Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28802 del 07/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 07/11/2019, (ud. 09/07/2019, dep. 07/11/2019), n.28802

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11626-2018 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA UGO OJETTI

114, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO ANTONIO CAPUTO,

rappresentata e difesa dall’avvocato GREGORIO BARBA;

– ricorrente –

contro

M.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1976/2017 del TRIBUNALE di COSENZA, depositata

il 09/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/07/2019 dal Consigliere Relatore Dott. DOLMETTA

ALDO ANGELO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- M.M. ha convenuto avanti al giudice di pace di Cosenza M.G., chiedendone la condanna al pagamento di una somma di danaro. A fondamento della pretesa ha esposto di avere provveduto a pagare, a mezzo di un assegno circolare, il compenso dell’avvocato Francesco Vetere, per prestazioni inerenti alla difesa in un giudizio di revocatoria fallimentare di compravendita immobiliare che il Fallimento della società venditrice aveva promosso nei confronti di entrambi (oltre che di un ulteriore fratello), nonchè di agire in via di regresso, per la ripetizione pro quota di quanto appunto versato a detto avvocato.

Nel costituirsi in giudizio M.G. ha sostenuto l’infondatezza della pretesa avversaria sulla base del rilievo che “le spese di cui l’attore chiedeva il rimborso erano state sostenute dal comune genitore M.R. e dalla cassa aziendale-societaria intercorrente tra le parti; in subordine ha eccepito l’intervenuta prescrizione del debito”.

Con sentenza del 5 maggio 2009, il giudice di pace di Cosenza ha accolto la domanda attorea.

2.- M.G. ha presentato appello avanti al Tribunale di Cosenza. Ribadendo che per il “disquisito pagamento di spese e competenze all’avv. Vetere per la causale de qua ha sempre provveduto il comune genitore delle parti, oppure la cassa aziendale-societaria intercorrente tra le parti stesse, di cui M.M. era gestore nella qualità di amministratore unico nell’anno di avvenuto pagamento per cui è causa, non già quest’ultimo con fondi propri”; e sottolineando, altresì, che la “resistita domanda attrice è stata prospettata come preteso diritto al rimborso pro quota di somma pagata dall’istante per spese e competenze legali inerenti a un giudizio sostenuto per immobile sito in (OMISSIS) costituente la sede” della M. elevatori s.r.l., “di cui sono soci le stesse parti, come tale afferente a rapporti e situazioni sociali intercorrenti tra i medesimi e, pertanto, soggetta a prescrizione quinquennale ex art. 2949 c.c.”.

Con sentenza depositata il 9 ottobre 2017, il Tribunale di Cosenza ha respinto il proposto appello.

3.- Il giudice ha rilevato, in proposito, che “l’andamento della prova orale non ha consentito di ritenere provato il pagamento delle spettanze legali con provviste provenienti da fondi comuni della cassa aziendale/societaria”.

Ha riscontrato, altresì, che nella specie non poteva entrare in applicazione la norma dell’art. 2949 c.c., posto che la prescrizione breve ivi stabilita fa esclusivo riferimento “agli atti e vicende specificamente attinenti alla struttura organizzativa dei rapporti sociali”.

4.- Avverso questa pronuncia ha presentato ricorso M.G., affidandosi a cinque motivi di cassazione.

M.M. non ha svolto attività difensive nel presente grado del giudizio.

M.G. ha anche presentato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5.- I primi tre motivi di ricorso sono suscettibili di un esame unitario, in quanto tutti relativi alla tematica dell’onere della prova.

Il primo motivo assume, dunque, “violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sotto il profilo dell’inversione dell’onere della prova”. Ad avviso del ricorrente, “il Tribunale ha invertito l’onere della prova sollevando la parte attrice dall’onere di provare il fatto costitutivo della propria pretesa restitutoria e ha addossato alla convenuta la dimostrazione della provenienza della provvista dell’effettuato pagamento dei compensi professionali dovuti al comune difensore delle parti”.

Il secondo motivo assume “violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e dell’art. 117 disp. att. c.p.c. in riferimento all’art. 111 c.p.c., comma 6 e all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. Stima il ricorrente che il giudice non abbia dato “conto dei fatti valutati e del criterio logico seguito per ritenere che il pagamento fosse stato effettuato dall’attore con fondi propri quantunque l’assegno circolare… prodotto da costui non indicasse di per sè la provenienza, nè la riferibilità della provvista nè il conto da cui è stato emesso”.

Il terzo motivo assume “violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. in riferimento all’art. 111 c.p.c., comma 6 e all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”. Con questo motivo, il ricorrente “eccepisce come la mancata indicazione a opera del giudice di appello delle circostanze di fatto delle quali avrebbe dovuto tenere conto e del processo logico seguito per ritenere adempiuto da parte dell’originario attore il proprio onere assertivo e probatorio infici di nullità la sentenza impugnata”.

6.- Il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso non meritano di essere accolti.

Al proposito va rilevato, prima di tutto, che il ricorrente non chiarisce se ritenga che il pagamento effettuato da M.M. all’avvocato Vetere sia stato un pagamento effettuato con cose altrui o se, invece, ritenga che il solvens si sia indebitamente appropriato di cose altrui, per poi utilizzarle per porre in essere tale pagamento.

Ora, nel caso di pagamento con cose altrui, a dolersi di una simile circostanza potrà essere, nell’eventualità, l’accipiens (cfr. anche la norma dell’art. 1192 c.c.): avvenuta la contestazione, il condebitore convenuto in via di regresso potrà poi farla valere nei confronti del solvens che agisce per la ripetizione della quota. Il ricorrente, tuttavia, non ha proprio accennato alla sussistenza di una (ipotetica) contestazione in proposito da parte dell’avvocato Vetere.

Nel caso di pagamento con cose fatte indebitamente proprie, è da osservare che il condebitore convenuto in regresso – per potere paralizzare la pretesa del solvens, che agisce per la ripetizione della quota – deve assumere di essere titolare delle somme di cui al pagamento: così da opporre in compensazione il relativo credito alla restituzione. Il ricorrente, tuttavia, non ha sollevato nessuna eccezione di compensazione; nemmeno ha assunto – prima ancora – di essere (stato) titolare di tali somme, riferendone per contro la titolarità alla società (soggetto di diritto indubbiamente terzo) di cui allega di essere semplicemente uno dei soci.

Ciò posto, è appena il caso di aggiungere che – secondo i comuni principi (art. 2697 c.c.) – il solvens, che agisce in via di regresso nei confronti del condebitore, non ha di per sè che l’onere di provare l’avvenuto pagamento e il titolo del condebito, giacchè questi sono gli elementi costitutivi della propria pretesa.

7.- Il quarto motivo di ricorso assume “violazione e falsa applicazione degli artt. 2949 e 2946 c.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1”.

Ad avviso del ricorrente, il Tribunale di Cosenza ha errato perchè non ha tenuto conto della “richiamata prospettazione attrice che ha univocamente fondato la domanda restitutoria su un titolo (pagamento spese professionali) inerente specificamente alla tutela di un bene in concreto sociale (la sede), come tale essenziale per l’esistenza e lo svolgimento dell’attività societaria e delle relazioni sociali intercorrenti tra le parti socie di tale sodalizio”.

8.- Il motivo non merita di essere accolto.

Il debito, di cui il ricorrente assume l’avvenuta prescrizione ex art. 2949 c.c., è un debito da regresso per avvenuto pagamento di compenso per prestazioni professionali poste in essere dall’avvocato Vetere in un giudizio revocatorio promosso dal Fallimento della società venditrice nei confronti degli acquirenti dell’immobile e da questi ultimi poi destinato a fungere da sede di una società (la M. Elevatori, prima in forma di s.a.s. e poi in forma di s.r.l.) di cui gli stessi sono soci.

Il ricorrente non assume che tra i convenuti del giudizio instaurato dal Fallimento sia stata inserita anche la detta società. Nè che questa sia comparsa tra gli acquirenti dell’immobile; nè che poi ne sia divenuta proprietaria. Neppure specifica sulla base di quale titolo i fratelli M. – quali proprietari dell’immobile – abbiano concesso alla società l’utilizzo dell’immobile.

Come si vede, nella specie manca ogni base per potere anche solo ipotizzare l’applicabilità, nella fattispecie concreta, della disciplina di cui all’art. 2949 c.c.

9.- Il quinto motivo di ricorso risulta assorbito dal mancato accoglimento dei primi quattro motivi di ricorso. In effetti, questo motivo si nutre del rilievo che “l’errore di diritto in cui è incorso il Tribunale di Cosenza si annida nella circostanza di avere ritenuto e statuito la soccombenza senza rilevare che, invece, la domanda attrice era (ed è) infondata”.

10.- In conclusione il ricorso dev’essere respinto.

La mancata costituzione dell’intimato comporta che non si debba provvedere alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte respinge il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile, il 9 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA