Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28799 del 09/11/2018

Cassazione civile sez. I, 09/11/2018, (ud. 20/09/2018, dep. 09/11/2018), n.28799

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29876/2014 proposto da:

Gruppo G. S.r.l., già G. Costruzioni S.p.a., in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, Piazza dell’Orologio n. 7, presso lo studio

dell’avvocato Spineili Daniele, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Bagianti Antonio, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

T.E., D.G.P., elettivamente domiciliati in

Roma, Via dei Lucilli n. 36, presso lo studio dell’avvocato Pitzolu

Anna Maria, rappresentati e difesi dall’avvocato Bececco Patrizia,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

contro

S.G., C.T., elettivamente domiciliati in

Roma, Viale Tiziano n. 80, presso lo studio dell’avvocato Turetta

Piero Enrico, che li rappresenta e difende, giusta procura in calce

al controricorso;

– controricorrenti –

contro

Compagnia Italiana di Previdenza Assicurazioni e Riassicurazioni

S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Emanuele Gianturco n. 6,

presso lo studio dell’avvocato Sciuto Filippo, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato Scofone Carlino, giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

P.L., elettivamente domiciliato in Roma, Via Crescenzio n.

82, presso lo studio dell’avvocato Principato Caterina, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Porraro Domenica,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

Unipol Assicurazioni S.p.a. – già Fondiaria-Sai S.p.a. quale

incorporante (già Compagnia Assicuratrice Unipol S.p.a. e UGF

Assicurazioni S.p.a.), Compagnia di Assicurazioni di Milano S.p.a. e

Premafin Finanziaria S.p.a., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Fabio Massimo n.

60, presso lo studio dell’avvocato Caroli Enrico, rappresentata e

difesa dall’avvocato Calzoni Lietta, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

contro

Comune di Terni, in persona del Sindaco pro tempore, domiciliato in

Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di

Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Gennari Paolo,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

U. Costruzioni S.p.a.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 600/2014 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 22/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/09/2018 dal Cons. Dott. IOFRIDA GIULIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Perugia, con sentenza n. 600/2014, – pronunciata in un giudizio promosso dalla G. Costruzioni spa, quale capogruppo di un’associazione temporanea di imprese costituita con la U. Costruzioni spa, aggiudicataria di un appalto a corpo, avente ad oggetto opere di ampliamento del cimitero di (OMISSIS) “2 stralcio-1^fase funzionale”, nei confronti del Comune di Terni, committente, con la chiamata in causa dei quattro progettisti dell’opera (Arch. T.E., D.G.P., S.G. e C.T.), nonchè degli Ing.ri P. e M. (incaricati dal gruppo di progettazione di eseguire i calcoli e le verifiche strutturali relativi al progetto), delle compagnie di assicurazione, Unipol Assicurazioni spa (assicuratrice per la responsabilità professionale del P.) e Compagnia Italiana di Previdenza Assicurazioni e Riassicurazioni spa (la quale aveva rilasciato garanzia fideiussoria per la cauzione definitiva a garanzia dell’adempimento degli obblighi assunti dalla A.T.I.), e della U. Costruzioni spa, al fine di sentire accertare l’illegittimità del provvedimento di risoluzione del contratto di appalto, adottato dal Comune di Terni nel 2007, per inadempimento della appaltatrice, e dell’incameramento della cauzione definitiva, di sentire dichiarare risolto, per inadempimento della stazione appaltante o per eccessiva onerosità il contratto di appalto, con condanna del convenuto al risarcimento dei danni – è stata, solo in parte, riformata la decisione di primo grado, che aveva, all’esito di una consulenza tecnica d’ufficio, in accoglimento della domanda riconvenzionaie svolta dal Comune di Terni, dichiarato risolto il contratto di appalto, in forza di determinazione adottata, D.P.R. n. 554 del 1999, ex art. 119 nel 2007 (stante i plurimi inadempimenti dell’impresa appaltatrice: infondate denunce di errori progettuali, con richiesta di perizia di variante non necessaria, omesso adempimento agli ordini di servizio emessi dal Direttore Lavori, in particolare l’ultimo del gennaio 2007, con il quale si era richiesta la ripresa dei lavori, al termine di un periodo di sospensione, senza esito positivo), condannando la G. Costruzioni spa, quale capogruppo della ATI, e la Compagnia Italiana di Previdenza Assicurazioni e Riassicurazioni, in solido tra loro, al risarcimento dei danni in favore del Comune committente, quantificati, all’esito delle compensazioni di cui al D.P.R. n. 554 del 1999, art. 121 (con il credito dell’appaltatrice per i lavori regolarmente eseguiti), in Euro 850.710,22.

La Corte territoriale, dichiarata l’estinzione per mancata riassunzione del giudizio tra la Gruppo G. e gli eredi di M.A. (deceduto nelle more del giudizio) ed estinto per rinuncia all’azione il giudizio tra gli arch. T., D., S. e C. e gli eredi di M.A., ha, in accoglimento parziale del gravame incidentale della Compagnia Italiana di Previdenza Assicurazioni e Riassicurazioni, dichiarato la G. Costurzioni e la U. Costruzioni tenute, in solido, a manlevare indenne l’assicuratore delle somme che la stessa è tenuta a corrispondere al Comune in forza della garanzia prestata, oltre rivalutazione monetaria sulla somma capitale liquidata ed interessi di mora sulla somma rivalutata.

In particolare, la Corte d’appello ha ritenuto che il progetto era da considerarsi “esecutivo e cantierabile” ed adeguato sia per;a gara d’appalto sia per l’esecuzione dei lavori, che non vi era necessità di una variante al progetto originario, come richiesto dall’appaltatrice.

Avverso la suddetta sentenza, la Gruppo G. srl (già G. Costruzioni spa) propone ricorso per cassazione, affidato a nove motivi, nei confronti del Comune di Terni, degli Arch. T.E., D.G.P., S.G. e C.T., dell’Ing. P.L., della UnipolSai Assicurazioni spa, della Compagnia Italiana di Previdenza Assicurazioni e Riassicurazioni spa (che resistono con controricorsi) e della U. Costruzioni spa (che non svolge attività difensiva). La ricorrente ed i controricorrenti Unipol, P., T. e D. hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente lamenta: 1) con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, art. 345 c.p.c., in ordine alla non novità della deduzione svolta dall’appellante nel primo motivo; 2) con il secondo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, D.P.R. n. 554 del 1999, artt. 35 e segg., L. n. 149 del 1994, art. 16, D.Lgs. n. 93 del 2006, art. 63, in relazione alla definizione data del progetto esecutivo, malgrado le carenze presenti; 3) con il terzo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, L. n. 109 del 1994, art. 25, D.Lgs. n. 162 del 2008, art. 161, comma 1, D.P.R. n. 554 del 1999, in relazione alla ritenuta non necessità di una perizia di variante, malgrado l’impresa appaltatrice avesse dovuto realizzare una palificazione delle fondazioni del fabbricato L1 non prevista nel progetto originario; 4) con il quarto motivo, la nullità della sentenza, ex art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 132 c.p.c., n. 4, per motivazione del tutto omessa o meramente apparente, essendosi il giudice d’appello limitato ad una acritica adesione alla decisione di primo grado ed alla CTU espletata; 5) con il quinto motivo, l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti, rappresentati dalla predisposizione di ulteriori 29 tavole progettuali e dalla necessità di palificazione delle fondazioni nonchè l’omessa motivazione sulla richiesta di rinnovo delle indagini peritali; 6) con il sesto motivo, la nullità del procedimento, ex art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo la Corte territoriale omesso di pronunciare sulle domande di risoluzione per inadempimento della committente e per eccessiva onerosità, di accertamento “della legittimità dell’esecuzione della eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c.” e sulla domanda tesa a fare accertare l’insussistenza di qualsiasi danno “per la compensatio lucri cum damno derivante minore importo dell’esborso sostenuto dal Comune per il quarto lotto”; 7) con il settimo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 1123 c.c., avendo la Corte territoriale omesso di valutare che il quarto lotto, rimasto ineseguito, era stato assegnato dal Comune ad altra impresa con un ribasso eccezionale del “48,17%” 8) con l’ottavo motivo, in via subordinata, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, D.Lgs. n. 231 del 2002, art. 4, avendo la Corte d’appello riconosciuto, sui danni liquidati, gli interessi moratori al tasso indicato dalla normativa speciale dettata per le transazioni commerciali; 9) con il nono motivo, in via ulteriormente subordinata, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, art. 1224 c.c. e la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 4, dell’art. 99 c.p.c., avendo la Corte territogriale riconosciuto a favore dei comune anche la rivalutazione monetaria, pur avendo “il Comune”, con la comparsa di costituzione in grado di appello, chiesto soltanto il riconoscimento degli interessi legali.

2. La prima censura è inammissibile, in quanto non coglie la ratio decidendi della decisione impugnata. Invero, la Corte d’appello, pur rilevando che la questione relativa alla specifica violazione del D.P.R. n. 554 del 1999, artt. 35 e segg. e della normativa antisismica, appariva nuova, l’ha esaminata nel merito, ritenendola infondata, cosicchè l’inciso sull’inammissibilità della questione risulta svolto ad abundantiam.

3. Il quarto motivo, implicante error in procedendo ed avente rilievo pregiudiziale, è infondato.

Questa Corte a S.U. (Cass. 6742/2015) ha già chiarito che “nel processo civile ed in quello tributario, la sentenza la cui motivazione si limiti a riprodurre il contenuto di un atto di parte (o di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari), senza niente aggiungervi, non è nulla qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo, atteso che, in base alle disposizioni costituzionali e processuali, tale tecnica di redazione non può ritenersi, di per sè, sintomatica di un difetto d’imparzialità del giudice, al quale non è imposta l’originalità nè dei contenuti nè delle modalità espositive, tanto più che la validità degli atti processuali si pone su un piano diverso rispetto alla valutazione professionale o disciplinare del magistrato”. Nella specie, la motivazione articolata della sentenza della Corte d’appello non si è imitata ad un richiamo acritico alla decisione di primo grado, ma si è concretata nella condivisione, con proprie ed autonome valutazioni, anche ad integrazione, delle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio e del Tribunale.

4. La seconda e la terza censura sono infondate.

Deve essere evidenziato che il progetto esecutivo di un’opera pubblica – inteso come quello immediatamente cantierabile, cioè concernente un’opera che non necessita di ulteriori specificazioni per essere realizzata, in quanto contenente la puntuale e dettagliata descrizione e rappresentazione dell’opera stessa – è, in ragione di tali caratteristiche, determinante per individuare esattamente lo stesso oggetto dell’appalto (in tal senso Cass. n. 18644/2010). L’obbligo del committente dell’esecuzione di opere pubbliche di fornire all’appaltatore il progetto esecutivo nel senso poc’anzi delineato ha quindi una precisa fonte legale in norme (L. n. 109 del 1994, artt. 16,17 e 19) che, rispondendo a finalità pubblicistiche, sono state ritenute, in linea di principio, imperative e non derogabili dai contraenti, se non nei casi e nei modi da esse previsti (Cass. n. 18644/2010). Sul piano civilistico, esse hanno valore integrativo delle pattuizioni contrattuali concernenti l’individuazione degli obblighi primari di prestazione (per quanto qui rileva) propri del committente (ex art. 1374 c.c.).

Questa Corte, nella pronuncia n. 8779 del 2012, ha chiarito che il progetto esecutivo, che deve essere fornito dal committente, “non deve risultare tale da rendere necessari ulteriori livelli progettuali in senso proprio, nè implicare attività volte a colmare le lacune eventualmente presenti nel progetto esecutivo, ma deve intendersi come produzione della documentazione che l’esecutore elabora per tradurre le indicazioni e scelte contenute nel progetto in istruzioni e piani operativi, che è l’attività propria dell’impresa che ha piena competenza nel determinare l’organizzazione dei lavori; in tale attività rientrano gli oneri e i compiti relativi all’organizzazione delle attività costruttive e alle elaborazioni necessarie a ciascun operatore (tecnici, maestranze, fornitori) per assolvere ai propri compiti”. Le eventuali mancanze del progetto esecutivo, possono essere risolte dall’appaltatore, ma deve trattarsi pur sempre “di attività marginali di adattamento, precisazione e integrazione di elementi di dettaglio che si rendono necessari, in corso d’opera, nella concreta realizzazione dell’opera”, previa delibera del direttore dei lavori, non potendosi impegnare l’appaltatore in una redazione progettuale ulteriore rispetto a quella esecutiva che è a carico del committente.

Nella specie, la Corte d’appello ha rilevato che il progetto doveva ritenersi “esecutivo e cantierabile”, in conformità alle prescrizioni di cui alla L. n. 109 del 1994, art. 16, che all’appaltatore, ex art. 12 del contratto era stata affidata solo un’attività ulteriore, necessaria per la realizzazione delle opere, e che, nell’ottobre 2005, la G. aveva sottoscritto “il verbale di cantierabilità dei lavori”, senza sollevare riserve sulla documentazione, inclusi gli elaborati progettali, ricevuti, accettando infine la completa consegna dei lavori, il 31/10/2005. La Corte ha rilevato che, con motivazione congrua, il consulente tecnico aveva ritenuto adeguato il progetto originarlo, cosicchè la consegna successiva di ulteriori 29 tavole, contenenti i disegni strutturali degli elaborati, dovevano considerarsi “mera chiarificazione di elementi già insiti nel progetto originale”, senza necessità dunque di predisposizione di una variante, mentre la realizzazione della palificazione delle fondazioni aveva inciso in maniera dei tutto modesta (“intorno all’1,5% dell’importo dei lavori”), così da non rendere necessaria alcuna variante essenziale.

Quanto dedotto dalla ricorrente non configura violazioni di diritto sostanziale presenti nella decisione impugnata, avendo la Corte distrettuale vagliato complessivamente la condotta della pubblica amministrazione, cosicchè il riferimento alle norme civilistiche ed in materia di OO.PP., risulta palesemente inconferente, giacchè quel che viene in discussione è unicamente il modo in cui la Corte di merito, cui competeva farlo, ha valutato le risultanze documentali acquisite agli atti. Si è trattato, dunque, di una valutazione di merito, come tale di stretta competenza della Corte territoriale, che il riferimento alla documentazione prodotta rende adeguatamente motivata.

5. Il quinto motivo è infondato, avendo la Corte d’appello esaminato i fatti storici allegati, fornendo anche adeguata motivazione sulle correlate questioni giuridiche dedotte.

Quanto alla motivazione sulla decisione di non disporre rinnovo della consulenza tecnica espletata, i controricorrenti hanno replicato che a Corte distrettuale si è pronunciata, in corso di causa, due volte sul rigetto dell’istanza ed, in ogni caso, come affermato da questa Corte (Cass. 20227/2010; Cass. 17693/2013; Cass. 22799/2017) “in tema di consulenza tecnica d’ufficio, il giudice di merito non è tenuto” anche a fronte di una esplicita richiesta di parte, a disporre una nuova consulenza d’ufficio, atteso che il rinnovo dell’indagine tecnica rientra tra i poteri istituzionali del giudice di merito, sicchè non è neppure necessaria una espressa pronunzia sul punto”.

6. Il sesto motivo è infondato.

Come ribadito da questa Corte (Cass. 24155/2017; Cass. 20311/2011) “ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia”.

Ora, l’accoglimento della domanda del Comune, di risoluzione per inadempimento dell’appaltatrice, implicava il rigetto implicito delle contrapposte domande di risoluzione o di accertamento dell’altrui inadempimento, avanzate dall’appaltatrice in danno del Comune committente. Inoltre, quanto alla argomentazione difensiva concernente l’asserito lucro conseguito dall’amministrazione, per effetto della assegnazione ad altra impresa del quarto lotto, il più cospicuo, con eccezionale ribasso, non ricorre il vizio lamentato, avendo la Corte distrettuale esaminato l’eccezione, ritenendola infondata.

7. Il settimo motivo è infondato. La Corte d’appello ha esaminato la doglianza dell’appellante, ma ha ritenuto sussistente il credito del Comune, considerato che, malgrado il ribasso d’asta conseguito nella nuova aggiudicazione dei lavori del quarto lotto, il Comune ha sostenuto la maggiore spesa di “Euro 9.994.687.40 “, rispetto ai costo originario di “7537.109,66”.

8. L’ottavo ed il nono motivo sono infondati.

Invero, da un lato, gli interessi moratori di cui al D.Lgs. n. 231 del 2002, sono stati riconosciuti, in accoglimento di motivo di gravame incidentale, non a favore del Comune danneggiato, ma a favore dell’assicuratrice Compagnia Italiana di Previdenza Assicurazioni e Riassicurazioni spa, nell’ambito dell’azione di rivalsa promossa verso la propria assicurata-debitrice principale, sulla base delle pattuizioni contrattuali; dall’altro lato, la predetta Compagnia Italiana di Previdenza Assicurazioni e Riassicurazioni spa (e non il Comune, come lamentato in ricorso) aveva richiesto, in primo grado e con appello incidentale, il riconoscimento della rivalutazione monetaria sulla somma che essa avesse dovuto pagare in esecuzione della garanzia prestata.

9. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Non v’è luogo a provvedere sulle spese processuali nel rapporto ricorrente – U. Costruzioni, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso; condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate: 1) in favore del Comune controricorrente, in complessivi Euro 10.000,00, a titolo di compensi, oltre 200,00 per esborsi, rimborso forfetario spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge; 2) in favore della Compagnia Italiana di Previdenza Assicurazioni e Riassicurazioni controricorrente, in complessivi Euro 9.000,00, a titolo di compensi, oltre 200,00 per esborsi, rimborso forfetario spese generali nella misura dei 15% ed accessori di legge; 3) in favore della Unipol SAI Assicurazioni, in complessivi Euro 16.500,00 (comprensivi anche della fase inibitoria), a titolo di compensi, oltre 200,00 per esborsi, rimborso forfetario spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge; 4) in favore dei controricorrenti T. e D.G., in complessivi Euro 15.000,00, a titolo di compensi, oltre 200,00 per esborsi, rimborso forfetario spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge;

5) in favore dei controricorrenti S. e C., in complessivi Euro 11.000,00, a titolo di compensi, oltre 200,00 per esborsi, rimborso forfetario spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge;

6) in favore del controricorrente P., in complessivi Euro 13.000,00, a titolo di compensi, oltre 200,00 per esborsi, rimborso forfetario spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2018

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