Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28819 del 16/12/2020

Cassazione civile sez. lav., 16/12/2020, (ud. 07/10/2020, dep. 16/12/2020), n.28819

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3568-2015 proposto da:

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 9, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati EMANUELA

CAPANNOLO, MAURO RICCI, CLEMENTINA PULLI;

– ricorrente –

contro

C.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VITTORIO

COLONNA, 32, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE LO PINTO,

rappresentato e difeso dall’avvocato SANTO LO PINTO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1681/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 29/10/2014 R.G.N. 2133/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/10/2020 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VISONA’ STEFANO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato MANUELA MASSA, per delega verbale Avvocato

CLEMENTINA PULLI;

udito l’Avvocato CRISTIANA SPAGNOLO per delega verbale SANTO LO

PINTO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Palermo, con sentenza del 29 ottobre 2014, ha riformato la sentenza di primo grado e, per quanto in questa sede rileva, ha dichiarato irripetibili le somme chieste in restituzione dall’INPS a C.P. in riferimento all’assegno di invalidità, percepito per l’anno 2007, per superamento del limite reddituale.

2. La Corte di merito riteneva l’INPS decaduto dal diritto di ripetere le predette somme tenuto conto che inviato dall’assistito il modello RED, del 2007, nell’aprile 2008, l’ente avrebbe dovuto procedere al recupero entro il 31 dicembre 2009, mentre la nota di recupero era stata inviata solo il 13 dicembre 2010.

3 Avverso tale sentenza l’I.N.P.S. propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo; C.P. resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Con l’unico motivo di ricorso l’INPS, deducendo plurime violazioni di legge, assume che, in considerazione dell’indubbia natura assistenziale delle somme percepite indebitamente dall’assistito, trova applicazione il principio generale enunciato dall’art. 2033 c.c., secondo il quale ogni erogazione attribuita in assenza dei requisiti di legge è da considerarsi indebita e soggetta a ripetizione, non rinvenendosi alcuna norma speciale, di settore, che disciplini la ripetibilità dei ratei indebitamente percepiti, come nella diversa ipotesi di insussistenza dei requisiti reddituali alla stregua del D.L. n. 269 del 2003, convertito in L. n. 326 del 2003 disciplina dell’irripetibilità solo per i ratei percepiti prima del decreto-legge (quindi antecedentemente al 2 ottobre 2003).

5. Il ricorso è inammissibile.

6. Invero il mezzo d’impugnazione si limita a prospettare, e illustrare, la tesi della ripetibilità dei ratei indebitamente percepiti dall’assistito senza affatto censurare la ratio decidendi, incentrata sulla tempestività dell’azione di recupero.

7. Secondo il condiviso orientamento di questa Corte, il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, in quanto per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo; in riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4, (v., fra le altre, Cass., Sez. Un., nn. 16598 e 22226 del 2016, nonchè nn. 7074 e 19406 del 2017).

8. Segue, coerente, la condanna al pagamento delle spese, liquidate come in dispositivo.

9. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 2.000,00 per compensi, Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del quindici per cento. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 7 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2020

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