Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28817 del 16/12/2020

Cassazione civile sez. lav., 16/12/2020, (ud. 07/10/2020, dep. 16/12/2020), n.28817

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3829-2016 proposto da:

V.C., R.P., (agenti quali genitori esercenti la

potestà sulla figlia minore R.L.), domiciliati in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato LUCIANO GIORGIO

PETRONIO, MAURO MAZZONI;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati EMANUELA

CAPANNOLO, CLEMENTINA PULLI, MAURO RICCI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 281/2015 del TRIBUNALE di PARMA, depositata il

22/07/2015 R.G.N. 250/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/10/2020 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VISONA’ STEFANO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato LUCIANO GIORGIO PETRONIO;

udito l’Avvocato MANUELA MASSA, per delega verbale Avvocato

CLEMENTINA PULLI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Parma, decidendo in sede di opposizione ad accertamento tecnico preventivo, e all’esito dei chiarimenti resi dal consulente officiato in giudizio, ha accertato, in capo alla minore R.L., l’esistenza del disturbo specifico dell’apprendimento (acronimo DSA) ed ha, tuttavia, escluso la sussistenza dei requisiti per beneficiare dell’indennità di frequenza.

Ha affermato, infatti, che il CTU non aveva rilevato l’associazione della DSA (acronimo con cui si intende una categoria di disturbi che coinvolgono una serie di abilità scolastiche come dislessia, disgrafia, discalculia ecc) con difficoltà di apprendimento o di relazioni tali da configurare il presupposto inderogabile previsto dalla L n 289/1990 per la concessione dell’indennità di frequenza ossia la sussistenza di “difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie dell’età”.

Il Tribunale ha, quindi, concluso che, pur essendo pacifica l’esistenza del disturbo specifico dell’apprendimento, esso non era tuttavia nella misura in cui potesse compromettere il normale sviluppo delle attività cognitive e relazionali e conseguentemente non in misura da legittimare la pretesa all’indennità di frequenza.

2. Avverso la sentenza ricorrono R.L., R.P. e V.C. con un unico articolato motivo, ulteriormente illustrato con memoria. Resiste l’Inps. Con ordinanza del 8/3/2017 la sesta sezione di questa Corte ha rimesso la decisione alla sezione ordinaria non esistendo precedenti sulla questione posta in ordine ai presupposti per il riconoscimento della provvidenza dell’indennità di frequenza, della mera esistenza di un disturbo specifico dell’apprendimento, ovvero della necessità che il predetto disturbo fosse di entità tale da compromettere il normale sviluppo delle attività cognitive e relazionali.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. i ricorrenti censurano la decisione impugnata per violazione della L. n. 289 del 1990, art. 1 e della L. n. 180 del 2004, art. 1.

Sottolineano che il CTU aveva accertato che la minore era affetta da DSA relativo alla lettura, che tale dato era l’unico da considerare, mentre l’inesistenza di difficoltà di relazioni era del tutto irrilevante,così come la mancanza di altri disturbi attinenti alla sfera psichica, a quella intellettiva o allo sviluppo della personalità o di minorazioni fisiche e che l’esistenza di una DSA era di per sè sufficiente ai fini dell’attribuzione dell’indennità. Precisano che la formula legislativa richiedeva che le difficoltà fossero persistenti, non episodiche e durevoli, anche se non permanenti ed inemendabili ed il Tribunale,nell’attribuire rilevanza alla mancanza di difficoltà relazionali, ha errato trattandosi di requisito non richiesto dalla legge che postula soltanto il semplice riscontro dell’esistenza della DSA.

4. Il ricorso è infondato.

5. La L. n. 289 del 1990, art. 1 stabilisce che ai mutilati ed invalidi civili minori di anni 18, cui siano state riconosciute dalle commissioni mediche periferiche per le pensioni di guerra e di invalidità civile difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni della propria età….. è concessa, per il ricorso continuo o anche periodico a trattamenti riabilitativi o terapeutici a seguito della loro minorazione, una indennità mensile di frequenza.

6. La successiva L. n. 170 del 2010 riconosce e descrive quattro disturbi dell’apprendimento che individua nella dislessia, che indica la difficoltà di lettura, la disgrafia e la disortografia che indicano le difficoltà di scrittura e, infine, la discalculia che indica la difficoltà di calcolo. In particolare l’art. 1 Legge citata definisce detti disturbi “quali disturbi specifici di apprendimento, di seguito denominati “DSA”, che si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali, ma che possono costituire una limitazione importante per alcune attività della vita quotidiana.

La legge sottolinea, poi, la necessità di diagnosi rapide e affidabili e percorsi di abilitazione efficaci, descrive le norme e i criteri precisi per identificare precocemente i DSA e dare supporto nella scuola e all’università alle persone con DSA.

7. La norma di cui alla L. n. 289, art. 1 citato richiede, dunque, non solo la presenza del disturbo, ma anche che esso si traduca e determini “difficoltà persistenti” a svolgere i compiti e le funzioni dell’etàe la successiva norma di cui alla L. n. 170 del 2010, art. 1 sottolinea che detti disturbi possono costituire una “limitazione importante per alcune attività della vita quotidiana”.

Nella fattispecie in esame il Tribunale, in conformità alla consulenza svolta, ha affermato l’esistenza del disturbo,ma non nella misura in cui questo possa compromettere il normale sviluppo delle attività cognitive e relazionali della minore tali da configurare difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie dell’età e conseguentemente ha rigettato la domanda volta ad ottenere l’indennità di frequenza.

Ha escluso l’associazione del DSA con altri disturbi attinenti alla sfera psichica, a quella intellettiva o allo sviluppo della personalità, nè tantomeno, a minorazioni fisiche.

Il Tribunale ha, altresì, aggiunto, richiamando la decisione della Corte Costituzionale n. 215/1987, che ai fini del riconoscimento basta che in qualche modo sensibile il minore sia diverso dai coetanei, avendo impedimenti nella sua crescita e formazione e che questo dato sensibile, che renderebbe la minore diversa dai suoi coetanei, non emergeva dalla relazione della CTU ed anzi dalla certificazione depositata dai ricorrenti risultava che “la minore era stata sottoposta a diverse prove analitiche alle quali aveva risposto nella norma”.

8.Le censure dei ricorrenti non sono idonee ad inficiare le conclusioni cui è pervenuto il Tribunale. Da un lato infatti non indicano eventuali “difficoltà persistenti” della minore non adeguatamente valutate dal Tribunale o la presenza di una “limitazione importate” per lo svolgimento di alcune attività della vita quotidiana. Dall’altro lato le censure si risolvono in definitiva in inammissibili censure di merito o di dissenso diagnostico denunciabili in cassazione, avverso la sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio solo in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nella omissione degli accertamenti strumentali dai quali secondo le predette nozioni non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura si traduce in un’inammissibile critica del convincimento del giudice in punto di fatto.

9. In conclusione, dunque, nella fattispecie sono stati correttamente esclusi i requisiti previsti dalla legge per il riconoscimento dell’indennità e dunque il ricorso deve essere rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza. Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti a pagare le spese di lite liquidate in Euro 2.000,00 per compensi professionale,oltre 15% per spese generali ed accessori di legge nonchè Euro 200,00 per esborsi.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 7 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2020

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