Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28814 del 16/12/2020

Cassazione civile sez. lav., 16/12/2020, (ud. 29/09/2020, dep. 16/12/2020), n.28814

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9121-2017 proposto da:

D.M.M.R., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso

la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato DOMENICO CAROZZA;

– ricorrente –

contro

ATLANTIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, L.G. FARAVELLI 22, presso lo

studio degli avvocati ENZO MORRICO, e GIOSAFAT RIGANO’ che la

rappresentano e difendono;

– AUTOSTRADE PER L’ITALIA S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L.G.

FARAVELLI 22, presso lo studio degli avvocati ENZO MORRICO e

GIOSAFAT RIGANO’ che la rappresentano e difendono;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 7101/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 10/01/2017 R.G.N. 2084//2010; udita la relazione della

causa svolta nella camera di consiglio del 29/09/2020 dal

Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

Con sentenza n. 2729/09 il Tribunale di Nola rigettava la domanda proposta dalla D.M. nei confronti di Autostrade per l’Italia s.p.a. avente ad oggetto l’accertamento della illegittimità del termine apposto ai contratti a tempo determinato succedutisi tra le parti dal 4.5.92 e di sentir dichiarare la sussistenza tra le stesse di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con decorrenza dalla data indicata, con ogni conseguenza in ordine al risarcimento dei danni.

Il primo giudice disattendeva l’eccezione di prescrizione decennale, quindi rilevava che l’esame dei contratti stipulati tra le parti consentiva di ravvisare, per quelli stipulati prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 368 del 2001, tipologie contrattuali a termine legittimamente utilizzabili: a) necessità di sopperire alle esigenze del servizio di esazione pedaggi L. n. 79 del 1983, ex art. 8 bis e del c.c.nl. (art. 2, comma 3) autorizzato dalla L. n. 56 del 1987; b) dalla necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie del personale addetto all’esazione dei pedaggi; riteneva infine che era stata adeguatamente provata la sussistenza delle autorizzazioni dell’Ispettorato del Lavoro L. n. 79 del 1983, ex art. 8 bis.

Avverso tale sentenza proponeva appello la lavoratrice; resistevano le società.

Con sentenza depositata il 10.1.17, la Corte d’appello di Napoli rigettava il gravame.

Per la cassazione di quest’ultima propone ricorso la D.M., affidato a cinque motivi, cui resistono le società con distinti controricorsi.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1-Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362 c.c. e segg. e art. 1421 c.c.; artt. 414,434,99 e 112 c.p.c.; della L. n. 230 del 1961; della L. n. 56 del 1987, art. 23; dell’art. 2 del c.c.n.l. di categoria; del D.Lgs. n. 638 del 2001, del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4.

La ricorrente si limita sostanzialmente a riportare le censure da essa mosse alla sentenza di primo grado ed a riportare le motivazioni assunte dalla Corte partenopea al riguardo senza chiarire per quale ragione di diritto esse sarebbero erronee, salvo insistere sulla necessità che i contratti di lavoro a termine de quibus indicassero il nome del lavoratore sostituito e rispettassero anche le disposizioni di cui alla L. n. 230 del 1962.

Il motivo è dunque in larga parte inammissibile, mentre con riferimento alle due ultime questioni si osserva che i primi contratti a termine sono stati considerati legittimi in base alla normativa di settore (L. n. 79 del 1983, art. 8 bis), di cui al motivo che segue, e che secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte i contratti a termine stipulati in base ai c.c.n.l. cd. autorizzati L. n. 56 del 1987, ex art. 23 (cfr. per tutte Cass. sez. un. 2 marzo 2006 n. 4588) non sono vincolati dalle ipotesi di assunzione di cui alla L. n. 230 del 1962; inoltre che nella situazioni aziendali complesse non è necessario indicare il nome del lavoratore sostituito quanto piuttosto la funzione produttiva scoperta, sicchè l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il loro diritto alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità (cfr., in particolare, Cass. 26 gennaio 2010 n. 1577 e Cass. 26 gennaio 2010 n. 1576, Cass. 25 settembre 2014 n. 20227).

Il D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4 infine, risulta solo citato ma non accompagnato da alcuna specifica censura alla sentenza impugnata.

2-Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione della L. n. 79 del 1983, art. 8 della L. n. 230 del 1962, degli artt. 115, 116, 253 e 416 c.p.c.; degli artt. 2702,2735 e 2697 c.c.

Anche tale motivo, composto essenzialmente dalla ripetizione delle censure mosse dalla D.M. alla sentenza di primo grado e delle risposte fornite dalla Corte d’appello, non chiarisce adeguatamente le doglianze mosse ora dalla ricorrente alla sentenza impugnata e dunque non si sottrae ad un giudizio di inammissibilità.

Di contenuto più specifico solo un accenno alla circostanza che la ricorrente sarebbe stata assunta non per le maggiori esigenze dell’esazione dei pedaggi, smentendo però l’assunto sulla base della considerazione che essa era addetta alla vendita dei contratti telepass e similia, esigenze già ritenute dal giudice di merito connesse, in base alle prove assunte, alle maggiori esigenze di cui sopra. Parimenti infondata risulta la doglianza inerente il superamento delle quote percentuali di assunti a termine di cui ai c.c.n.l stipulati L. n. 56 del 1987, ex art. 23 avendo la stessa ricorrente rilevato che, in base ad essi, non poteva essere superato, per il personale impiegatizio, la percentuale del 5% e che tale circostanza non poteva essere provata dalla società mediante la produzione di propri tabulati, ammettendo tuttavia che tali tabulati erano stati confermati dai testi escussi, limitandosi in questa sede a contestare inammissibilmente, ex novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’apprezzamento della Corte di merito in ordine alla prova orale.

3- Con terzo motivo la lavoratrice denuncia la violazione degli artt. 1362 c.c. e segg., artt. 414,434,99,112,115,116,316 e 253 c.pc., oltre che della L. n. 230 del 1962, della L. n. 56 del 1987, art. 23 e degli artt. 2 dei c.c.n.l. di categoria succedutisi dal 1990 al 1995.

Anche tale motivo non sfugge, per la maggior parte, ad un giudizio di inammissibilità per le ragioni sopra e più volte esposte.

L’unica censura specifica riguarda la causale assuntiva (“necessità del servizio in concomitanza delle assenze per ferie del restante personale”), su cui tuttavia questa Corte si è espressa in senso sfavorevole ai lavoratori numerose volte (ex plurimis, Cass. 6 dicembre 2005 n. 26678; Cass. 10 gennaio 2006 n. 167; Cass. 20 gennaio 2006 n. 1074; Cass. 25 gennaio 2006 n. 1381; Cass. 7 marzo 2008 n. 6204; Cass. 12 luglio 2010 n. 16302; Cass. 24 febbraio 2011 n. 4513), rilevando che l’unico presupposto per l’operatività della particolare autorizzazione conferita allo scopo ai contratti collettivi è la stipulazione del contratto a termine nel periodo giugno-settembre in cui, di norma, i dipendenti fruiscono di ferie.

Ovviamente sono poi inammissibili le censure mosse in ordine ad una diversa ricostruzione delle testimonianze escusse.

4- Con quarto motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 c.c. e segg., artt. 253,414,434,99,112 c.p.c., oltre che del D.Lgs. n. 368 del 2001 e degli artt. 2 dei c.c.n.l. di categoria succedutisi dal 1990 al 1995.

Anche tale censura, criticando peraltro quanto osservato da questa Corte plurime volte in tema di onere di specificità nelle situazioni aziendali complesse (cfr. Cass. 26 gennaio 2010 n. 1577 e Cass. 26 gennaio 2010 n. 1576, Cass. 25 settembre 2014 n. 20227), si limita a riportare le censure contenute nell’atto di appello e la soluzione adottata dalla Corte partenopea senza muovervi specifiche critiche, insistendo infine sul mancato rispetto delle quote assuntive percentuali e in ordine alle assunzioni per la causale connessa al godimento delle ferie del restante personale, di cui si è sopra detto.

5. Con quinto motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 115,116,99 e 112 c.p.c., della L. n. 230 del 1962, del D.Lgs. n. 38 del 2001 e del D.Lgs. n. 626 del 1994.

La censura si limita ancora a riportare alcuni passi dell’atto di appello, concludendo semplicemente con l’osservazione che la Corte di merito non aveva fornito una risposta adeguata alle censure, rimarcando in particolare l’erroneo riferimento alla giurisprudenza di legittimità sulle funzioni produttive occasionalmente scoperte (di cui si è detto al punto 4); sulla necessità di indicare il nome del lavoratore assente nei contratti a termine per ragioni sostitutive, e l’illegittimità delle assunzioni per la causale connessa al godimento delle ferie del restante personale, di cui si è già detto e di cui al consolidato contrario orientamento di legittimità. Nessuna altra specifica censura è mossa alla sentenza impugnata.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 29 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2020

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