Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28801 del 07/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 07/11/2019, (ud. 09/07/2019, dep. 07/11/2019), n.28801

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11579-2018 proposto da:

TUTTOGELO SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SEBINO 29, presso lo studio

dell’avvocato MASSIMO GENTILE, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, in persona del Curatore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato SERGIO VETRUGNO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1189/2017 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 13/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/07/2019 dal Consigliere Relatore Dott. DOLMETTA

ALDO ANGELO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1.- Su richiesta del Fallimento della s.r.l. (OMISSIS), il Tribunale di Lecce ha emesso, in data 8 giugno 2006, decreto ingiuntivo nei confronti della s.r.l. Tuttogelo per il pagamento di una somma di denaro, quale corrispettivo dovuto per date forniture di merci.

La s.r.l. Tuttogelo ha proposto opposizione, rilevando l’inesistenza del credito azionato dal Fallimento: parte delle fatture, poste a fondamento del monitorio, erano relative a prestazioni mai rese, altre erano state regolarmente pagate, come risultava da una serie di assegni bancari.

Con sentenza pubblicata il 9 novembre 2012, il Tribunale di Lecce ha revocato il decreto ingiuntivo, per condannare la Tuttogelo al pagamento di una somma molto minore di quella portata dal decreto, ritenendo non provata l’esecuzione per una serie di fatture e per altre provato il pagamento.

2.- Il Fallimento ha interposto appello avanti alla Corte di Lecce (solo) in relazione alla seconda delle statuizioni indicate. Che lo ha accolto con sentenza depositata il 13 novembre 2017.

3.- Ha rilevato la Corte territoriale che la Tuttogelo aveva prodotto gli assegni (per cui ancora si discuteva) solo in fotocopia e solo per il lato del fronte; che il fallimento aveva tempestivamente disconosciuto la conformità delle fotocopie agli originali, a norma dell’art. 2719 c.c.; che gli originali degli assegni non erano stato prodotti in giudizio; che gli assegni in oggetto erano privi della clausola di intrasferibilità (all’epoca, non obbligatoria); che ciò rendeva evidente la necessità di produzione anche del lato del retro degli assegni; che, in alternativa, la Tuttogelo avrebbe dovuto “dimostrare (chiedendo l’ordine di esibizione al Fallimento o alla banca ove la società in bonis aveva il conto) che gli assegni da essa emessi erano stati effettivamente versati sul conto della società creditrice”; che ciò, peraltro, non era accaduto.

4.- Avverso questo provvedimento la s.r.l. Tuttogelo ha proposto ricorso, svolgendo quattro motivi di cassazione.

Ha resistito, con controricorso, il Fallimento.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

5.- Il primo motivo di ricorso assume “violazione dell’art. 2719 c.c. in relazione al disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.”.

Ad avviso del ricorrente, il giudice ha errato nel ritenere tempestivo il disconoscimento di conformità della copia all’originale posto in essere dal fallimento in sede di comparsa di costituzione nel primo grado del giudizio. In realtà, la contestazione del Fallimento “non ha specificato alcunchè in ordine agli aspetti per i quali la medesima ritenesse difformi le copie prodotte dalla Tuttogelo rispetto agli originali”.

6.- Il motivo è inammissibile.

Lo stesso difetta, infatti, del pur necessario requisito dell’autosufficienza (art. 366 c.p.c.), non riportando i termini esatti del rilievo sollevato nell’ambito del giudizio di primo grado.

Ancora nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., invero, il ricorrente non trascrive il testo della contestazione che assume di avere mosso a suo tempo, limitandosi ad asserire che, nella “memoria autorizzata del 17 febbraio 2007”, la Tuttogelo veniva a “contestare la genericità con cui la curatela fallimentare aveva disconosciuto la conformità all’originale delle copie degli assegni”.

7.- Col secondo motivo, il ricorrente assume la violazione della norma dell’art. 2697 c.c., in quanto la Corte di Appello ha ritenuto che le copie degli assegni prodotti fossero inutilizzabili come prova del pagamento: “non era la Tuttogelo a dover dare prova dell’avvenuto incasso, da parte della (OMISSIS) delle somme portate dagli assegni”, posto che “la Tuttogelo aveva consegnato gli assegni de quibus alla (OMISSIS)”.

8.- Il motivo non può essere accolto.

Appare evidente, infatti, che la statuizione del giudice di ritenere “inutilizzabili” le copie degli assegni ex art. 2719 c.c. implica, in sè stessa, che inutilizzabili siano anche gli originali dei titoli (chè, altrimenti, lo stesso rilievo di inutilizzabilità rimarrebbe mero flatus vocis). Salvo, naturalmente, che l’interessato abbia poi a produrre questi ultimi: ciò che nella specie, peraltro, non è accaduto, come per l’appunto puntualizzato dalla sentenza impugnata.

Del resto, il ricorrente ricava l’avvenuta consegna degli originali da ciò che la “copia degli assegni” è “corredata dagli originali delle firme “per ricevuta consegna” dei legali rappresentati della (OMISSIS)” (memoria, p. 5; nel ricorso, invece, venivano indicati gli “assegni depositati nel fascicolo di parte del primo grado di giudizio”; cfr., p. 9 s.): nella specie, perciò, si tratta di una inutilizzabilità diretta e immediata.

Per completezza di esposizione, va ancora aggiunto che il ricorrente assume il fatto della consegna degli assegni come circostanza assodata (“la consegna degli assegni è pacifica”; cfr. ricorso, p. 8). Ciò che, tuttavia, non risulta rispondere alle risultanze di causa.

Una simile affermazione non risulta rintracciabile nel corpo motivazionale della sentenza della Corte territoriale, nè deducibile dallo stesso. La circostanza fattuale della consegna risulta, poi, oggettivamente contestata dal Fallimento (cfr. ricorso, p. 8; memoria, p. 8).

9.- Il terzo motivo di ricorso assume vizio di omesso esame di fatto decisivo.

Nella prospettiva del ricorrente, la Corte territoriale ha “trascurato un fatto storico assolutamente centrale nella vicenda che ci occupa”: quello, appunto, “relativo alla consegna degli assegni da parte della Tuttogelo alla (OMISSIS)”. “Tale fondamentale circostanza” non è stata presa nella minima considerazione dal giudice di seconde cure”: da qui, dunque, il vizio di omesso esame di fatto decisivo.

10.- Il motivo è inammissibile.

In proposito, è da osservare che il vizio di cui all’attuale art. 360 c.p.c., n. 5, fa riferimento a un fatto storico assunto come fatto senz’altro esistente e come decisivo per le sorti della causa.

Ora, al di là di ogni rilievo sulla effettività dell’avvenuta consegna affermata dal ricorrente (cfr. sopra nel n. 8), nel caso di specie, la detta circostanza non può comunque ritenersi decisiva.

Difatti, la Corte territoriale – nel constatare che la Tuttogelo non aveva formulato nessun ordine di esibizione per gli originali degli assegni (o circa l’incasso delle relative somme da parte della società poi fallita) – ha pure riscontrato che la circostanza che si trattasse di assegni “emessi come liberamente trasferibili rende oltre modo evidente che la odierna appellata avrebbe dovuto produrre il retro degli assegni, per dare modo al curatore del Fallimento (OMISSIS) di verificare che la firma di girata fosse effettivamente riconducibile al legale rappresentante della società fallita”.

11.- Il quarto motivo di ricorso assume la violazione della norma dell’art. 92 c.p.c., comma 2, rilevando che nella specie ricorre, sostanzialmente, un’ipotesi di soccombenza reciproca.

12.- Il motivo non può essere accolto.

Secondo l’orientamento della giurisprudenza di questa Corte, rientra nel potere del giudice di merito la valutazione dell’eventuale opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di giudizio nell’ipotesi di soccombenza reciproca (cfr. Cass., 17 ottobre 2017, n. 24502), ove mai tale ipotesi ricorresse.

13.- In conclusione, il ricorso dev’essere rigettato.

Le spese seguono la regola della soccombenza e si liquidano in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella somma di Euro 6.100,00 (oltre a Euro 100,00 per esborsi), oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile, il 9 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2019

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