse consegnato la documentazione prevista relativa alla cabina elettrica di consegna per l’impianto di terra, avesse realizzato la connessione alla rete (OMISSIS) di ENEL DISTRIBUZIONE SPA tramite la costituzione della servitù di passaggio dei cavi.

Il motivo è inammissibile.

Il giudice di primo grado ha interpretato il contratto di appalto come contratto di tipologia “chiavi in mano”, in cui l’impresa costruttrice si incarica non solo degli aspetti materiali relativi alla costruzione dell’impianto, ma anche degli aspetti amministrativi connessi alla messa in opera dello stesso, all’allaccio della rete elettrica e alla consueta registrazione presso il GSE.

Anche le attività prodromiche alla realizzazione della cabina di stallo, che a parere del ricorrente avrebbero dovuto essere adempiute dal committente, in realtà sono state ritenute attività delle quali si era fatta carico la Khunken, in virtù dell’impegno contrattuale a porre in essere “quanto necessario per garantire la corretta esecuzione dell’opera” (cfr. sentenza del Tribunale di Cuneo p. 5).

Il motivo di ricorso, quindi, si atteggia quale tentativo di mettere in discussione la valutazione del contratto fatta propria dal giudice di merito.

Si tratta di un accertamento di fatto, in quanto tale sindacabile in cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (qui operante nella formulazione conseguente al D.L. n. 83 del 2012, e dunque per omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti), e ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, sotto il profilo della verifica della rispondenza dell’operazione ermeneutica ai canoni legali di ermeneutica di cui agli artt. da 1362 a 1371 c.c., (cfr. Cass., sez. 3, sentenza n. 2465 del 10/02/2015; Cass., sez. 2, sentenza n. 16409 del 04/07/2017; Cass., sez. L, sentenza n. 10203 del 18/04/2008), vizio peraltro nella fattispecie nemmeno deducibile ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c..

Parimenti, la valutazione della gravità dell’inadempimento ex art. 1455 c.c., costituisce un accertamento di fatto rimesso al prudente apprezzamento del giudice di merito, risultando insindacabile in sede di legittimità ove sorretto da motivazione congrua e immune da vizi logici e giuridici (Cass., sez. 3, sentenza n. 6401 del 30/03/2015). Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Le spese, ivi incluse quelle relative alla richiesta di sospensione dell’efficacia esecutiva della decisione gravata ex art. 373 c.p.c., seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% sui compensi ed accessori di legge;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, art. 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2020

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