Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28816 del 27/12/2011

Cassazione civile sez. un., 27/12/2011, (ud. 06/12/2011, dep. 27/12/2011), n.28816

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente f.f. –

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente di sez. –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.M., elettivamente domiciliata in Roma, Corso Trieste

87, presso lo studio dell’avv. Arturo Antonucci, rappresentata e

difesa per procura in atti dall’avv. SAITTA Antonio;

– ricorrente –

nei confronti di:

Ministro della Giustizia e Procuratore Generale presso la Corte di

Cassazione;

– intimati –

per la cassazione della sentenza n. 84/2011, depositata dalla Sezione

Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura in data

24/5/2011.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

6/12/2011 dal Relatore Cons. Dott. Francesco Tirelli;

Sentito l’avv. Saitta;

Udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona

dell’Avvocato Generale Dr. CICCOLO Pasquale Paolo Maria, il quale ha

concluso per il rigetto del ricorso.

La Corte:

Fatto

OSSERVA

quanto segue:

Con atto depositato in data 23/6/2011 presso la Segreteria della Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, P.M. ha proposto ricorso contro la sentenza in epigrafe indicata, di cui ha chiesto la cassazione con ogni consequenziale statuizione.

Il Ministro della Giustizia non ha svolto attività difensiva e la controversia è stata decisa all’esito della pubblica udienza del 6/12/2011.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Dalla lettura della sentenza impugnata e del ricorso contro di essa proposto emerge in fatto che il 19/9/2008, gli Agenti del Commissariato P.S. di Messina hanno proceduto all’arresto del cittadino straniero M.N.B.A., trattenutosi senza giustificato motivo sul territorio nazionale nonostante l’ordine di espulsione impartito dal Questore di Caltanissetta.

Ricevuta la notizia di reato, la drs P.M., in servizio quale Sostituto Procuratore presso i Tribunale di Messina, ha chiesto al GIP la convalida dell’arresto e la misura cautelare della custodia in carcere dell’imputato.

All’udienza del 22/9/2008, il GIP ha provveduto in conformità, dichiarando, però, anche la propria incompetenza per territorio.

Il 24/9/2008 il fascicolo è stato, pertanto, restituito alla Procura di Messina, ma la drs P. ne ha disposto la trasmissione alla competente Procura di Ragusa soltanto il successivo 5/11/2008, segnalando espressamente che “vi e(ra) misura cautelare” a carico dell’ A..

Neanche la Procura di Ragusa si è tuttavia attivata per la revoca della misura cautelare e l’imputato ha dovuto presentare lui l’istanza di scarcerazione ed attendere fino a fine marzo per essere liberato.

Venuto a conoscenza della vicenda, il Ministro della Giustizia ha promosso azione disciplinare nei confronti della drs P., alla quale il PG ha notificato atto d’incolpazione “dell’illecito disciplinare previsto dal D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 1 e art. 2, comma 1, lett. a) e g), poichè, nella qualità di magistrato in servizio alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Messina, nell’ambito del procedimento penale n. 7075/2008 Mod. 21, dopo aver richiesto ed ottenuto in data 22.9.2008 l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere in danno del cittadino di nazionalità straniera M.N.B.A., in grave violazione del disposto dell’art. 27 c.p.p., per grave ed inescusabile negligenza ritardava la trasmissione degli atti all’A.G. competente per territorio (Procura di Ragusa), che avveniva solo in data 5 novembre 2008 e, per ignoranza inescusabile, ometteva di adottare la doverosa richiesta di revoca della misura, giuridicamente divenuta inefficace già dal 12 ottobre 2008, così determinando grave ritardo nella scarcerazione del predetto A., con indebita protrazione della misura custodiale carceraria, che cessava solo in data 28/3/2009”.

Espletata l’istruttoria e celebrato il dibattimento, la Sezione Disciplinare ha assolto la drs P. dalla incolpazione di cui all’art. 2, lett. a), condannandola per quella di cui alla lettera g), a proposito della quale ha osservato che la privazione contra legem della libertà personale costituiva, per un giudice, una violazione gravissima che non poteva essere giustificata nè dall’eccezionalità dell’evento nè dal gravoso carico di lavoro o dalla brevità dello stato di detenzione riferibile all’incolpata, che unitamente alla sua positiva personalità professionale valevano ad incidere soltanto sulla misura della sanzione da contenere, pertanto, nei limiti della censura.

La drs P. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo con il primo motivo la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 2 lett. g) e q), in quanto avuto riguardo al fatto addebitatole, avrebbe dovuto essere incolpata dell’illecito di cui alla lett. q) e, quindi, assolta perchè si era trattato di un ritardo nè reiterato nè grave.

Con il secondo motivo la ricorrente ha invece dedotto la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia in quanto il giudice a quo aveva basato la condanna sulla “circostanza, oggettivamente non vera, che la condotta dell’incolpata a(vev)a direttamente determinato l’indebita detenzione del malcapitato A. dal 12 ottobre 2008 al 28 marzo 2009 e non fino al 5 novembre 2008”.

Con il terzo motivo, la drs P. ha infine nuovamente dedotto il vizio di motivazione su punto decisivo della controversia, in quanto la Sezione Disciplinare non aveva tenuto conto della memoria in data 27/10/2010, con la quale aveva sottolineato che oltre ad essere stato l’unico in oltre undici anni di apprezzato servizio, l’episodio in questione non aveva rappresentato il frutto di una grave ignoranza o negligenza, ma la semplice conseguenza di una mera distrazione o disorganizzazione dell’ufficio, avvenuta, per di più, in un momento di eccezionale carico di lavoro.

Il primo motivo è infondato perchè quello che ha dato origine alla vicenda e di cui il Ministro ha voluto che venisse chiamata a rispondere la drs P. non è stato certo il mancato rispetto dei termini per il deposito dei provvedimenti, ma l’indebita protrazione della carcerazione dello straniero e, cioè, una grave violazione di legge cui l’incolpata aveva contribuito non soltanto con la tardiva trasmissione del fascicolo alla Procura di Ragusa, ma anche con la mancata richiesta della liberazione dell’imputato, rispetto al quale non esisteva più da tempo un efficace titolo custodiale.

Del tutto coerentemente il PG ha, dunque, mosso alla drs P. la contestazione sopra riferita, essendo al riguardo ininfluente che alla produzione dell’evento abbia in parte concorso anche un tardivo adempimento dell’incolpata, che contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, poteva semmai valere ad ipotizzare la commissione di un ulteriore illecito, ma non ad escludere la configurabilità di quello di cui alla lett. g) del D.Lgs. n. 109 del 2006.

Ugualmente infondati sono anche gli altri due motivi del ricorso, da trattare congiuntamente per via della loro intima connessione.

La Sezione Disciplinare, invero, ha chiaramente dato atto della impossibilità di predicare una responsabilità dell’incolpata per il periodo successivo alla trasmissione del fascicolo ed ha graduato la sanzione tenendo conto di ciò e di tutti gli altri elementi dedotti dalla drs P., di cui ha riconosciuto il rispetto goduto nell’ambiente, l’incensuratezza e la notevole mole del lavoro svolto.

Con il presente ricorso, però, la drs P. ha in definitiva sostenuto che tale riconoscimento avrebbe dovuto indurre la Sezione ad escludere qualunque negligenza od ignoranza inescusabile, ma la doglianza risulta inammissibile in quanto sostanzialmente diretta a provocare un riesame del merito inibito a questa Corte che, com’è noto, non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice a quo, ma soltanto controllarne la congruità che, nel caso di specie, non può essere negata, trattandosi di sentenza motivata in modo logico e sufficiente.

Il ricorso è, quindi, rigettato.

Non occorre, tuttavia, provvedere sulle spese, stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte del Ministro e la qualità di parte in senso solo formale del Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione.

P.Q.M.

La Corte, a Sezioni Unite, rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2011

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