Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28802 del 09/11/2018

Cassazione civile sez. I, 09/11/2018, (ud. 28/09/2018, dep. 09/11/2018), n.28802

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 21339/2013 r.g. proposto da:

BANCA POPOLARE DI MAROSTICA società cooperativa per azioni a

responsabilità limitata, (cod. fisc. (OMISSIS)), con sede in

(OMISSIS), in persona del Direttore Generale e legale rappresentante

pro tempore rag. G.G., rappresentata e difesa,

giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dagli Avvocati

Giuseppe Maiolino e Massimo Filippo Marzi, unitamente ai quali

elettivamente domicilia presso lo studio di quest’ultimo in Roma,

alla via Giuseppe Ferrari n. 35.

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) s.p.a., in liquidazione (cod. fisc. (OMISSIS)),

in persona del curatore dott. C.A., rappresentato e

difeso, giusta procura speciale apposta a margine del controricorso,

dall’Avvocato Marco Toso, con il quale elettivamente domicilia in

Roma, alla via Colli della Farnesina n. 144, presso lo studio

dell’Avvocato Giovanni Contestabile.

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BASSANO DEL GRAPPA depositato in

data 03/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/09/2018 dal Consigliere dott. Eduardo Campese.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1. La Banca Popolare di Marostica, società cooperativa per azioni a r.l. (d’ora in avanti indicata, più semplicemente, come Banca), ricorre per cassazione, affidandosi a tre motivi (il terzo dei quali proposto subordinatamente all’accoglimento dei primi due), illustrati anche da memoria ex art. 380-bis.1 cod. proc. civ. e resistiti dalla curatela del fallimento (OMISSIS) s.p.a. in liquidazione, avverso il decreto del Tribunale di Bassano del Grappa del 3 luglio 2013, reiettivo dell’opposizione dalla prima proposta avverso la sua avvenuta ammissione al passivo della suddetta procedura: a) in semplice chirografo (e non in privilegio) e per la minor somma di Euro 1.174.587,06 (rispetto agli invocati Euro 1.389.488,21), in relazione allo scoperto del conto corrente ipotecario n. 1021068; b) in chirografo (come richiesto), ma per la minor somma di Euro 523.342,41 (rispetto agli Euro 563.546,93), di cui Euro 122.157,25, per il mutuo chirografario n. 38296, ed Euro 401.185,16, per l’anticipo estero.

1.1. In sede di giudizio ex art. 98 L. Fall., la Banca ebbe a ribadire la richiesta di ammissione del suddetto credito di Euro 1.174.587.06 in via ipotecaria, ed altrettanto domandò per gli interessi contrattuali dal 3 settembre 2010 al 16 maggio 2011, per Euro 111.215,70 (oltre che per quelli ulteriori ex art. 54 L. Fall.), invocandone, in subordine, quanto meno l’insinuazione in via chirografaria. Chiese, altresì, l’ammissione, in chirografo, degli ulteriori importi di Euro 13.117,84, quali interessi maturati dal 3 settembre 2010 al 16 maggio 2011 sul residuo del mutuo chirografario, e di Euro 13.266,75, quali interessi maturati, nel medesimo periodo, sull’anticipo estero da restituire.

1.2. Per quanto qui ancora di interesse, quel tribunale respinse l’opposizione, affermando la sussistenza delle condizioni (pregiudizio per i creditori e sua consapevolezza da parte della Banca e del debitore) per ritenere legittimo l’esercizio, “in via breve, dell’azione revocatoria da parte del Curatore”. In particolare: i) evidenziò che il giudice delegato aveva escluso il privilegio ipotecario ritenendo la revocabilità, ex art. 66 L. Fall., del mutuo ipotecario “in quanto il nuovo finanziamento è stato erogato (con garanzia ipotecaria) al fine di estinguere precedenti finanziamenti chirografari erogati dalla stessa banca”; diede atto che l’ipoteca concessa dalla terza datrice Tisea Immobiliare s.r.l. era effettivamente servita a “rendere inesigibile per la Banca quel credito chirografario che altrimenti avrebbe potuto essere immediatamente azionato a danno della correntista” (OMISSIS) s.p.a. (già Simp Daytona s.p.a.); iii) osservò che “l’operazione, piuttosto usuale, è servita essenzialmente a munire di adeguata garanzia reale la pregressa esposizione dell’Istituto bancario verso la società”, e precisò che “il fatto stesso che la Banca abbia sentito la necessità di ottenere una garanzia immobiliare a tutela del proprio credito postula che la stessa abbia ritenuto non più affidabile la situazione economica della società e paventato che l’esistente squilibrio finanziario potesse compromettere il soddisfacimento del proprio credito. Di qui l’esigenza di consolidare la propria posizione creditoria con l’acquisizione di una garanzia che, in caso di insolvenza, le avrebbe attribuito, nel concorso con gli altri creditori, una posizione di vantaggio”; iv) affermò, che “la circostanza che la garanzia ipotecaria sia stata concessa da un soggetto terzo (Tisea Immobiliare s.r.l.) non appare rilevante, in quanto il capitale “terzo” era interamente posseduto da (OMISSIS) s.p.a. (allora Simp Daytona s.p.a.) di tal che ogni operazione avente ad oggetto beni di Tisea Immobiliare veniva inevitabilmente a riverberarsi sul patrimonio di (OMISSIS). Ed una tale circostanza non poteva certamente essere ignota alla Banca, non essendo seriamente sostenibile che la stessa non avesse svolto una qualche indagine sulla società datrice di ipoteca”.

2. I formulati motivi prospettano, rispettivamente:

I) “Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per falsa applicazione dell’art. 66 L. Fall. e art. 2901 c.c.”. In estrema sintesi, si assume che, “pur avendo correttamente sussunto la fattispecie nell’ambito dell’art. 66 L. Fall. e art. 2901 c.c., comma 1, n. 2, il Tribunale di Bassano del Grappa ha tuttavia applicato falsamente tali articoli, errando nella loro interpretazione e nel contempo non tenendo conto degli oneri imposti alla Curatela dell’art. 2697 c.c., nel duplice senso: a) di non avere pronunziato, nè, tantomeno, indagato, sulla sussistenza dei debiti della terza datrice e disponente Tisea Immobiliare s.r.l. pregressi rispetto all’atto di disposizione e rimasti insoddisfatti in conseguenza dell’atto realizzato; b) di non aver analogamente pronunziato, nè tantomeno indagato, sulla sussistenza della scientia damni della Tisea Immobiliare s.r.l. nonchè di quella della Banca Popolare di Marostica in relazione (non alla Simp Daytona/(OMISSIS) s.p.a., ma bensì) alla Tisea Immobiliare s.r.l.” (cfr. pag. 16 del ricorso);

II) “Violazione dell’art. 360, n. 5, c.p.c., per omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti”. Muovendosi dal presupposto che la Banca, opponendosi all’accoglimento della revocatoria “in via breve”, aveva eccepito che il privilegio ipotecario era stato concesso, il 26 marzo 2009, da un soggetto terzo (la Tisea Immobiliare s.r.l.), che solo nel successivo luglio 2009 si era fuso con (OMISSIS) s.p.a., così da potere giustificare l’affermazione “in quanto il capitale del terzo era interamente posseduto da (OMISSIS) s.p.a. (allora Simp Daytona s.p.a.)”, si rappresenta che tale fatto non sarebbe stato adeguatamente esaminato, nella sua interezza e realità, dall’impugnato decreto, il quale, nel sancirne l’irrilevanza, aveva erroneamente osservato, con riferimento all’epoca della concessione dell’ipoteca, che “il capitale del terzo era interamente posseduto da (OMISSIS) s.p.a. (allora Simp Daytona s.p.a.), di tal che ogni operazione avente ad oggetto beni di Tisea Immobiliare veniva inevitabilmente a riverberarsi sul patrimonio di (OMISSIS)”. Il descritto esame effettuato dal Tribunale di Bassano del Grappa, quindi, non aveva riguardato il reale fatto “oggetto di discussione tra le parti”, e, cioè, la circostanza della assoluta terzietà di Tisea Immobiliare s.r.l. nel momento in cui concesse ipoteca (marzo 2009), ma un segmento del fatto stesso e comunque un fatto diverso, vale a dire quello successivo alla fusione intervenuta nel luglio 2009 tra Tisea Immobiliare e Simp Daytona s.p.a.. In altri termini, secondo la ricorrente l’intervallo temporale tra la costituzione dell’ipoteca, quando Tisea Immobiliare s.r.l. era un soggetto economico completamente autonomo, e l’insorgere del nuovo soggetto per effetto della sua successiva fusione con Simp Daytona s.p.a. (che assumerà la denominazione di (OMISSIS) s.p.a.), non è stato minimamente considerato dal Tribunale di Bassano del Grappa;

III) “Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 54, comma 3, L. Fall. e con riferimento agli interessi assistiti da prelazione ipotecaria”. Si afferma che, ove accolti i precedenti motivi, il credito capitale di Euro 1.174.587,06 della Banca, già ammesso in chirografo, dovrà essere modificato in credito assistito da prelazione ipotecaria, analogamente ai suoi interessi, ex artt. 54, comma 3, L. Fall. e art. 2855 cod. civ., finora negati.

3. I primi due motivi, scrutinabili congiuntamente perchè palesemente connessi, sono infondati per le ragioni di seguito esposte, anche se va integrata la motivazione del decreto impugnato.

3.1. Il Tribunale di Bassano del Grappa, dopo aver rimarcato che il giudice delegato aveva escluso il privilegio ipotecario invocato dalla Banca quanto al credito derivante dal conto corrente ipotecario n. (OMISSIS), assumendo la revocabilità, ex art. 66 L. Fall., del mutuo ad esso ricollegato “in quanto il nuovo finanziamento è stato erogato (con garanzia ipotecaria) al fine di estinguere precedenti finanziamenti chirografari erogati dalla stessa banca”, ha ritenuto (senza che la corrispondente statuizione sia stata oggi specificamente censurata) che l’apertura di credito in conto corrente con garanzia ipotecaria concessa, in data 19 marzo 2009, – per l’importo di Euro 1.150.000,00 – dalla Banca alla Simp Daytona s.p.a. (poi (OMISSIS) s.p.a.) era stata effettivamente utilizzata dalla società poi fallita per estinguere l’ingente debito da essa accumulato nei confronti della prima (“o più correttamente, come osservato dalla stessa opponente nella memoria difensiva, per rendere inesigibile per la Banca quel credito chirografario che altrimenti avrebbe potuto essere immediatamente azionato a danno della correntista”. Cfr. pag. 3 dell’impugnato decreto), ed ha considerato un’operazione di tal fatta – definita “piuttosto usuale” – essenzialmente finalizzata a munire di adeguata garanzia reale la pregressa esposizione di quest’ultima (evidentemente non più fiduciosa in ordine alla situazione economica della sua debitrice) verso quella società. Ha, altresì, valutato come irrilevante la circostanza che la garanzia ipotecaria fosse stata concessa da un soggetto terzo (Tisea Immobiliare s.r.l.), “in quanto il capitale del “terzo” era interamente posseduto da (OMISSIS) s.p.a. (allora Simp Daytona s.p.a.), di tal che ogni operazione avente ad oggetto beni di Tisea Immobiliare veniva inevitabilmente a riverberarsi sul patrimonio di (OMISSIS). Ed una tale circostanza non poteva certamente essere ignota alla Banca non essendo seriamente sostenibile che la stessa non avesse svolto una qualche indagine sulla società datrice di ipoteca” (cfr. pag. 34 del citato decreto). In altri termini, ad avviso di quel tribunale, la Banca opponente non solo era a conoscenza dello stato di dissesto (chiaramente desumibile dalla grave esposizione debitoria nei suoi confronti) in cui versava la società sua correntista ma aveva anche concordato con essa la nuova concessione di liquidità al fine di assicurarsi la piena possibilità di soddisfare i propri crediti escludendo gli altri creditori dal concorso sul ricavato della vendita del bene (formalmente appartenente ad una società, all’epoca, terza) su cui era stata iscritta l’ipoteca.

3.1.1. Orbene, con riferimento alla causale costituita dal conto corrente ipotecario n. 1021068, il credito per cui la Banca è stata ammessa al passivo del fallimento (OMISSIS) s.p.a. corrisponde, per saldo debitore del medesimo al 3 settembre 2010, a quello esposto nella istanza di insinuazione e riveniente dalla descritta operazione del mutuo, eccezion fatta per il grado ipotecario contestato dalla curatela già in sede di verifica, dove aveva evidentemente inteso avvalersi, in via breve, dell’azione ex art. 66 L. Fall. e art. 2901 cod. civ. intesa ad ottenere la revocatoria ordinaria della sola garanzia reale. Il giudice delegato, prima, e il tribunale, poi, hanno, dunque, considerato sussistenti quest’ultimo alla stregua delle considerazioni in precedenza esposte – i presupposti dell’azione predetta, sostanzialmente ritenendo che le parti avessero inteso munire di prelazione ipotecaria il preesistente debito e hanno considerato inefficace, giusta gli articoli predetti, l’ipoteca creata per munire di garanzia esposizioni pregresse.

3.2. Posto, allora, che, il curatore del fallimento di una società che, in precedenza, abbia proceduto alla incorporazione di altra società, può agire in revocatoria anche nei riguardi di atti solutori posti in essere, nel periodo sospetto, dalla società incorporata (cfr. Cass. n. 9796 del 2000, resa in fattispecie di revocatoria fallimentare, ma il cui dictum è agevolmente utilizzabile anche in ambito di revocatoria ordinaria ex artt. 66 e 2901 cod. civ.), giova richiamare il principio secondo il quale la garanzia ipotecaria non è espressione di autotutela preventiva, in quanto costituita per debito preesistente, in tutti i casi in cui il mutuatario non abbia ad acquisire contestualmente nuova disponibilità finanziaria, essendo, in tal caso, la garanzia associata ad un rischio di credito già in atto (cfr., in particolare Cass. n. 3955 del 2016, seguita, in senso sostanzialmente conforme da Cass. n. 4202 del 2018 e, poi, da Cass. n. 21535 del 2018). Lo stesso, specificamente enunciato in ordine alla revocabilità ex art. 67 L. Fall. della rimessa conseguente alla concessione di un mutuo garantito da ipoteca destinata a ripianare uno scoperto di conto, laddove il mutuo ipotecario ed il successivo impiego della somma siano inquadrabili nel contesto di un’operazione unitaria il cui fine ultimo sia quello di azzerare la preesistente obbligazione, rileva anche ai fini della revocatoria ordinaria della sola ipoteca, che risulti costituita per garantire l’adempimento di debiti pregressi già scaduti (cfr. Cass. n. 21535 del 2018).

3.3. – Non interessa, dunque, lo stato soggettivo della banca concedente, atteso che, nella revocatoria ordinaria, la costituzione di ipoteca successiva al sorgere del credito garantito ha natura di atto a titolo gratuito, con conseguente indifferenza dello stato soggettivo del terzo, senza che abbia rilievo la contestuale pattuizione di una dilazione di pagamento del debito, da ritenersi inerente non alla causa dell’accordo di garanzia ma ad un semplice motivo di esso (cfr. Cass. n. 9987 del 2014, nonchè, con riguardo alla revocatoria fallimentare, ma sulla base di un eguale ragionamento, Cass. n. 2325 del 2006 e Cass. n. 11093 del 2004, ed infine Cass. n. 21535 del 2018 che lo ha applicato in ambito di revocatoria ordinaria).

3.3.1. In sostanza, in fattispecie di concessione di ipoteca a fronte di dilazione di pagamento, il negozio, quand’anche apparentemente oneroso quanto al motivo, è da considerare gratuito quanto alla causa, unico aspetto rilevante ai fini dello stato soggettivo del terzo.

3.4. Merita, infine, di essere precisato che ove revocata, ex art. 66 L. Fall. e art. 2901 cod. civ. l’ipoteca, accessoria ad un mutuo, che integri in concreto una garanzia costituita per un debito chirografario preesistente, la corrispondente pronuncia non comporta necessariamente l’esclusione dall’ammissione al passivo di quanto erogato per il suddetto mutuo, essendo l’ammissione incompatibile con le sole fattispecie della simulazione e della novazione, e non anche con quella del negozio indiretto, poichè, in tal caso, la stessa revoca dell’intera operazione – e, quindi, anche del mutuo – comporterebbe pur sempre la necessità di ammettere al passivo la somma (realmente) erogata in virtù del mutuo revocato, e ciò in quanto all’inefficacia del contratto conseguirebbe la necessità della restituzione delle somme effettivamente erogate al mutuante, sia pure in moneta fallimentare (cfr. Cass. n. 4202 del 2018; Cass. n. 3955 del 2016; Cass. n. 26504 del 2013; Cass. n. 1807 del 2013).

3.5. Le censure in esame, pertanto, ferma l’insussistenza della violazione di legge – alla luce della giurisprudenza tutta sopra citata – si risolvono in una censura motivazionale (non aver analogamente pronunziato, nè tantomeno indagato, sulla sussistenza della scientia damni della Tisea Immobiliare s.r.l. nonchè di quella della Banca Popolare di Marostica in relazione), peraltro infondata perchè, come affatto condivisibilmente sancito dal tribunale, “il capitale del terzo era interamente posseduto da (OMISSIS) s.p.a. (allora Simp Daytona s.p.a.), di tal che ogni operazione avente ad oggetto beni di Tisea Immobiliare veniva inevitabilmente a riverberarsi sul patrimonio di (OMISSIS)”.

4. Il terzo motivo, espressamente subordinato all’accoglimento dei primi due, è evidentemente assorbito.

5. Il ricorso va, dunque, respinto, restando le spese del giudizio di legittimità regolate dal principio di soccombenza, e dandosi atto, altresì, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (applicabile ratione temporis, essendo stato il ricorso proposto il 23/24 settembre 2014), in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione: norma in forza della quale il giudice dell’impugnazione è vincolato, pronunziando il provvedimento che definisce quest’ultima, a dare atto della sussistenza dei presupposti (rigetto integrale o inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) per il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la banca ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della medesima ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, giusta il comma 1-bis dello stesso articolo 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Prima Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 28 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2018

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