Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28819 del 31/12/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 28819 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: SAN GIORGIO MARIA ROSARIA

ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 2634-2012 proposto da:
COSTANTIELLO

GIUSEPPE

CSTGPP41H2OH749K,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MEDAGLIE
D’ORO 201,

presso

lo studio dell’avvocato PASQUALE

MISCIAGNA (AVV. SGADARI STEFANO), che lo rappresenta e
difende giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente contro
SAN PAOLO IMMOBILIARE SAS DI VALENTINA MININNI &
C., in persona della sua socia accomandataria e legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LAURA
MANTEGAZZA, 24, presso il Dott. MARCO GARDIN,
rappresentata e difesa dall’avvocato DI CAGNO ALBERTO giusta
procura speciale a margine del controricorso;

Data pubblicazione: 31/12/2013

- controficorrente avverso la sentenza n. 953/2011 della CORTE D’APPELLO di BARI
del 18/03/2011, depositata il 02/11/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

GIORGIO;
udito l’Avvocato Ciardo Daniela (delega avvocato Misciagna Pasquale)
difensore del ricorrene che si riporta agli scritti;
udito l’Avvocato Di Cagno Alberto difensore della controricorrente
che si riporta agli scritti;
è presente il P.G. in persona del Dott. SERGIO DEL CORE che ha
concluso come da relazione.
FATTO E DIRITTO
Rilevato che il consigliere designato ha depositato, in data 26
novembre 2012, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art.
380-bis c.p.c.:
“1. La società S. Paolo Immobiliare di Valentina Mininni e C. s.a.s.
agiva in rivendicazione nei confronti di Giuseppe Costantiniello per
sentirlo condannare al rilascio di porzioni del fondo di sua proprietà e
dal medesimo abusivamente occupate.
Il convenuto resisteva sostenendo che il suolo in oggetto era stato
detenuto dal suocero Filippo Brunetti
Giudica la Corte che la particolare articolazione della res controversa e gli
spunti di riflessione offerti dal ricorso rendono opportuna la
trattazione del ricorso in pubblica udienza che lo aveva destinato ad
attività di autodemolizione, attività che, alla morte del predetto, era
stata da lui continuata; che il terreno in questione era contiguo alla

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Ric. 2012 n. 02634 sez. M2 – ud. 06-06-2013

06/06/2013 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ROSARIA SAN

proprietà del Brunetti, che era convinto di esserne proprietario, per cui
doveva ritenersi maturato l’usucapione.
Il tribunale accoglieva la domanda con sentenza che era confermata in
sede di gravame.
Secondo i giudici di appello, il rigoroso regime probatorio previsto

che il convenuto non aveva contestato il titolo di acquisto (risalente al
1964) del dante causa dell’attrice, che aveva a sua volta acquistato
l’immobile comprensivo delle particelle occupate dal convenuto nel
1991.
D’altra parte, non era provata una situazione qualificabile come di
possesso legittimante l’acquisto per usucapione e comunque non
sussistevano i presupposti dell’accessione del possesso invocata dal
convenuto, atteso che il trasferimento dell’azienda — con la quale il
Brunetti avrebbe ceduto anche il possesso del terreno sul quale
espletava l’attività di autodemolizione — non era avvenuta per iscritto,
e, dunque, non esisteva un titolo di acquisto astrattamente valido.
Ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi Giuseppe
Costantiniello.
Ha resistito l’intimata.
2. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt.
376, 380 bis e 375 cod.proc.civ., essendo manifestamente infondato.
Il primo motivo censura l’applicazione che nella specie i Giudici
avrebbero fatto dei principi in materia di attenuazione dell’onere
probatorio a carico del rivendicante, posto che il convenuto aveva
sempre contestato l’appartenenza del bene all’appellato e ai suoi danti
causa.
Il secondo motivo denuncia i vizi di motivazione circa la verifica
dell’ animus possidendi, che era stata desunta dalla sentenza in sede penale
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Ric. 2012 n. 02634 sez. M2 – ud. 06-06-2013

dall’art. 948 cod.civ. doveva considerarsi nella specie attenuato, posto

di patteggiamento senza considerare i contrastanti elementi probatori,
dai quali si sarebbe dovuto ricavare l’esistenza di un possesso pacifico,
pubblico e ultratrentennale, utile per la invocata usucapione.
Il terzo motivo denuncia la mancata o erronea valutazione delle
circostanze riferite dai testi escussi, non chiarendo perché era stato

carattere di una situazione possessoria.
Il quarto motivo denuncia la contraddittorietà della motivazione
laddove dopo averle ritenute inidonee non aveva esaminato le
dichiarazioni dei testi.
Il quinto motivo denuncia la violazione dell’art. 345 cod.proc.civ. per
avere la sentenza ritenuto ammissibile la produzione in appello di un
nuovo documento (provvedimento di sequestro penale).
Il sesto motivo denuncia la violazione dell’art. 345 cod.proc.civ.,
laddove i giudici avevano rilevato che non vi sarebbe stato un titolo di
acquisto astrattamente idoneo per fondare la accessione nel possesso,
quando tale eccezione era stata per la prima volta sollevata con la
comparsa conclusionale del 4.1.2011, essendo incontroverso che il
convenuto era subentrato al suocero nella titolarità dell’azienda.
Ti primo motivo è infondato.
I Giudici hanno fatto corretta applicazione del principio secondo cui in
materia di rivendicazione qualora il convenuto sostenga, in via
riconvenzionale, di aver acquistato per usucapione la proprietà del
bene rivendicato, si attenua l’onere probatorio posto a carico
dell’attore in rivendicazione, poiché esso si riduce alla prova di un
valido titolo di acquisto da parte sua e dell’appartenenza del bene ai
suoi danti causa in epoca anteriore a quella in cui il convenuto assuma di
aver iniziato a possedere, nonché alla prova che quell’appartenenza
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qualificato come mera detenzione quello che era risultato rivestire il

non è stata interrotta da un possesso idoneo ad usucapire da parte del
convenuto (Cass. 7529/2006; 5161/2006; 20037/2010).
La sentenza, nel ritenere che l’acquisto del dante causa dell’attrice non
fosse stato oggetto di specifica contestazione da parte del convenuto,
ha non soltanto rilevato che nessuna specifica eccezione era stata

conferma della condotta processuale del convenuto — che il medesimo
aveva al riguardo invocato, a sostegno dell’invocata usucapione, un
possesso che doveva farsi risalire al 1967, ovvero successivo all’atto di
acquisto del dante causa dell’attrice (1964).
Va esaminato il sesto motivo con il quale è stata censurata la decisione
nella parte in cui ha escluso la invocata accessione del possesso,
avendo tale questione priorità logica rispetto all’esame degli altri
motivi, come meglio si vedrà infra.
Il motivo è infondato.
Il riferimento all’art. 345 cod.proc.dv., che ha a oggetto le eccezioni
non rilevabili d’ufficio, è fuori luogo posto che, avendo il convenuto
dedotto a fondamento della invocata usucapione l’accessione nel
possesso invocando quello esercitato dal suocero, il Giudice doveva
verificare d’ufficio se ne ricorressero o meno i presupposti, dovendo
ricordarsi che in tema di accessione nel possesso, di cui all’art. 1146,
secondo comma, cod.civ., affinchè operi il trapasso del possesso
dall’uno all’altro dei successivi possessori e il successore a titolo
particolare possa unire al proprio il possesso del dante causa, è
necessario che il trasferimento trovi la propria giustificazione in un
titolo astrattamente idoneo a trasferire la proprietà o altro diritto reale
sul bene.
Pertanto, appare fuori luogo discutere se fosse o meno controverso
che il ricorrente era subentrato nell’azienda del suocero, l’oggetto del
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sollevata riguardo al titolo di acquisto de quo ma anche evidenziato — a

thema decidendum riguardando piuttosto la possibilità per il convenuto di
unire al proprio il possesso del terreno goduto dal suocero. E
correttamente è stata esclusa l’astratta idoneità del titolo per difetto
della forma scritta prevista per gli immobili (1350 cod.civ.) al quale fa
riferimento l’art. 2556 primo comma anche nel testo anteriore alla

Ne consegue che, essendosi rivelata corretta, la motivazione con la
quale è stata esclusa l’accessione del possesso è una ratio decidendi di per

sé idonea a sorreggere la sentenza impugnata, atteso che sono
evidentemente assorbite le argomentazioni con le quali è stata esclusa
una situazione di possesso: se anche si rivelassero fondate, le altre
censure sollevate in proposito con il ricorso non potrebbero portare
alla cassazione della sentenza — e come tali sono da considerare
inammissibili per mancanza di interesse — perché il possesso del
Brunetti non potrebbe essere invocato per fondare l’usucapione da
parte del convenuto, il cui possesso non avrebbe la durata necessaria.
In proposito, si ricorda che quando con il ricorso per cassazione una
sentenza (o un capo di questa) che si fondi su più ragioni, tutte
autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario, per giungere alla
cassazione della pronuncia, non solo che ciascuna di esse abbia
formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia
esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le censure,
affinché si realizzi lo scopo proprio di tale mezzo di impugnazione, il
quale deve mirare alla cassazione della sentenza, “in toto” o nel suo
singolo capo, per tutte le ragioni che autonomamente l’una o l’altro
sorreggano. Ne consegue che è sufficiente che anche una sola delle
dette ragioni non abbia formato oggetto di censura, ovvero, pur
essendo stata impugnata, sia respinta, perché il ricorso o il motivo di
impugnazione avverso il singolo capo di essa, debba essere respinto
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Ric. 2012 n. 02634 sez. M2 – ud. 06-06-2013

modifica del 1993.

nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le
censure avverso le altre ragioni poste a base della sentenza o del capo
impugnato (Cass. 16602/2005).
P.Q.M.
Il ricorso deve essere rigettato”.

di riflessione offerti dalla lettura del ricorso rendono opportuna la
trattazione del ricorso in pubblica udienza.
P.Q.M.
La Corte rinvia la causa a nuovo ruolo, mandando alla Cancelleria di
trasmettere gli atti alla Seconda sezione per la trattazione in pubblica
udienza.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Sesta
civile — 2, il 6 giugno 2013.

Ritenuto che la particolare articolazione della res controversa e gli spunti

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