Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28796 del 09/11/2018

Cassazione civile sez. I, 09/11/2018, (ud. 17/07/2018, dep. 09/11/2018), n.28796

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14743/2013 proposto da:

Gross Imball Packaging Solution S.r.l., in persona del legale

rappresentante pro tempore, domiciliata in Roma, Piazza Cavour,

presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentata e difesa dall’avvocato Follador Isella, giusta procura

a margine de ricorso;

– ricorrente –

contro

Curatela del Fallimento (OMISSIS) S.r.l. – Articoli per imballo in

Liquidazione, in persona del curatore dott. B.A.,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Toscana n.10, presso lo

studio dell’avvocato Rizzo Antonio, rappresentata e difesa

dall’avvocato Mondini Andrea, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 2248/2013 del TRIBUNALE di UDINE, depositato il

08/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/07/2018 dal cons. IOFRIDA GIULIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Udine, con decreto n. 2248/2013, ha respinto l’opposizione della Gross Imball Packaging Solution srl allo stato passivo del Fallimento (OMISSIS) srl, limitatamente al capo dei provvedimento del G.D. che rigettava la domanda di ammissione a passivo, in prededuzione, del credito di Euro 21.769,67, derivante da canoni di affitto di ramo di azienda pagati anticipatamente, in seguito al recesso esercitato dalla curatela fallimentare, in data 16/9/2010.

In particolare, il Tribunale ha rilevato che, dopo lo scioglimento del contratto, l’opponente era stata lasciata, con il consenso del Curatore, nel possesso del ramo di azienda, per potere evadere gli ordini già acquisiti, senza soluzione di continuità fino alla stipulazione, nei dicembre 2010, di nuovo contratto di affitto con la curatela dei fallimento, previa rinuncia della conduttrice all’equo indennizzo L. Fall., ex art. 79 derivante dal recesso (nella quale dovevano ritenersi ricompresi anche i crediti per canoni già corrisposti anticipatamente, maturati dopo lo scioglimento del contratto), nell’ambito di un accordo con la curatela (la quale rinunciava, a sua volta, ad intraprendere azione revocatoria in relazione al primo contratto di affitto stipulato dalla società poi fallita), avente valenza di transazione novativa, essendosi le parti ritenute soddisfatte per effetto della stipulazione, senza soluzione di continuità, di un nuovo contratto di affitto, con condizioni più favorevoli e previsione di una clausola di prelazione. Avverso il suddetto decreto, la Gross Imball Packaging Solution sr propone ricorso per cassazione, affidato a nove motivi, nei confronti del Fallimento (OMISSIS) srl (che resiste con controricorso).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente lamenta: 1) con il primo, il secondo ed il terzo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 1362 c.c., nell’interpretazione del nuovo contratto di affitto di azienda, in particolare dell’art. 18, e della volontà delle parti, atteso che la predetta clausola comportava, per il suo significato letterale, del tutto chiaro, esclusivamente la rinuncia della curatela all’azione revocatoria e la rinuncia dell’affittuaria all’equo indennizzo L. Fall., ex art. 79; 2) con il quarto motivo, la violazione dell’art. 1363 c.c., sempre ex art. 360 c.p.c., n. 3 ed in relazione all’interpretazione del nuovo contratto di affitto di azienda e dell’art. 18; 3) con il quinto motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 1362 c.c., nell’interpretazione del nuovo contratto di affitto di azienda, in particolare dell’art. 18, con riguardo alla ritenuta valenza di transazione novativa; 4) con il sesto motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 4, dell’art. 112 c.p.c., essendo il Tribunale incorso in ultrapetizione nel qualificare il predetto art.18 del nuovo contratto di affitto di azienda come transazione novativa; 5) con il settimo motivo, sia la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, della L. Fall., art. 111 e dell’art. 1362 c.c., sia l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di fatto decisivo, rappresentato dal concetto di equo indennizzo di cui alla L. Fall., art. 79, se esso debba intendersi come comprensivo di ogni diritto derivante da recesso e quindi se la sua rinuncia includa anche la ripetizione de canoni pagati anticipatamente alla società in bonis e divenuti privi c causa per effetto del recesso; 5) con l’ottavo motivo, l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5 che, di fatto decisivo, in punto di irrilevanza dell’utilizzo di fatto dell’azienda dopo il recesso del curatore ai fini dei riconoscimento del diritto alla ripetizione dei canoni suddetti, utilizzo che aveva fondato il provvedimento del G.D. di esclusione del credito dal passivo del fallimento e che non sarebbe stato preso in esame dal Tribunale in sede di opposizione; 9) con il nono motivo, la violazione, in ordine alla liquidazione delle spese del procedimento di opposizione allo stato passivo, delle tariffe stabilite dal D.M. n. 140 del 2012 in relazione al disposto della L. n. 27 del 2012, art. 9, comma 2.

2. Le prime cinque censure ed il settimo motivo (anche quanto al vizio motivazionale), implicati tutte censure all’interpretazione operata, nella decisione impugnata, delle clausole contrattali, sono inammissibili.

Quanto dedotto dalla ricorrente non configura violazioni di diritto sostanziale presenti nella decisione impugnata, avendo il Tribunale vagliato complessivamente il contenuto delle clausole contrattuali, anzitutto in base al loro significato letterale e, solo in via sussidiaria, tenendo conto del comportamento dei contraenti, cosicchè riferimento alle norme civilistiche, in tema di interpretazione dei contratti, risulta palesemente inconferente, giacchè quel che viene in discussione è unicamente il modo in cui la Corte di merito, cui competeva farlo, ha valutato le risultanze documentali acquisite agli atti. Si è trattato, dunque, di una valutazione di merito, come tale di stretta competenza della Corte territoriale, che il riferimento alla documentazione prodotta rende adeguatamente motivata.

3. Il sesto motivo è infondato.

Costituisce orientamento consolidato di questa Corte quello secondo quale “quando, con il ricorso per cassazione, venga dedotto un “erro:ò in procedendo”, il sindacato del giudice di legittimità investe direttamente l’invalidità denunciata, mediante l’accesso diretto agii atti sui quali il ricorso è fondato, indipendentemente dalla sufficienza e logicità della eventuale motivazione esibita al riguardo, posto che, in tali casi, la Corte di cassazione è giudice anche del fatto” (Cass. 16164/2015; Cass. 8069/2016).

Tanto premesso, nella specie, il Tribunale non è incorso in vizio di ultrapetizione, atteso che la valenza di transazione novativa dei contratto in oggetto, legittimamente acquisito al processo, rientrava nelle questioni rilevabili d’ufficio.

Questa Corte a S.U. (Cass.n. 1099/1998) ha già chiarito, nella distinzione tra il potere di allegazione, che compete esclusivamente alla parte, soggiacendo alle relative preclusioni e decadenze contemplate dal codice di rito, e quello di rilevazione, che compete, alla parte (e soggiace perciò alle preclusioni previste per le attività di parte) “solo nei casi in cui la manifestazione della volontà della parte sia strutturalmente prevista quale elemento integrativo della fattispecie difensiva (come nel caso di eccezioni corrispondenti alla titolarità di un’azione costitutiva), ovvero quando singole disposizioni espressamente prevedano come indispensabile l’iniziativa di parte”,, che, in ogni altro caso, si deve ritenere “la rilevabilità d’ufficio dei fatti modificativi, impeditivi o estintivi risultanti dal materiale probatorio legittimamente acquisito, senza che, peraltro, ciò comporti un superamento del divieto di scienza privata del giudice o delle preclusioni e decadenze previste, atteso che il generale potere dovere di rilievo d’ufficio delle eccezioni facente capo al giudice si traduce solo nell’attribuzione di rilevanza, ai fini della decisione di merito, a determinati fatti, sempre che la richiesta della parte in tal senso non sia strutturalmente necessaria o espressamente prevista” essendo però in entrambi i casi necessario che i predetti fatti modificativi, impeditivi o estintivi risultino legittimamente acquisiti processo e provati alla stregua della specifica disciplina processuale in concreto applicabile”.

In applicazione di tali principi, deve essere quindi ritenuto che l’attività di interpretazione come transazione novativa tra le parti del nuovo contratto di affitto di ramo di azienda, prodotto in atti, fosse sottratto al regime processuale delle eccezioni in senso stretto, con conseguente sua rilevabilità d’ufficio da parte del giudice; oltretutto, come si evince dal decreto impugnato, la Curatela del Fallimento aveva dedotto di non dovere nulla, a titolo di ripetizione di canoni pagati anticipatamente, proprio alla luce del nuovo contratto inter partes, implicante reciproche concessioni e rinunce.

4. L’ottavo motivo è inammissibile, in quanto non risulta che i, Tribunale abbia omesso o trascurato l’esame di tale fatto, avendolo ritenuto irrilevante o assorbito alla luce di una diversa e complessivo interpretazione delle risultanze fattuali di causa.

5. Il nono motivo è parimenti inammissibile.

In sostanza, la ricorrente lamenta che non siano stati applicati i valori medi dettati dal D.M. n. 140 del 2012.

Ma, come chiarito da questa corte “nel caso di liquidazione delle spese processuali sulla base delle tariffe approvate con il D.M. n. 140 del 2012, in difetto di specifica indicazione, non può presumersi che la somma liquidata sia stata parametrata dal giudice ai valori medi, rilevando unicamente che la liquidazione sia contenuta entro i limiti. massimo e minimo, delle tariffe medesime, peraltro nemmeno vincolanti, come si desume dall’art. 1, comma 7 menzionato decreto” (Cass. 18167/2015).

6. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità in favore dei controricorrente, liquidate in complessivi Euro 3.000,00, a titolo di compensi, oltre 200,00 per esborsi, nonchè rimborso forfetario spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 17 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2018

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