Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28792 del 23/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 23/12/2011, (ud. 15/11/2011, dep. 23/12/2011), n.28792

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 22511/2010 proposto da:

L.V. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA FRANCESCO SIACCI 38, presso lo studio dell’avvocato

MARZIOLI PAOLO, rappresentato e difeso dall’avvocato FATONE Saverio

giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 8, presso lo studio dell’avvocato CATERINA

ALAGGIO, rappresentato e difeso dagli avvocati FERRARA Filippo,

DONOFRIO GENEROSO giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 174/2010 della CORTE D’APPELLO di BARI del

15/01/10, depositatali 17/02/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/11/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

è presente il P.G. in persona del Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Bari, in riforma della sentenza del Tribunale di Bari del 5 febbraio 2004, appellata in via principale da L.V., convenuto in primo grado, e in via incidentale da S.L., attore in primo grado, ha accolto l’appello incidentale ed ha condannato il L. al pagamento in favore del S. della somma di Euro 30.987,41, oltre accessori, a titolo di corrispettivo dell’azienda ceduta dal secondo al primo; ha condannato il L. al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudico;

con i due motivi di ricorso L.V. deduce il vivaio di motivazione e la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3: in sostanza con entrambi lamenta che la motivazione sia insufficiente e che vi sia un ‘incompleta ed errata valutazione delle prove – quanto al primo, per non avere colto l’asserita contraddizione tra le deposizioni dei testimoni G., A. e S., che la Corte di merito ha ritenuto attendibili, e quanto al secondo, per avere invece tale ultima Corte ritenuto irrilevante la deposizione del teste P.;

i motivi di ricorso sono inammissibili;

va applicato il principio per il quale in tema di prova spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultante del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonchè la facoltà di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad espliciare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni (così, da ultimo, Cass. 15 luglio 2009 n. 16499, Cass. 21 luglio 2010 n. 17097);

nel caso di specie, con entrambi i motivi il ricorrente richiede a questa Corte un nuovo esame delle deposizioni testimoniali: ciò che, essendo la motivazione congrua e logica ed immune dai vizi denunciati (cfr., nel senso che il vizio di omessa o insufficiente motivazione sussiste solo quando nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza sia riscontrabile una obiettiva deficienza del criterio logico che lo ha condotto alla formazione del proprio convincimento, mentre il vizio di contraddittoria motivazione presuppone che le ragioni poste a fondamento della decisione risultino sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l’individuazione della ratio decidendi, e doè l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione adottata, da ultimo, Cass. 6 marzo 2008, n. 6064; ed, ancora, nel senso che non può essere considerato vizio logico della motivazione la maggiore o minore rispondenza alle aspettative della parte della ricostruzione del fatto nei suoi vari aspetti, o un miglior coordinamento dei dati o un loro collegamento più opportuno e più appagante in quanto tutto ciò rimane all’interno delle possibilità di apprezzamento dei fatti e, non contrastando con la logica e con le leggi della razionalità, appartiene al convincimento del giudice senza renderlo viziato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, cfr. Cass. 1 marzo 2001 n. 2948, nonchè Cass. 24 luglio 2001 10052), è densamente precluso a questa Corte di legittimità (cfr.

Cass. 30 marzo 2007, n. 7972, nel senso che nel giudico di cassazione, la deduzione del vizio di cui all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, non consente alla parte di censurare la complessiva valutazione delle risultante processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una sua diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito: le censure poste a fondamento del ricorso non possono pertanto risolversi nella sollecitazione di una lettura delle risultante processuali diversa da quella operata dal giudice di merito, o investire la ricostruzione della fattispecie concreta, o riflettere un appressamento dei fatti e delle prove difforme da quello dato dal giudice di merito)”.

La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti.

Non sono state presentate conclusioni scritte.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.

Conclusivamente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

La condanna alle spese del giudizio di cassazione segue la soccombenza come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che si liquidano nella somma di Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 15 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2011

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