Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28801 del 09/11/2018

Cassazione civile sez. I, 09/11/2018, (ud. 20/09/2018, dep. 09/11/2018), n.28801

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26960/2014 proposto da:

Nicolaj S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Germanico n. 172, presso o

studio dell’avvocato Tilli Letizia, rappresentata e difesa

dall’avvocato Teti Laura, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ULSS di Pescara Gestione Liquidatoria, in persona commissario

liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Porpora n. 9, presso lo studio dell’avvocato Artero Stefano,

rappresentata e difesa dall’avvocato Cappuccilli Guido, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 925/2013 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

pubblicata il 26/09/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/09/2018 dal Cons. Dott. IOFRIDA GIULIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza n. 925/2013, pronunciata in un giudizio promosso dalla Nicolaj srl, affidataria dell’esecuzione di lavori di ampliamento e ristrutturazione dello stabilimento ospedaliero di (OMISSIS), nei confronti della Gestione Liquidatoria della disciolta ULSS di Pescara, al fine di ottenere la condanna della convenuta, quale committente dell’appalto, al pagamento di maggiori oneri conseguenti dal ritardo nell’esecuzione degli stessi, ad essa esclusivamente addebitabile, dei compensi per ulteriori lavori in economia, contabilizzati e non pagati, e dei costi sostenuti durante il periodo di sospensione di diciotto mesi, – ha confermato la decisione di primo grado, che aveva respinto tutte le domande attrici.

In particolare, la Corte territoriale ha confermato, quanto alla domanda relativa ai maggiori oneri per il ritardo nell’esecuzione dei lavori, la tardività della iscrizione della relativa riserva, effettuata, per la prima volta, in contabilità nel luglio 1995, a fronte della risalente percezione del fatto generativo del danno (nella specie, la contemporanea prosecuzione dell’attività ospedaliera) da parte dell’impresa appaltatrice, già nell’ottobre 1992 (data di inoltro di una missiva, da parte della stessa società, nella quale la stessa lamentava “notevoli disguidi”); quanto alle restanti domande, ha affermato che le stesse risultavano non provate o generiche.

Avverso la suddetta sentenza la Nicolaj srl propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, nei confronti della ULSS di Pescara Gestione Liquidatoria (che resiste con controricorso). La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente lamenta: 1) con il primo motivo, sia la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, R.D. n. 350 del 1985, artt. 53, 54 e 64 e degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione alla ritenuta tardività della iscrizione delle riserve in contabilità, in quanto, laddove, come nella specie, i maggiori oneri dipendano da fatto “continuativo”, la riserva può essere iscritta, dall’appaltatore con la quantificazione della pretesa, solo allorchè cessi la causa generatrice degli aggravi, il che era avvenuto, nella specie, nell’aprile 1994, in occasione della sottoscrizione del 6^ SAL con riserva (poi reiterata nel luglio 1995, in sede di sottoscrizione del 7^ SAL), sia l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti; 2) con il secondo motivo, sia la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, artt. 115 e 116 c.p.c., sia l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, con riferimento ai maggiori compensi per lavori in economia non pagati, avendo la Corte d’appello trascurato di considerare che la ULSS, successivamente al certificato di collaudo, con “nota 411/G.P. del 18/03/2003”, aveva ammesso l’esistenza di un credito dell’impresa appaltatrice per oltre L. 30.000,00, IVA inclusa; 3) con il terzo motivo, sia la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, artt. 115 e 116 c.p.c., sia l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, con riferimento alla richiesta di interessi per ritardato pagamento di tutti i SAL, dovendo la domanda ritenersi, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito, non generica e non essendo stata motivata la reiezione delle istanze istruttorie, in particolare di CTU contabile; 4) con il quarto motivo, sia la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 30, comma 2, sia l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, con riferimento alla richiesta di indennizzo (spese di guardiania e generali) per il periodo di sospensione determinata dalla necessità di predisporre una perizia di variante, avendo la Corte d’appello erroneamente ritenuto che fosse onere dell’appaltatrice dire “quali fossero le lavorazioni non previste nel progetto originario”, laddove invece, a fronte dell’allegazione dell’illegittimità della sospensione dei lavori, pur in presenza di un atto di sottomissione, era onere della Stazione appaltante dimostrare che la perizia di variante era conseguenza non di originarie carenze del progetto ma di cause sopravvenute ed imprevedibili.

2. La prima censura, quanto al vizio di violazione di legge, è infondata.

Questa Corte ha da tempo chiarito che “nei pubblici appalti, è obbligo dell’impresa inserire una riserva nella contabilità contestualmente all’insorgenza e percezione del fatto dannoso; in particolare, in relazione ai fatti produttivi di danno continuativo, la riserva va iscritta contestualmente o immediatamente dopo l’insorgenza del fatto lesivo, percepibile con la normale diligenza, mentre il “quantum” può essere successivamente indicato. Ne consegue che, ove l’appaltatore non abbia la necessità di attendere la concreta esecuzione dei lavori per avere consapevolezza del preteso maggior onere che tale fatto dannoso comporta, è tardiva la riserva formulata solo nel s.a.l. successivo” (Cass. 10949/2014; Cass. 23670/2006; Cass. 5540/2004). Già in precedenza (Cass. 13399/1999; Cass. 12863/1993) si era distinta l’iscrizione della riserva dalla specifica nel dettaglio dei maggiori oneri correlati: “l’appaltatore che, in relazione a situazioni sopravvenute, intenda far valere pretese relative a compensi aggiuntivi rispetto al prezzo contrattuale ha l’onere di inserire, nella contabilità, formali riserve entro il momento della prima iscrizione successiva all’insorgenza della situazione integrante la fonte delle vantate ragioni, e ciò anche con riferimento a quelle situazioni di non immediata portata onerosa, la potenzialità dannosa delle quali si presenti, peraltro, già dall’inizio obbiettivamente apprezzabile -secondo criteri di media diligenza e di buona fede – e consenta, pertanto, una corretta valutazione della situazione in base ai dati disponibili, onde segnalare, conseguentemente, alla parte committente il presumibile, maggiore esborso da affrontare (salvo poi a precisarne la relativa entità nelle registrazioni successive – o in sede di chiusura del conto finale – se la quantificazione sia, al momento, impossibile)”.

In sostanza, nell’appalto di lavori pubblici, ove l’appaltatore non abbia la necessità di attendere la concreta esecuzione dei lavori per avere consapevolezza del preteso maggior onere che il fatto dannoso comporta, ove iscritta, come nella specie, successivamente ai termine di 15 gg. dall’insorgenza della conoscenza della “potenzialità dannosa” (collocata dalla Corte territoriale nel 1992, in quanto l’appaltatrice in una missiva già lamentava i notevoli disguidi conseguenti alla prosecuzione dell’attività ospedaliera nonostante i lavori in corso), ed addirittura dopo la sottoscrizione di un atto di sottomissione a perizia di variante, senza contestazioni, a riserva risulta tardiva; tanto più ove si consideri che “l’onere di cui al R.D. 25 maggio 1895, n. 350, art. 53 (applicabile “ratione temporis”) ha carattere generale e comprende tutte le richieste e le ragioni giustificatrici idonee ad incidere sul compenso spettante all’imprenditore assolvendo una funzione a tutela della P.A. appaltante, che deve poter esercitare prontamente ogni verifica necessaria a valutare l’esistenza, o meno, di una propria obbligazione” (Cass. 16367/2014).

3. Il secondo motivo è inammissibile, in quanto tendente a sollecitare una nuova valutazione del merito della controversia. La Corte d’appello, con riguardo al credito per lavori svolti in economia, ha accertato, in fatto, che, dal certificato di collaudo, risultava provata l’iscrizione in contabilità senza riserve dell’importo di Lire 38.011.063 ed il relativo pagamento, anche quanto al residuo di Lire 6.713.588 milioni (doc.ti 7 e 8). Inoltre, la ricorrente avrebbe dovuto indicare (oltre alla ritrascrizione dell’all.to 15 dell’atto di citazione) in quale sede, in primo grado ed in appello, era stata avanzata e reiterata la specifica domanda giudiziale. In ogni caso, il documento in questione non risulta rilevante e decisivo, non rappresentando un atto ricognitivo da parte della ULSS, costituendo al più l’espressione di una trattativa stragiudiziale per chiudere la vertenza.

4. Il terzo motivo è inammissibile, in quanto non coglie la ratio decidendi della decisione impugnata, avendo la Corte d’appello (e prima il Tribunale) anzitutto ritenuto generica la domanda relativa agli interessi per il ritardo nel pagamento dei SAL, non essendo stati indicati la sorte capitale e la decorrenza, senza specificazione neppure in grado di appello, oltre poi rilevare che tali elementi non potevano essere ricavati dalla documentazione prodotta.

Ora, questa Corte ha chiarito che “la certificazione allegata ad una domanda giudiziale ha la funzione di consentire al giudice di verificare la fondatezza di determinate e specifiche affermazioni contenute nella domanda stessa, ma non obbliga il giudice – allorchè tale domanda è incompleta o generica – a trarre dalle allegate certificazioni determinate deduzioni o indicazioni, necessarie ai fini della decisione ma non specificate nella domanda” (Cass. 1419/1994; in termini, Cass. 22342/2007).

5. Il quarto motivo è infondato, avendo la Corte territoriale ritenuto legittima la sospensione, in difetto di elementi di segno contrario, avendo, anzi, la Nicolaj firmato ben due atti di sottomissione, rinunciando espressamente a sollevare eccezioni.

6. I vizi motivazionali, formulati in relazione a tutti i motivi, sono inammissibili, alla luce della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per mancata individuazione degli specifici fatti storici decisivi, oggetto di discussione tra le parti, non esaminati dalla Corte d’appello.

7. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al rimborso,delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate, in favore della controricorrente, in complessivi Euro 5.000,00, a titolo di compensi, oltre 200,00 per esborsi, rimborso forfetario spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2018

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